"Che cos'è l'Esperanto?" Vista la inevitabile domanda, alla quale ogni esperantista deve continuamente rispondere, sia in conversazioni con altri, che nel privato del proprio io.

Noi tutti conosciamo diverse formule pronte - "lingua internazionale", "lingua madre neutrale"," la seconda lingua per ciascuno", ecc. tradizionalmente usate per queste spiegazioni.
All’inizio dell'anno 2014 può essere arrivato il momento di guardare la questione da un punto di vista più radicale.

"Una lingua con dentro un'idea" - così Zamenhof ha descritto la nostra causa. Ma forse più calzante è la proposta un tempo espresso da Helmut Welger che si trattava di "un’idea con dentro una lingua." Un'idea al tempo stesso più ampia e più intima, di un dizionario e di una grammatica, perché riguarda la nostra identità – il nostro essere umani.

Secondo quel punto di vista noi diffondiamo in primo luogo e soprattutto non una lingua, ma l’essere umani. Si tratta del sentire e dell'esperienza che si è attivamente coinvolti in una sorta di cultura mondiale non semplicemente come consumatore o cliente, ma come co-costruttore. Quel sentirsi parte senza dubbio hanno decine di milioni di persone in tutto il mondo; tra i quali, molti appena (o per nulla) hanno sentito parlare di Esperanto, ma molti di meno lo hanno imparato. Sono, comunque, in un senso profondo dei nostri compagni di idea.

Per diventare un movimento di massa, dobbiamo quindi imparare a parlare con quelle persone. Ciò significa anche imparare ad ascoltarli. Portiamo uno sguardo umano alla sfera linguistica, cerchiamo e accettiamo contributi umani in altri ambiti. Il fatto che la UEA già da 65 anni sottolinea l'importanza fondamentale dei diritti umani nel nostro lavoro per l'Esperanto, è un modello di un tale sviluppo; ma non immaginiamo che finiscano già là i nostri doveri.

Il Congresso Mondiale di quest’anno a Buenos Aires invita a un dialogo con tutti gli attivisti per un "futuro sostenibile" - un concetto che espande l’essere umani per includere tutti gli abitanti del pianeta, uomini e altri esseri. Che un mondo sostenibile deve essere anche un mondo del sentire umani, probabilmente nessuno di noi lo mette in discussione. Tuttavia, come evolversi in questa direzione – ecco una sfida, che ora occupa i governi e le ONG di tutto il mondo, e dovrebbe dare da pensare anche noi.

L’Esperanto: una lingua per un mondo sostenibile. Affinché questo non sia solo uno slogan, dobbiamo lavorare per capire la sua portata, le sue implicazioni. Dobbiamo diventare un movimento che educhi le persone su scala mondiale sul significato profondo delle lingue umane nel raggiungimento della giustizia sociale, economico e anche ecologico. E dove possono dialogare tutti coloro che stanno lavorando per un mondo siffatto.

In tale quadro, abbiamo il diritto di considerarci un movimento di massa.

 Mark Fettes