Caro Diario,
ogni tanto sulla stampa nazionale si accenna al problema della comunicazione e all´esperanto, ma solo per dire che si tratta di una lingua "artificiale" e di un tentativo fallito senza voler minimamente approfondire l´argomento. L´impostazione molto aperta del vostro periodico mi incoraggia ad inviarvi alcune annotazioni su questa lingua nella speranza di poter contribuire ad abbattere certe preclusioni.
Nonostante se ne parli poco, l´esperanto come lingua è viva e vitale, con una estesa letteratura originale e in traduzione non solo di narrativa, ma anche di scienza e tecnica. I numerosi periodici in esperanto riportano sempre recensioni delle novità, il calendario delle manifestazioni e incontri comprende tutti i giorni dell´anno e siti che usano l´esperanto nella rete non si contano più. Non si può quindi assolutamente dire che l´Esperanto sia fallito come lingua. Anzi ci si dovrebbe meravigliare che dopo più di cento anni dalla sua nascita (cento anni tra l´altro con due guerre mondiali e dittature varie non certo favorevoli verso una lingua di pace e democrazia), l´esperanto esista ancora e sia così diffuso.
I tempi di propagazione di una lingua, specie con gli ostacoli detti e in assenza di volontà politica, non sono quelli di un elettrodomestico, altrimenti l´esperanto non mancherebbe in nessuna famiglia. E' la prima volta nella storia dell´umanità che un disegno linguistico (fatto di carta) lanciato da un solo uomo si è diffuso in tutto il mondo divenendo in tal modo lingua viva (e naturale) di una comunità che l´ha fatta propria, spinta dal desiderio di comprendersi attraverso una lingua comune, cioè di tutti e di nessuno.
Circa invece l´esperanto come La Lingua Internazionale, come seconda lingua per tutti e, nel caso nostro, della comunità europea, manca la volontà politica di risolvere il problema della comunicazione in modo semplice, giusto, cioè senza discriminazioni, e senza pericolo di degrado delle lingue etniche. Forse con l´entrata dei nuovi Stati nella U.E. alcuni dei quali, come l´Ungheria, hanno sempre favorito lo studio dell´esperanto sia nelle scuole medie che nellíuniversità, ci si concentrerà sul problema in modo diverso.
Da una ricerca effettuata qualche anno fa tra i passanti nel centro di Trieste (città in cui invero c'è sempre stato un attivo gruppo esperantista) è risultato, con grande sorpresa degli organizzatori, che più del 95% degli interpellati non solo conosceva cosa era l´esperanto, ma auspicava che fosse insegnato nelle elementari ed adottato come seconda lingua della U.E.
Eppure come dicevo la stampa è molto avara di informazioni circa il problema e l´istanza esperantista che viene trattata con molta indifferenza liquidando la cosa con delle battute. Ci si aspetterebbe un impegno maggiore da parte di chi ha la responsabilità di informare e soprattutto di formare opinione. Da noi, a differenza di altri paesi europei in cui appaiono splendidi articoli sull´offerta e sul mondo dell´esperanto, a parlarne sono solo le lettere di lettori come me che rischiano di passare per fanatici rompiscatole e creare antipatia verso una giusta causa. Perché non iniziate voi un dibattito sulla comunicazione, sul degrado delle lingue, sulla democrazia linguistica?
Cordialmente,
Giorgio Bronzetti