Aga magéra difura, dizionario delle lingue immaginarie (Zanichelli, 1994) di Paolo Albani e Berlinghiero Buonarroti è un’autentica bibbia per chi si interessa alle lingue artificiali, da quelle nate per una comunicazione pratica (come l’esperanto) a quelle letterarie ed artistiche. Abbiamo rivolto qualche domanda ad uno degli autori, artista eclettico, performer e poeta.

Come e quando è nata l'idea per questo libro?

L'idea è nata verso la fine degli anni ottanta. Sul numero 3 del 1989 della rivista Tèchne, rivista di bizzarrie letterarie e non, che dirigo dal 1986, curai una Piccola antologia dei linguaggi immaginari, prendendo le mosse in primo luogo dagli linguaggi inventati dalle avanguardie storiche: futurismo e dadaismo. Molto affascinante è la zaum, la lingua trasmentale inventata dai futuristi russi, creata per esprimere le emozioni e le sensazioni primordiali che vanno perdute nei significati della lingua comune.

Una delle cose che stupisce di più di questo dizionario è la sua ampiezza (2900 voci) oltre all'approfondimento di ciascuna voce, con i relativi rimandi al altre voci collegate e le numerose illustrazioni. Quanto è stato lungo questo lavoro in termini di tempo? Quali sono state le difficoltà maggiori nella compilazione del dizionario?

Circa tre anni. Le difficoltà maggiori sono legate al reperimento di certi repertori stranieri, ad esempio quelli compilati da studiosi russi, riguardanti in particolare le lingue ausiliarie internazionali: ne sono nate moltissime, oltre quelle più conosciute come l'Esperanto.

Qual è la più antica lingua inventata che si conosca?

Secondo Alessandro Bausani, autore di un bellissimo libro sulle lingue artificiali, il Balaibalan, lingua segreta creata negli ambienti mistici islamici non prima del XV secolo, completa di grammatica, sintassi e lessico con parole prevalentemente di origine turca e persiana, è da considerarsi "la prima vera e propria lingua inventata del mondo colto (a parte le lingue segrete primitive)".

Cosa ha spinto secondo lei tante persone a creare lingue (complete o frammentarie) spesso senza una evidente finalità pratica?

Ci sono vari motivi, oltre quello pratico-commerciale: motivi religiosi, filosofico-scientifico e artistico-letterario.

La fantascienza ha un grande spazio in tema di lingue inventate, come si nota anche dalla notevole presenza nel dizionario; lei è un appassionato di fantascienza?

No, è un genere che non ho mai coltivato a fondo. Sono stati scrittori come Fruttero e Lucentini, curatori di una bella antologia einaudiana di racconti di fantascienza e responsabili per più di un ventennio della collana Urania per Mondadori, che me l'hanno fatta apprezzare.

L'Esperanto è la lingua artificiale sicuramente più diffusa nel mondo; lei cosa pensa della lingua di Zamenhof? Secondo lei potrà un giorno avere la diffusione auspicata dal suo creatore o rimarrà invece confinata ad un ristretto (per quanto non così esiguo) numero di parlanti, il "popolo" esperantista (secondo la visione dei "raumisti")?

Lo spirito "umanitario" e "internazionalista" che pervade l'Esperanto è molto apprezzabile. Una lingua riflette sempre la cultura del popolo che la parla, il suo modo di leggere il mondo. Una lingua che si ponga al di sopra (o meglio a fianco) delle singole culture, è una buona cosa, in linea di principio. Ma ciò detto ritengo che sarà molto difficile che la lingua di Zamenhof riesca a soppiantare l'inglese come lingua internazionale.

Tra le numerosissime lingue citate ce n'è una che predilige?

La scelta è difficile, ma dovendone indicare una direi il grammelot o gramelot, parola di derivazione etimologica incerta, probabilmente dal francese "grommeler", cioè brontolare, borbottare, caratterizzata da un'emissione di suoni che imitano la struttura sonora di una determinata lingua senza però pronunziarne parole reali. Come informe borbottio linguistico, Dario Fo l'ha utilizzato nella pratica teatrale per caratterizzare la recitazione comica o farsesca.

La creazione di lingue immaginarie è un processo che non si è mai arrestato e che continua anche ai giorni nostri; lei ha continuato ad occuparsi dell'argomento, magari in vista di una futura edizione aggiornata del dizionario?

Sì, ho continuato a archiviare nuove lingue inventate, in particolare quelle create da scrittori. Mi sono arrivati anche, da parte di appassionati italiani, vari progetti di lingue internazionali, alcuni che figurerebbero degnamente nelle pagine dedicate da Queneau ai cosiddetti "folli letterari".