L'esperanto: meglio "lingua internazionale" che "artificiale", prego

L’esperanto: meglio “lingua internazionale” che “artificiale”, prego

Una annotazione per il gentile dr Antonello Antonelli

Corrispondente del quotidiano Il Tempo

Egregio Dr Antonelli,

La ringrazio vivamente per la sua attenzione verso il problema linguistico e la mia opera ma vorrei pregarla di usare altri termini nei suoi interventi per definire l’esperanto diversi da “artificiale”, aggettivo che non fa che acuire le già rilevanti riserve mentali verso questa lingua. Lo stesso Umberto Eco, prima di diventare convinto sostenitore dell’esperanto in “Alla ricerca della lingua perfetta”, si racconta che dicesse in classe che l’esperanto non fosse una vera lingua perché non si poteva fare l’amore in esperanto. E che una sua allieva lo contraddicesse dicendo “Mi dispiace, professore, ma le assicuro che si può. Io l’ho fatto”. C’è chi trova stonato addirittura si possa far poesia o solo cantare in tale lingua per l’idea che si è fatto dalla definizione di “artificiale”.

Le vecchie accuse di lingua fatta a tavolino sembrano oggigiorno esser state superate non solo dai linguisti ma anche dall’opinione della gente comune, che finalmente si rende conto che di una lingua che è diventata mezzo di espressione (e per taluni anche di creazione artistica) per milioni di persone da più di cento anni non se ne può sminuire il valore tacciandola di artificialità.

Una volta accolto dalla comunità che l’ha fatto proprio l’esperanto si è sviluppato ed evolve con l’uso come ogni altra lingua. Qualcuno sa poi che vi sono delle lingue nazionali (come il Neonorvegese e l’attuale Ebraico) che devono il loro sviluppo ad operazioni di pianificazione linguistica e che ciononostante non vengono definite artificiali, come se fossero dei fiori di plastica.

Ci sono vari modi più acconci di definire l’esperanto tra cui quello di lingua pianificata (Plansprache, planned language), per le sue origini, o di lingua non territoriale, come la definiscono gli interlinguisti russi, ma la definizione più appropriata è quella di lingua internazionale- e come tale è stata pensata e si è diffusa- mentre l’inglese ( si dovrebbe meglio parlare di lingue inglesi) è lingua etnica, anche se di largo uso internazionale.

L’esperanto è una specie di indoeuropeo ricostruito e semplificato, composto da radici comuni a più lingue, facilmente riconoscibili da una persona di cultura, in una struttura basata sulla regolarità, sul forte uso di affissi e sull’elasticità degli elementi lessicali. Come in italiano dalla parola pecora abbiamo pecoraio, pecorino, pecorume ecc. (ma non gregge, ovile, agnello, ovino ecc. formati da altre radici) così dal corrispondente esperanto “ŝafo” (Schaf ted. sheep ing.) abbiamo dei derivati analogici indicanti l’aggettivo, l’insieme delle pecore, il luogo in cui stazionano le pecore e così via non limitatamente come in italiano ma in un ampia serie di termini di facile formazione e memorizzazione. Una lingua pertanto molto più regolare ed ordinata, e quindi di più agevole apprendimento, delle altre.

Nella speranza di averle fornito qualche utile indicazione La saluto cordialmente

Giorgio Bronzetti

Approfondimenti:

Chieti offre accoglienza ai cultori dell’esperanto (di A.Antonelli)

http://www.disvastigo.it/2006/10-06.htm

Dal I° libro della Lingua Esperanto (L.Zamenhof)

http://www.disvastigo.it/approfondimenti/approfondimenti_11.htm

Esperanto, a living language (Esperanto Centre of London)

http://www.disvastigo.it/approfondimenti/approfondimenti_11.htm

L’esperanto in pratica (R.Corsetti)

http://www.disvastigo.it/approfondimenti/approfondimenti_37.htm

Parliamo di esperanto (Disvastigo)

http://www.disvastigo.it/approfondimenti/approfondimenti_106.htm