Miami - Ma che cosa cambia se nella Costituzione italiana verrà scritto "la lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica?" scrive Federico Guiglia su Gente d'Italia, il quotidiano delle Americhe diretto da Mimmo Porpiglia.

Federico Guiglia, nato a Montevideo, Uruguay, da padre italiano (di Mantova) e madre uruguaiana, docente universitario e conduttore per Rai International, giornalista e scrittore, si chiede perché dare tanto risalto a ciò che in apparenza sembra così ovvio?

Che in Italia si parli l´italiano, capirai la novità... Invece sarebbe una rivoluzione se all´articolo 12 della legge fondamentale della Nazione, l´articolo che dice "la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni", s'aggiungessero le parole che finalmente conferiscono un riconoscimento formale alla lingua di Dante. Abbiamo usato il condizionale ("sarebbe"), perché in realtà la strada sarà lunga e tortuosa, posto che il testo approlia - vato dalla Camera dei deputati dovrà andare al Senato. Per poi tornare alla Camera, per poi nuovamente prendere il largo del Senato. Quattro "letture" e senza modifiche del provvedimento (altrimenti la spola continua), questo prevede l´iter delle leggi costituzionali. Afferma Guiglia.

 

 

Ma il primo passo, che è sempre il più complicato, dice Federico Guiglia, è stato compiuto. E se la legislatura non sarà sciolta troppo presto, si può realisticamente sperare che sessant'anni dopo l´approvazione della Costituzione, l´Italia avrà sanato un brutto errore e recuperato un grave ritardo. Perché, dunque, brindare alla rivoluzione almeno partita?
Intanto, perché è passato a grande maggioranza di destra e di sinistra -Lega contraria, Rifondazione comunista astenuta-, un orientamento importante, l´orientamento di dare alla lingua italiana il rilievo di un "principio fondamentale". Quali sono quelli inseriti nei primi dodici articoli della nostra Carta. Come la bandiera, appunto. Come la sovranità "che appartiene al popolo" (articolo 1), o l´eguaglianza, o il diritto al lavoro, o l´unità e indivisibilità della Repubblica, o la tutela del patrimonio storico e artistico e altri temi che identificano l´essenza dell´Italia. Diventando la lingua italiana un principio tra i principi, l´obbligo di valorizzarla sarà molto più facile da far valere. Di valorizzarla non tanto in patria -dove pure è necessario per aiutare gli stranieri nell´integrazione-, ma soprattutto all´estero.
Nel momento in cui l´italiano avrà il riconoscimento che merita, sarà più semplice -per esempio- sollecitare il massimo impegno delle istituzioni italiane per impedire che la lingua italiana esca dal circuito dell´insegnamento pubblico in Uruguay. Nessuno potrà più arzigogolare sulle interpretazioni di legge, nessuno potrà più aprire eterne dispute se sia opportuno o no, e fino a che punto, difendere la lingua di Dante nel mondo.
Se è scritto nella Costituzione, chi è preposto a farlo dovrà farlo, semplicemente. "Costituzionalizzare" l´italiano, significa dunque far girare il motore istituzionale a mille, significa mettersi sullo stesso piano "politico" della Francia, della Spagna e del Portogallo che tutelano le loro lingue proprio nei primi articoli delle rispettive Costituzioni, significa poter prolungare altrove questa "ufficialità" in Italia. Per esempio sollecitando l´ufficialità della lingua italiana come lingua di procedura nei lavori (anche ristretti) dell´Unione europea. E un giorno, chissà, anche e persino nei lavori dell´Onu, l´organizzazione internazionale di quasi duecento Stati che nel corso del tempo ha riconosciuto altre lingue ufficiali "d'uso" accanto all´inglese che cresce e al francese che cala. Non si vede perché l´Italia, che magari nel frattempo avrà dato vita alla Comunità di Paesi italofoni e di personalità italianiste nel mondo, non possa coltivare le stesse ambizioni. Già, la lingua italiana nella Costituzione sarà il volano per la nascita della Comunità italiana internazionale, sarà il viatico per l´Italofonia. Il Parlamento ha scritto una bella pagina, conclude Federico Guiglia. "Ma canteremo vittoria solo alla fine, noi che nella lingua italiana crediamo da sempre, e non ci accontentiamo della prima mossa".


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