[Traduzione a cura di Luciana Buttini dall'articolo originale di Arame Fal pubblicato suPambazuka. Luciana Buttini è studentessa di Mediazione Linguistica all'Università di Ancona]

È una questione di sviluppo e di democrazia. Nessun Paese può svilupparsi quando la stragrande maggioranza della sua popolazione non comprende la lingua ufficiale.

Il vero problema non è la presenza della lingua francese, compresa dal 29% della popolazione senegalese. L’anomalia, è l’assenza delle lingue nazionali locali nella sfera ufficiale: vita politico-amministrativa, educazione, formazione ecc. Sul piano linguistico, le condizioni di base della loro integrazione sono collegate con le ricerche e le pubblicazioni realizzate in Senegal e nella sotto regione (dizionari generici e terminologici, grammatiche pedagogiche, manuali di calcoli, letteratura, traduzione della Costituzione del Paese, traduzione di programmi informatici ecc.). Inoltre, la ricerca è in corso con il coinvolgimento di professori di linguistica che si impegnano nell’orientare gli studenti (a livello di tesi triennali, tesi di dottorato e altro) verso la soddisfazione dei bisogni prioritari della lingua.

È una questione di sviluppo e di democrazia. Nessun Paese può svilupparsi quando la stragrande maggioranza della sua popolazione non comprende la lingua ufficiale. [...]

È proprio quest’esigenza di comunicazione diretta che spinse Francesco I, nel 1539, a emanare l’Editto di Villers-Cotterêts, attraverso il quale prescriveva l’impiego del francese al posto del latino(conosciuto solamente dall’élite) per l’amministrazione della giustizia, l’istituzione dello stato civile e la redazione degli atti notarili.

Philippe Lafarge, ex presidente dell’ordine forense, ha sottolineato i vantaggi di una tale decisione nel suo intervento al 450° anniversario dell’Editto di Villers- Cotterêts [...]: “questo Editto, avvicinando il giudice al colpevole, obbligandolo a parlare la sua lingua, costringendolo a uno sforzo di trasposizione, in francese, di un diritto proveniente da una cultura complessa, appresa in latino, ha fatto nascere la necessità irresistibile della traduzione del diritto, poi ulteriormente della costruzione di un sistema di pensiero coerente dove l’analisi precede la sintesi. Era aperta così la via reale della Scuola del diritto francese“.

In tutte le parti del mondo si è sempre posto il problema tecnico dell’adattamento delle lingue all’esercizio di nuove funzioni. Si tratta all’incirca di trovare nuove designazioni per nuovi concetti. Tutte le lingue sono coinvolte in questo lavoro, poiché sono costrette a rendere questioni complesse e il sapere scientifico. Ma fortunatamente le lingue hanno le risorse potenziali per intraprendere quest’evoluzione. Questa forte convinzione ha sempre guidato l’azione di Cheikh Anta Diop. L’obiettivo perseguito nel suo articolo: “Come far radicare la Scienza in Africa: esempio il Wolof” [...] va al di là dell’estensione del lessico. Secondo Diop si tratta di inserire le lingue nazionali nella tradizione di un discorso scientifico coerente attraverso l’esempio del Wolof. Tanto è vero che è nuotando che si impara a nuotare. Così, traducendo testi di matematica e fisica, egli ha proposto una terminologia che serve da base di lavoro per tutti i ricercatori interessati. Allo stesso tempo ha aperto la strada per altre discipline e altre lingue.

Leggi l'articolo di Arame Fal (trad: Luciana Buttini)  - vociglobali.it