La Federazione Esperantista Italiana (www.esperanto.it)  protesta per il comportamento dell'agenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex, che ha sede a Varsavia). Secondo i burocrati europei, infatti, il centro di coordinamento a Roma e le navi italiane che collaborano con l'operazione Triton, entrambi della stessa nazionalità, dovrebbero comunicare fra di loro in inglese.
 
La singolare richiesta è è contenuta in una lettera inviata dal direttore della divisione operativa di Frontex, Klaus Rosler, al direttore centrale per l'immigrazione del ministero dell'Interno, Giovanni Pinto. L'operazione Triton riguarda le attività di vigilanza nelle acque del Mediterraneo che la stessa agenzia Frontex ha avviato in concomitanza con la fine di “Mare Nostrum”. Senza prendere posizione su altri aspetti della lettera, osserviamo che la garanzia di un multilinguismo operante nei fatti è contenuta in tutti i trattati fondamentali europei. Richiedere l'uso della sola lingua inglese, addirittura nelle comunicazioni tra connazionali, è quindi una palese violazione di uno dei principi fondanti dell'Unione. 
 
Giulio Terzi di Sant'Agata, ministro degli esteri nel governo Monti, ebbe ad affermare che ''in un momento in cui l' Unione Europea è impegnata a ribadire con sempre maggiore forza, e con una nuova visione di prospettiva, le radici della sua legittimità, il tema della pari dignità linguistica acquisisce un rilievo assolutamente centrale." Queste parole furono pronunciate dopo l'importante sentenza della Corte di Giustizia europea, che sancì come discriminatoria la pubblicazione in solo tre lingue (inglese, francese e tedesco) dei bandi di concorso dell' Unione, rivolti a tutti i cittadini comunitari, e l'obbligo di sostenere le prove di selezione in una di queste. Era il 2012.
 
Gli stessi principi devono valere ancora oggi. Per questo gli esperantisti italiani, sottolineando il fatto che la giustizia linguistica deve essere uno dei pilastri dell'Europa, chiedono che Frontex smentisca questa sua politica discriminatoria.