La raccolta di poesie del quartetto di poeti esperantisti iberici "Ibere libere", che traduciamo appunto, liberamente, con "Dall'Iberia, liberamente", viene pubblicata dall'Editrice Pro Esperanto di Vienna, nel 1993. Siamo alla fine del ventesimo secolo e ad un secolo dalla nascita della lingua Internazionale Esperanto: tempo nuovo e sufficiente perché nuovi autori si affaccino alla ribalta della realtà poetico letteraria esperantofona. Il nostro "quartetto" composto dal portoghese Gonçalo Neves e dagli spagnoli Georgo Kamaĉo (attualmente noto col nome di Jorge Camacho), Liven Dek e Miguel Fernández con tale pubblicazione sembra proporsi come la nuova "scuola iberica" nella poesia originale Esperanto, emulando in qualche modo la più famosa Kvaropo (Quartetto) degli anni cinquanta, ossia i poeti della "scuola scozzese" che portarono una ventata di rinnovamento nel linguaggio poetico a metà del secolo passato.

Quando il volume "Dall'Iberia, liberamente" fu pubblicato, i quattro poeti avevano un'età fra i 27 ed i 44 anni, ed in effetti la loro relativa giovinezza ha influenzato molto la loro partecipazione sentita, calorosa e determinata alle umane passioni, dall'amore fino agli ideali più alti di condivisione dei destini dell'umanità. Nella loro poetica si nota una frequente ossessione scaturente dagli impulsi primordiali dell'uomo, dall'amore sensuale fino al timore della morte che tutto sovrasta. Tuttavia ogni singolo poeta ha la sua specifica individualità sentimentale e stilistica e le loro poesie sono una vera tavolozza variopinta di contenuti e stili molto diversificati.

Mauro Nervi, nella sua sobria ma ben centrata prefazione alla raccolta, sostiene che " G. Neves focalizza molto spesso un erotismo che non esprime un'unione consueta degli amanti: al contrario, sembra che egli non possa rappresentare l'amore senza un intimo separarsi..." Ma Giorgio Silfer in una sua recensione sentenzia che ..."Si potrebbe accusare Neves di molte cose, ma mai calunniarlo di non essere originale... Lui sente con le parole prima di mettere in parola i sentimenti." Effettivamente Neves tenta di giustificare un linguaggio poetico quasi del tutto privo di verbi, dove la ripetizione ritmica della parola tende a scindere e ricomporre le vibrazioni sei sensi, in uno sforzo ossessivo di esplorare al massimo l'espressività sonoro-evocativa del linguaggio. Il fascino della sua poesia è dato, essenzialmente, dalle peculiari caratteristiche lessico-fonetiche della lingua Esperanto, trasporre o tradurre i suoi versi in italiano è affare quasi impossibile, molto di tale fascino si perderebbe. Tentiamo, tuttavia, un piccolo esempio:

 

matenruĝo

ĉiela ŝminko spiona

lumzumo trakurtena homodoro

korpvarma litaĵo molaĉe-ĉifa

vestoj displanke hasto malŝarĝa

karna duopo postebrio

ekpalpebro

amora pirozo

ĉagreno

migreno

......

 

rosso aurora

celeste belletto spione

ronzio di luce nella tendina odore umano

coltri calde di corpo molliccio-sgualcite

vesti sparse sul pavimento fretta esaurita

carnale duetto dopo sbornia

batter di palpebra

pirosi d'amore

afflizione

emicrania

..... (da "Maldiso" / "Unione" )

 

Nella poesia di G. Kamaĉo c'è la continua ricerca di sperimentare un nuovo equilibrio fra forma, metrica e contento e le sue parole assumono tutta la forza primordiale del loro significare. La sua espressione poetica produce una raffinata eleganza dell'equilibrio sonoro evocativo col senso di ogni singola unità di significato, raggiungendo, spesso, cime di inusitata arte del verso. M. Nervi dice che Kamaĉo "..identifica l'esistenza col metterla in parola. Senza la parola la vita diventa impossibile." Con forme metriche, a volte innovative, come la terzina rimata nella radice del vocabolo anziché nella parte finale, il poeta mirabilmente sintetizza la sua visione del modo, dell'etica e della religione, ma mantiene, tuttavia, una sua alta e ben precisa consapevolezza di sé stesso, come qui tentiamo di esemplificare::

 

mi volus diri, ke mi nun enuas

la mondon, ke la vivon mi ne ĝuas.

ke ĉio molas kiel milda vintro,

ke tedo kaj rutino kontinuas

kaj daŭras, daŭras jam de longe,

tamen

mi sentas, ke mi ien evoluas,

aŭ mi almenaŭ kovas ĉi esperon...

 

 

 

io vorrei dire che ora mi dà noia

il mondo, non mi dà la vita gioia.

che tutto è molle come inverno mite,

persiste l'abitudine e la noia

continua, a lungo essa continua,

ed io

sento però che vado verso un dove,

o almeno covo forse la speranza......

( da "mi" / "io" )

 

Il terzo poeta del quartetto, Liven Dek, è quasi ossessionato dall'unione degli amanti, il cui amore si fa continua tenzone per la vita. Lui riveste le sue meditazioni d'amore con versi non sempre di ottima fattura e vibrante poeticità, anche se è frequente la concisione, questa non garantisce sempre figure stilistiche ad effetto. Molto della poesia di L. Dek sembra più un esercizio alla scrittura poetica che una vera dimostrazione di maturità espressiva. Tuttavia non mancano, nella sua raccolta, alcune vere perle che meritano attenzione ed ammirazione, come il bellissimo e perfetto sonetto Al viro nomata Suzana /All'uomo chiamato Susanna dove proprio il rigore dello schema metrico classico e l'uso virtuosistico dell'espressione inusitata intensificano l'alto grado della vibrazione emotiva, trasmessa dal senso di terrore e catastrofe che incombono su un individuo, la cui sessualità ed intimo sentire non sono in sintonia con il comune senso della vita e della pubblica opinione.

L'ultimo del quartetto è Miguel Fernández, a mio parere l'indubbio maestro ed indiscusso bardo fra i suoi colleghi. La sua raccolta, sotto il titolo "Il profilo delle tue orme", è il vero gioiello poetico del volume. Questo poema d'amore è stato, in origine, pensato come uno spettacolo di arte poetica da declamare e cantare con accompagnamento musicale, pertanto gli elementi della sonorità e del ritmo del verso sottolineano fortemente i temi idilliaci dell'amore. Per M. Fernández, come nell'antica Grecia, il poeta è anche il bardo cantore che declama cantando i suoi versi accompagnandosi con la lira o la cetra. Quindi la sua poesia è musica vocale, i cui ritmi sono codificati da tradizioni millenarie. La coppia di amanti è la protagonista, nel bene e nel male, nell'esaltazione della felicità e nel dolore della separazione, nella poesia d'amore di questo poeta. Le finezze sonore, la musicalità delle parole adoperate, le sottolineature onomatopeiche dei versi di Fernández sono, di nuovo, quasi intraducibili in una lingua nazionale, anche nel nostro italiano così musicale, come dicono i più. Tentiamo una breve trasposizione, per così dire, di tale sonorità poetica:

 

Angore,              

angore fora.       

      Fore                    

de la nektar' amora, 

skvare,

odoras mi dolorojn 

kaj amarojn. 

Min mare 

erodas la stertoroj 

de niaj amo-jaroj.......... 

 

 

Tremore,

lontano affiora.

Muore

sul nettare d'amore,

sull'ara,

ove i dolori odoro

con gli amari.

In mare

mi erode il rantolare

degli anni dell'amare.....

( da Pri la angor' sonora / Sul tremor sonoro )

Questo volume "Dall'Iberia, liberamente" di 136 pagine, a quattro mani, ha segnato indubbiamente una tappa significativa nell'evoluzione del linguaggio poetico originale in lingua Esperanto, sul quale poi ogni autore, ma specificatamente Jorge Camacho e Miguel Ferrnández hanno continuato a costruire la loro poesia con successive pubblicazioni degne di attenzione.