La Lingvovendejo, di Massimo Acciai, FEI 2016, è una raccolta di 24 racconti scritti in Esperanto. Il libro presenta da subito una certa omogeneità, dovuta essenzialmente al fatto che i racconti, di lunghezza variabile da poche righe a diverse pagine, evidenziano una serie di caratteristiche comuni. Innanzitutto, il genere: il fantastico. L'autore, fiorentino classe 1975, si è laureato in Lettere nel 2001 con una tesi sulla fantascienza, genere di cui è da sempre cultore. I racconti, che talvolta attingono da esperienze autobiografiche, strizzano volentieri l'occhio alla produzione di maestri del calibro di Asimov e di Aldous Huxley. Si nota immediatamente, poi, la presenza costante dell'oggetto libro, inteso ora come elemento della conoscenza, ora come scrigno che racchiude misteri che incutono timore e curiosità al contempo, più spesso come compagno di vita dei personaggi, fino ad assurgere in alcuni casi a vero protagonista delle vicende narrate. In La Legantovendejo, per esempio, il protagonista ha quasi un rapporto di tipo sessuale, certamente sensuale con il libro: "Simono ege frenezis pri la libroj. Maro da libroj, ja tiu estis la maro en kiun li ŝatis enprofundiĝi". Non sorprende, allora, la successiva suddivisione dei libri in nuovi, e quindi vergini, ed usati, e quindi impuri perchè impregnati della vita del precedente possessore. E' interessante notare che in questo racconto viene invertito il rapporto lettore-libro: sono, infatti, i libri a scegliere i propri lettori. Ma il vero collante di tutta l'opera è la stessa cifra stilistica dell'autore: attraverso la sua prosa chiara e senza fronzoli, che fa uso di un esperanto scorrevole e preciso, macchiato qua e là da qualche italianismo veniale, Acciai vuole più suggerire che raccontare, instillare dubbi più che cercare risposte, mentre la narrazione lascia spesso spazio alla riflessione filosofica, escatologica se si vuole, come in La Urbo, in 2084e in Memoraĵoj de evoluinta kvarmanulo. Spesso manca azione, non c'è caratterizzazione psicologica dei personaggi: è centrale, invece, l'occasione che permette all'inconsueto, al fantastico di manifestarsi, come in La aŭtoŝoseo o La viro kiu evitis la Morton. Il racconto che da' il titolo all'intera raccolta, invece, La lingvovendejo è un divertito omaggio a tutte le lingue, naturali o pianificate, vive o morte. Da segnalare, infine, la delicata Blua Luno, in cui la piccola Kamila, bambina di un futuro remoto, domanda alla madre cosa sia la Luna dopo aver ascoltato la canzone Blue Moon, ed il buon uso del dialogo in Vespermanĝo kun la diablo.

Gli altri racconti, soprattutto i più brevi, sembrano purtroppo degli sterili riempitivi: c'è qualche buona idea che meritava un approfondimento maggiore, come in Eraroj, ma quasi sempre danno l'impressione di essere semplici esercitazioni di scrittura fini a se stesse, come La kafo o La perfekta momento, forse elucubrazioni troppo intime per poter richiamare l'attenzione del lettore. La loro inclusione, probabilmente, sottrae valore ad una raccolta che, nel complesso, lascia intravedere la stoffa di un autore che potrà regalarci opere di ben altro spessore in futuro. Ne siamo certi.