Questo romanzo, uscito nel 2004, appartiene a un genere completamente nuovo. Romanzi e ispirati al movimento esperantista ne erano già usciti diversi, ma questo offre una ricostruzione completamente fittizia di quanto potrebbe essere accaduto, come dice il titolo Dek tagoj de kapitano Postnikov, “I dieci giorni del capitano Postnikov”, appunto in dieci giorni mai avvenuti nel 1910. L’autore, che si firma in esperanto come Mikaelo Bronstein, è stato una figura di spicco nel movimento giovanile esperantista nellaRussiia sovietica, e su questa attività aveva già scritto in un romanzo parialmente autobiografico. Qui però fa un salto indietro nel tempo, tornando all’epoca zarista. Che cosa furono (o non furono) quei dieci giorni? Sarebbero, o sarebbero stati, dieci giorni di noavigazione da San  Pietroburgo a Washington allo scopo di partecipare al congresso esperantista. Sul transatlantico si sarebbero  trovati il capitano Aleksandr Aleksejević Postnikov, personaggio realmente esistito e attivo nel movimento esperantista russo dell’epoca, altri esperantisti russi, e Ludovico Zamenhof. Non esiste nessuna testimonianza su un loro ipotetico incontro, e tanto meno su lunghe conversazioni, che sarebbero durate appunto tutto il tempo della traversata oceanica. Qui l’autore ha avuto mano libera nel mettere in bocca a Zamenhof affermazioni coerenti con alcuni suoi scritti precedenti, ma mai esplicitati in quella forma, e che potrebbero rappresentare una sorta di testamento spirituale in vista di una trasformazione del movimento esperantista secondo principii  da lui espress nei suoi scritti più recentii, fino al punto di preconizzare la della nascita di una comunità, a cui avrebbe dato il nome di Esperantista Civito. Questo nome in realtà è usato anche oggi, ma è stato coniato parecchi anni più tardi, e non esiste nessun testo, né alcuna testimonianza, che possa farne risalire la  paternità a Zamenhof. Il romanzo si snoda poi per 300 pagine, andando oltre la morte di Zamenhof, che non vi compare più. Compaiono invece altre figure del movimento esperantista russo negli ultimi anni del regime zarista sempre sospettoso; l’atmosfera di quei tempi è riportata fedelmente anche attraverso articoli pubblicati sulla stampa esperantista dell’epoca, che risentono anche di una certa rivalità sotterranea fra i gruppi di Mosca e di Pietroburgo.