Dichiarazione di Giorgio Pagano, Segretario dell'Associazione Radicale Esperanto.

«Da oggi c'è una piccola speranza in più per la giustizia linguistica nel mondo, grazie a Papa Francesco. Il fatto che il Santo Padre, incontrando stamattina in Vaticano il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, abbia parlato solo in italiano facendosi tradurre dall'inglese da un monsignore della Segreteria di Stato, simbolizza pienamente la forza della nostra lingua e la sua capacità di azione anche al di fuori dei confini dello Stato» esordisce Giorgio Pagano.
«Come già si era notato in occasione del discorso pasquale, con la rinuncia all'urbi et orbi in molte lingue, la Chiesa bergogliana sembra credere fermamente che la lingua italiana funzioni alla perfezione per vincere le sfide della comunicazione del futuro.
Il successo raccolto dal Santo Padre che si esprime solo in italiano, dimostra che, ancora una volta, la Chiesa è riuscita a darsi un Pontefice all'altezza della Storia. Quella Storia che la Chiesa ha raccolto riuscendo a coniugare fede, bellezza e grandiosità come nessun'altra religione al mondo e, essa sola, all'altezza dell'antica Roma, contro una Italia sempre più negletta.
Che sia, finalmente, uscita da un Pontefice la verità che tutti sanno ma hanno paura di esprimere, che l'inglese è difficile ed è l'unica lingua che, non solo a Bergoglio, causa grossi problemi per via della sua pronuncia, pone questo Papa ad un'altezza irraggiunbile dalla mediocrità dei nostri politici, fatto salvo Marco Pannella.
Tutto ciò mentre questa Repubblica, sempre più preda di ladri o di neopazzi, distrugge se stessa e la propria Costituzione permettendo ad una università pubblica, il Politecnico di Milano, di svendere l'alta formazione alla lingua inglese, eliminando completamente l'italiano a partire dal 2014» Continua Il Segretario dell'ERA.
«La Chiesa sceglie di rinnovarsi attraverso un Papa che già attraverso la scelta del nome,  che rieccheggia il Santo dell'essenzialità ma anche il Santo Patrono d'Italia, opera sulla via della internazionalizzazione della e nella lingua italiana, mentre i collaborazionisti italiani svendono agli angloamericani il futuro dei giovani e il patrimonio inestimabile del nostro paese».