Perché l´esperanto non sarà la lingua del mondo

Mi sto interessando alla figura di Ludovic Lazarus Zamenhof e alla sua grande invenzione, l´esperanto. Facendo un po' di ricerche ho scoperto che questa lingua «artificiale» è parlata da circa 2 milioni di persone nel mondo, è estremamente fucile (ha solo 16 regole fóndamentali e nessuna eccezione) e soprattutto ha una sua letteratura. Perché secondo lei l´esp)eranto gode di così scarsa attenzione? E perché la figura di Zamenhof' non ha meritato un posto d'onore nella storia?

Luca De Vito Livorno

Risponde Sergio Romano:

Caro De Vito,

ho ricevuto in questi giorni, do­po avere letto la sua lettera, una pubblicazione intitolata «Libertà di espressione e dirit­ti umani per gli scrittori nel mondo». Il libro contiene gli at­ti di un convegno che si è tenu­to all´Ateneo Veneto di Vene­zia, nel maggio di quest'anno, per iniziativa di Lucio Lami, presidente del Pen Club italia­no, in collaborazione con 1'Unesco. Leggendolo ho ap­preso che esiste anche un «Cen­tro Pen Esperanto» e mi sono imbattuto nel nome di Giorgio Silfer, esperantofono milane­se, insegnante a Torino e a Bu­dapest, autore di poesie, rac­conti e drammi. Nella sua rela­zione Silfer segnala il lavoro di scrittori che hanno scelto di esprimersi in esperanto e par­la, tra l´altro, di un letterato ci­nese Armand Su, morto nel 1990, dopo avere trascorso die­ci anni nelle prigioni della Re­pubblica Popolare. L´interes­se di Su per questa lingua uni­versale nacque quando lesse una edizione cinese de «La vita di Zamenhof», l´oculista ebreo-polacco, nato a Bjali­stock in Bielorussia nel 1859, a cui si deve, per l´appunto, l´in­venzione dell´esperanto. L´au­tore della biografia, apparsa originalmente in francese, si chiama Edmond Privat. Le consiglio di dare un'occhiata al catalogo della biblioteca del­la sua città: potrebbe trovarne una copia.

Cercherò ora di rispondere alla sua domanda sulla scarsa attenzione di cui l´esperanto gode nel mondo. II fascino e l´utilità di una lingua dipendo­no da molti fattori. 11 primo è rappresentato dalla sua bellez­za e dall´importanza della sua letteratura: una lingua è tanto più attraente quanto più è ric­ca di grandi opere della fanta­sia e dell´intelligenza. Il secon­do è il numero delle persone che se ne servono: la lingua è utile quando è molto diffusa. II terzo è il dinamismo sociale, economico e culturale delle so­cietà in cui è parlata: appren­diamo le lingue anche e soprat­tutto quando ci offrono una chiave per entrare più facil­mente in un mondo dove i labo­ratori, le università, le imprese e i centri di ricerca sono ricchi di creazione, innovazioni, spe­rimentazione.

La lingua che maggiormen­te risponde alla somma di que­ste caratteristiche è l´inglese. Ha uno straordinario tesoro letterario e filosofico. È parla­ta da cinquecento milioni di persone, molto meno del man­darino (un miliardo e 52 milio­ni) e poco più dell´hindi (487 milioni). Ma presenta, rispet­to a queste due lingue asiati­che, il vantaggio di essere diffu­sa in ogni Continente. È stata negli ultimi due secoli la lingua di Paesi (gli Stati Uniti e la Gran Bretagna) che hanno avu­to un ruolo determinante nel­l´avvento del mondo industria­le e post-industriale.

Esistono, beninteso, altre lingue utili e affascinanti. Ma nessuna di esse (neppure il francese, lo spagnolo, il russo, il portoghese e il tedesco) pre­senta contemporaneamente tutti i vantaggi che ne favori­scono l´uso universale. Un rap­porto del British Council, rias­sunto nel Financial Tirnes del 15 febbraio, prevede che gli stu­denti di inglese nel mondo sa­ranno fra alcuni anni due mi­liardi. A chi lamenta che il po­tere linguistico mondiale sia or­mai nelle mani di alcuni popoli e che altri nascano con uno svantaggio iniziale posso offri­re, tuttavia, una consolazione. Nell´èra della globalizzazione, secondo il rapporto del British Council, la conoscenza dell´in­glese non è più sufficiente. Per conquistare mercati nel mon­do occorre conoscere almeno un'altra lingua. È un dato, que­sto, che avvantagggia i Paesi in cui la convivenza di gruppi linguistici diversi e i program­mi scolastici favoriscono sin dall´infanzia un naturale multi­linguismo. Un belga, uno sviz­zero e un canadese hanno, ri­spetto a un inglese o un ameri­cano, una carta in più.

Corsera 5/03/06 Lettere al Corriere