Spettabile redazione legnanese de Il Giorno,

Nell’articolo ‘Dialetto insegnato a scuola: meglio imparare i congiuntivi’ di Davide Gervasi comparso sulla cronaca legnanese del vostro giornale sono riportati alcuni commenti di genitori preoccupati per il “pericolo” rappresentato dallo studio del dialetto legnanese. E’ mia premura rispondere, a nome del Comitato per la Salvaguardia dei Patrimoni Linguistici, che si tratta solo di dicerie infondate. Lo studio della lingua locale è solo un arricchimento, e mai un impedimento.

Le voci dei genitori invocano la necessità di dare la priorità alla lingua italiana perché i nostri figli non la conoscono bene, portando il caso del congiuntivo come esempio. Risulta evidente una infondata paura per il “dialetto”, visto come una sorta di non-lingua che non può coesistere con l’italiano senza provocare “cortocircuiti” grammaticali. In realtà nulla, a livello cognitivo, differenzia la lingua regionale da qualsiasi altro codice linguistico. Le scienze cognitive ormai hanno ampiamente dimostrato che l’utilizzo sin dall’infanzia di almeno due codici linguistici è una vera e propria ginnastica mentale: aiuta nell’apprendimento di altre lingue e rende la mente più elastica anche per altre materie. A questo proposito rimando a uno studio congiunto dell’università di Cagliari e di Glasgow descritto in questa pagina:

http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=19846&iso=22&is=7

La dinamica di fondo del bilinguismo è la medesima per qualsiasi lingua, che si tratti dell’inglese o della meno praticata lingua minoritaria, compreso il dialetto legnanese. Quindi, se i ragazzi non impareranno l’uso del congiuntivo in italiano non sarà per colpa dello studio del “dialetto”, ma sarà la conseguenza di un’istruzione linguistica non adeguata. Se impareranno con meno sforzo il cinese, il russo o qualsiasi altra lingua straniera, il merito potrà essere attribuito anche alla elasticità mentale derivante dal bilinguismo infantile.

La mancanza dei mezzi nella scuola è purtroppo un problema cogente. È sorprendente, invece, quanto potrebbe essere poco costosa l’introduzione della lingua locale a scuola. Pur non opponendoci a uno studio anche grammaticale delle parlate tradizionali, riteniamo che sia necessario coinvolgere i madrelingua, che molto spesso sono anziani soli, e lasciarli interagire con i ragazzi in lingua locale. Questo è il modo migliore non solo per tramandare una lingua in disuso senza farla diventare un pesante esercizio di stile, ma anche per creare un ponte tra la vecchia e la nuova generazione. È una prospettiva allettante per il l’educazione dei nostri figli trasmettere loro, oltre a mere competenze linguistiche, un’educazione valoriale profonda imparagonabile ad un intero corso di galateo.

 

Michele Ghilardelli – Coordinatore nazionale

www.patrimonilinguistici.altervista.org

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