21/04/07 La Stampa

 
CHE NON SUONI SOLO INGLESE




Mi continuano a scrivere preoc­cupati lettori i quali protesta­no perché la no­stra lingua si sta - dicono -sempre più inquinando e de­teriorando a causa degli an­glicismi che la invadono, e suggeriscono di fare qualco­sa. Io rispondo che più si è me­scolati e più si è ricchi. La for­za dell'inglese non sta forse nell'aver incorporato negli ul­timi secoli gran quantità di latinismi, grecismi, francesi­smi, esotismi? Già Leopardi nello Zibaldone ammoniva che rifiutare parole forestie­re, quelle necessarie e insosti-.tuibili, significa volersi isola­re dal mondo, «trattar da barbara e illecita una nuova idea e un nuovo concetto del­lo spirito umano». Le lingue che hanno un più alto livello civile e culturale sono pro­prio quelle che possiedono un vocabolario molto composi­to, una complessità raggiun­ta attraverso i contatti più di­versi con altri popoli e con al­tre lingue. Ricordo che più volte, negli anni dell'Univer­sità, il mio maestro ci ricor­dava l'impressione che il visi­tatore prova entrando a Ve­nezia in San Marco, quello spettacolo indimenticabile di armonia, di totalità, di fron­te ai marmi, e le pietre e le co­lonne che i veneziani hanno portato da terre lontane a maggior gloria del loro santo e della loro Repubblica. Comunque sia, oggi è pur ve­ro che il modello angloameri­cano raggiunge eccessi di ag­gressività superiore rispetto a quanto accadeva in passa­to davanti alla potenza di al­tre lingue straniere. Special­mente se guardo a manifesta­zioni di superficie, spesso ridi­cole. Come la moda di tra- — sformare ogni angolo di stra­da italiana in una colata di insegne inglesi Vedo che a Torino c'è una Clinic car au­toriparazioni, e sono tante le invenzioni del tutto gratuite, del tipo Tewy's bar, che non si sa che voglia dire. Suona inglese, e tanto basta.

Gian Luigi Beccarla

La Stampa 21/4/07