La comparsa dell’alfabeto cirillico sulle nuove banconote dell’euro è stato accolto come un segnale di fiducia del sistema economico europeo nei confronti dei paesi balcanici. Ma proprio il cirillico è all’origine di tre spinose controversie, in Serbia e Croazia

Oltre a EURO e EYPΩ, la nuova serie delle euro-banconote che la Banca centrale europea metterà in circolazione a partire da maggio porterà anche la dicitura EBPO, in cirillico. Molti media occidentali non hanno dato risalto a questa novità, mettendo invece l'accento sulle nuove misure anti-contraffazione come i numeri iridescenti e l’effigie della dea greca Europa. Nei Balcani invece la notizia è stata accolta da più parti come un segnale di fiducia nei confronti dei paesi dell’area. Infatti, sebbene il cirillico sia diventato il terzo alfabeto ufficiale dell’Unione già nel 2007 con l’ingresso della Bulgaria, nessun paese che usa il cirillico ha (ancora) adottato l’euro come valuta ufficiale (tranne il Montenegro che lo ha fatto unilateralmente, passando dal marco tedesco, già adottato negli anni novanta, all'euro). Non lo ha fatto la stessa Bulgaria, e naturalmente neppure altri Paesi balcanici che ancora non sono entrati nell'Unione e che hanno il cirillico come alfabeto ufficiale assieme a quello latino.

Ma proprio mentre si guadagnava un posto nella moltitudine di lingue e alfabeti dell’Europa unita, il cirillico è divenuto oggetto del contendere in tre dispute che nelle ultime settimane sono avvenute in Serbia e Croazia.

La prima è la decisione dell’azienda dei trasporti pubblici di Novi Sad (Serbia) di introdurre il cirillico nei display che segnalano la destinazione degli autobus cittadini, escludendo del tutto l’alfabeto latino. La seconda è l’annuncio delle autorità croate che “la lingua e l’alfabeto serbo” diventeranno ufficiali in venti aree della Croazia in cui la popolazione serba costituisce almeno il 30% di quella totale, tra le quali Vukovar. La terza, infine, riguarda un antico testo sacro scritto in cirillico e di recente proclamato parte del “patrimonio cirillico croato”.

Gli autobus di Novi Sad

Da molti anni i display elettronici montati sui mezzi pubblici di Novi Sad indicano le destinazioni in alfabeto latino. Presto, però, le cose potrebbero cambiare. Qualche giorno fa il vicesindaco Borko Ilić ha infatti annunciato la sostituzione dell’alfabeto latino con quello cirillico. Il motivo della decisione è in apparenza nobile: riportare il cirillico nelle strade di Novi Sad, a giudizio di Ilić, “rappresenta un passo importante verso la conservazione della cultura, della tradizione e dello spirito di questa città”.

La novità non dovrebbe rappresentare un problema per la maggioranza degli abitanti della città, dal momento che in tutta la Serbia l’alfabeto cirillico, assieme a quello latino, è ufficiale e quindi insegnato nelle scuole. Tuttavia, l’introduzione del nuovo alfabeto sui display degli autobus potrebbe rendere la vita complicata ai numerosi turisti che ogni anno visitano la bella città della Vojvodina. Il vicesindaco è consapevole del rischio, ma lo minimizza. Sarà motivo di curiosità per i turisti, dice Ilić, i quali comunque potranno orientarsi con facilità dal momento che i mezzi sono tutti numerati.

Il cirillico a Vukovar?


Le critiche più severe nei confronti della decisione si sono levate dalle fila dei partiti di destra, primo fra tutti il Partito dei diritti  Ante Starčević (HSP AS), e da alcune associazioni di veterani di Vukovar. Questi ultimi hanno fatto richiesta di un nuovo censimento della popolazione della città, contestando i dati ufficiali secondo i quali la minoranza serba corrisponde al 34,8% del totale.Ben più spinosa della questione degli autobus di Novi Sad è la seconda controversia, che riguarda l’introduzione del cirillico in venti municipalità della Croazia, laddove i serbi costituiscono almeno il 30% della popolazione totale. L’introduzione del cirillico come alfabeto ufficiale in dette aree è prevista da una legge costituzionale sui diritti delle minoranze adottata nel 2002, che le autorità croate hanno recentemente deciso di implementare. L’aspetto più controverso di questa decisione è che tra le municipalità interessate c’è anche Vukovar. La città, che nel 1991 venne assediata e quasi completamente distrutta dall’esercito jugoslavo e dalle milizie paramilitari serbe, è da tempo assurta a simbolo della resistenza croata. Per questa ragione l’introduzione del cirillico nei nomi delle vie e nelle insegne delle istituzioni locali (come la posta e la polizia) rappresenta per molti uno smacco e un’offesa all’orgoglio patriottico.

A seguito delle insistenti richieste di sospendere l’esecuzione del provvedimento almeno a Vukovar, il premier croato Zoran Milanović è dovuto intervenire pubblicamente per ribadire la perentorietà della decisione. Milanović è stato risoluto nell’affermare che “lo Stato croato deve trattare equamente tutti i suoi cittadini”, e che c’è in gioco non solo lo stato di diritto, ma l’idea di uno stato giusto e saldo nell’esercizio delle proprie funzioni.

Il Vangelo di Miroslav e il cirillico croato

Se da un lato lo spauracchio del cirillico agita gli animi dei patrioti croati, dall’altro proprio l’antico alfabeto cirillico è stato di recente proclamato componente fondamentale della cultura croata. E’ stato questo l’esito più significativo del convegno scientifico “Patrimonio cirillico croato”, organizzato due mesi fa a Zagabria dall’Accademia croata delle scienze e delle arti. Come ricorda Zvonko Kusiće, presidente dell’Accademia, il cirillico croato era in uso dall’undicesimo al diciottesimo secolo a Dubrovnik, nella Repubblica di Poljica e in Slavonia, ed era anche utilizzato dai francescani di Bosnia e dagli scrittori protestanti croati.

Il vero oggetto del contendere è però un manoscritto in particolare, il Miroslavljevo Jevanđelje(Vangelo di Miroslav), che nel corso del convegno è stato dichiarato esemplare di spicco del “patrimonio cirillico croato” su iniziativa di Kristijan Kuhan, ricercatore presso l’Istituto di studi di slavistica di Zagabria. Il Vangelo di Miroslav è una delle opere in cirillico più rappresentative del patrimonio culturale dei popoli slavi del sud. Il manoscritto, oggi conservato a Belgrado, risale al XII secolo, e fu redatto su ordine del knez Miroslav per la chiesa di San Pietro a Bijelo Polje.

Com’era facile prevedere, dure critiche alla decisione sono giunte dall’opinione pubblica serba. Alcuni media del paese non hanno esitato a definire l’operazione un tentativo maldestro da parte dei croati di appropriarsi del cirillico, o addirittura un vero e proprio “furto”. Nella croatissima Široki Brijeg (Bosnia Erzegovina), invece, il direttore dell’ufficio turistico locale ha eretto un “monumento al cirillico” per rivendicarne la croaticità.

L’improvvisa “riscoperta” del cirillico da parte dell’élite culturale croata proprio all’indomani della sua introduzione in molte località del paese (tra cui Vukovar) non sembra un atto del tutto innocente, soprattutto alla luce dei suoi risvolti politici: più facile accettare il cirillico se lo si ritiene patrimonio culturale anche croato piuttosto che un patrimonio culturale esclusivamente serbo. Se non altro, però, questa disputa ha il merito di aver messo in luce la ricchezza del patrimonio culturale dell'intera regione post-jugoslava, al di là dei tentativi più o meno pretestuosi di aggiudicarsene la paternità.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso: "Il cirillico conteso" di Federico Sicurella