Uno dei luoghi comuni più duri a morire circa l'esperanto è la mancanza di cultura e di letteratura. Convinzione di molti priva di fondamento, poiché nella sua storia il movimento esperantista ha visto crescere autori di prosa e poesia che hanno dato sempre maggiore lustro alla lingua.

Le prime opere in esperanto sono dello stesso Zamenhof, che presentando la propria lingua al mondo, aveva pubblicato anche traduzioni e testi originali in esperanto. Gli autori di riferimento nel mondo esperantista sono tanti: francesi (Waringhien), ungheresi (Kalocsay, Baghy), scozzesi (Auld) per citarne alcuni. Tanti scrittori provenienti da diverse parti del mondo e da diverse culture hanno creato una letteratura che si caratterizza per varietà di temi, di storie, di stili. L'esperanto è multiculturale.

Notizia recente è per esempio l'edizione italiana di “Robinson in Siberia”. Il titolo può dire poco. Basta aggiungere, però, che è stato scritto dall'esperantista Tivadar Soros, padre del famoso milionario, e narra della sua rocambolesca fuga dalla Siberia e la storia si tinge di avventura. Un libro del 1923, edito con il titolo Modernaj Robinzonoj (Robinson Moderni) ma tuttora attuale. La letteratura esperantista, quindi, non è una realtà impermeabile, influenza ed è influenzata. Anche Jules Verne ha scritto un romanzo (Vojage d'étude), rimasto incompiuto, in cui uno dei personaggi è un esperantista. Ma questa è già un'altra storia.