Utopie Da Zamenhof a oggi la storia (anche lombarda) di una grande sfida
«Milano, capitale dell' esperanto»: questo significa il titolo Qui da quasi cent' anni vive il sogno della lingua universale

Centoventicinque anni e non sentirli. Usciva il 26 luglio 1887 il primo manuale della «lingvo internacia» a firma del Doktoro Esperanto, «il medico che spera», pseudonimo (dell' oculista ebreo-polacco L.L. Zamenhof) che passerà, nel giro di un anno, a indicare definitivamente la nuova creazione: una lingua pianificata a posteriori, neutrale, caratterizzata da una grammatica del tutto regolare ed essenzializzata e da un vocabolario scelto su base internazionale, nata con l' intento non di sostituire le lingue nazionali (al contrario, gli esperantisti sono tra i più convinti difensori del valore della diversità delle culture, e sostenitori della pari dignità di tutte le lingue), bensì di abbattere le barriere comunicative fra i diversi popoli del pianeta. E lombardo è il primo esperantista italiano, Daniele Marignoni (1864-1910), notaio in Crema, intellettuale eclettico, poliglotta, amico personale del creatore dell' esperanto, che fu autore, nel 1890, della prima grammatica in lingua italiana. Proprio a Milano, città ancora oggi sede della Federazione esperantista italiana (Fei), si sviluppa nel 1906 il primo nucleo del futuro movimento nazionale, il «Gruppo milanese per l' esperanto» (oggi Cem), animato fra gli altri dal poeta e studioso inglese Clarence Bicknell e dalla professoressa di origine boema Rosa Junk.
Leggi l'articolo di Davide Astori - corriere.it