Questo romanzo di Anna Lȍwenstein, uscito nel 2008, è il secondo romanzo storico dell’autrice, dopo La ŝtona urbo (La città di pietra), nel quale vengono narrate le peripezie di una giovane britanna, catturata e ridotta in schiavitù  dagli invasori romani e poi trapiantata a Roma nell’epoca imperiale. E appunto la Roma imperiale è lo scenario del secondo romanzo, Morto de artisto (Morte di un artista). L’artista a cui fa riferimento il titolo non è altri che l’imperatore Nerone, le cui vicende, narrate da Tacito, hanno trovato spazio nella letteratura mondiale attraverso il Quo vadis (tradotto anche in esperanto da Lidja Zamenhof nel 1933). L’originalità di questo romanzo sta nell’angolatura da cui sono osservate vicende già consegnate alla storia. Il vero protagonista, in effetti, non è il personaggio storico, ma un attore, Procolpio (il nome imperiale è lo scenario del secondo romanzo, Morto de artisto. L’artista a cui fa riferimento il titolo non è altri che l’imperatore Nerone, le cui vicende, narrate da Tacito, hanno trovato spazio nella letteratura mondiale attraverso il Quo vadis (tradotto anche in esperanto da Lidja Zamenhof nel 1933). L’originalità di questo romanzo sta nell’angolatura da cui sono osservate vicende già consegnate alla storia. Il vero protagonista, in effetti, non è il personaggio storico, ma un attore, Procolpio (il nome richiama uno dei protagonisti del Satyricon, opera letteraria di quell’epoca), nato schiavo di un piccolo impresario teatrale e da lui avviato al mestiere di attore. E come attore (di secondo piano) si trova a recitare in una commediola per una festicciola in casa di una famiglia ricca: fra gli spettatori ci sono altri giovani, ma uno solo dimostra interesse per i testi degli spettacoli teatrali allora in voga e, si stupisce della competenza di Procolpio in materia. Poi  il gruppetto  fa una visita comune a un lupanare di infimo ordine, e gli altri amici dicono  a Procolpio che quello più interessato a conversare di letteratura è il  successore designato dell’imperatore Claudio.  Il giorno dopo Nerone riscatta Procolpio dal suo padrone, facendolo diventare un liberto. Così comincia un’amicizia che sarà rinsaldata dagli incarichi che Nerone darà a Procolpio o perché gli organizzi spettacoli per diverse festività, e perché gli insegni i segreti per poter diventare l’attore di spicco in questi spettacoli: di volta in volta, declamatore di versi (ma la sua voce deve arrivare fino ai posti più lontani), suonatore di cetra o di lira, poeta, ballerino. Alla morte di Claudio, Nerone diventa imperatore, ma i suoi interessi  sono sempre rivolti alle arti sceniche, in cui pretende di eccellere, e di ottenere riconoscimenti per questa sua ce eccellenza, al punto di rimanere in Grecia per mesi per riscuotere applausi e omaggi in tutte le solennità che vengono celebrate.  Si circonda di amici, ma quando qualcuno di questi rischia di dargli ombra, non si fa nessuno scrupolo di condannarlo a morte, lasciandogli l’opportunità di suicidarsi. Procolpio riesce sempre a sottrarsi a questo destino, anzi viene premiato con ricche donazioni, per cui diventa un ricco gentiluomo di campagna. I delitti più efferati, come il matricidio e l’incendio di Roma, vengono sempre visti attraverso chiacchiere di suoi schiavi o liberti, da cui la sua colpevolezza viene quasi  sempre mascherata, spesso per convenienza, ma talvolta per incredulità.
La situazione precipita quando il popolo, da cui si sentiva appoggiato, comincia a sentire il peso delle tasse imposte per pagare le sue stravaganze per proteggere le arti a lui care. Il senato, che mal lo sopportava, fa intervenire le legioni dalla Gallia, conferendo il titolo di imperatore al loro capo, Galba, e condannando a morte Nerone, con il vilipendio del cadavere da gettare dalla Rupe Tarpea. E qui Nerone fa un lungo lamento sulle opere letterarie che non potrà più scrivere, come un poema sulla caduta di Troia, che così andranno perdute per l’umanità; finalmente raccomanda ai pochi amici residui che si faccia una pira per bruciare il suo cadavere, e si fa aiutare a darsi il colpo di grazia.
Il romanzo non indugia sui particolari che possono urtare la sensibilità dei lettori, ma non riesce ad evitare i costumi sessuali piuttosto disinvolti, inclusa la pederastia e il cambiamento forzato di sesso. I divertimenti popolari, come i ludi gladiatori e le recite, sono trattati con competenza.
E tutto il romanzo si presenta come il ricordo di un amico affezionato.