(12/05/2008) - 50 anni fa, il 15 aprile 1958, i sei Stati fondatori della Comunità Economica Europea, nucleo iniziale della attuale Unione europea, stabilirono con il Regolamento n.1/1958 il regime di totale parità delle rispettive lingue come “lingue ufficiali e lingue di lavoro delle istituzioni”e quindi è stato d’obbligo per la Commissione europea, e per il Commissario per il multilinguismo Leonard Orban, che ha il compito di garantire la parità linguistica in seno alla comunità europea, festeggiare sabato 10 maggio la ricorrenza più solennemente possibile e dove meglio della Piazza delle Lingue d’Europa di Firenze con una delle più prestigiose istituzioni linguistico-culturali d’Europa, l’Accademia della Crusca? E con la partecipazione del fior fiore della intellettualità nazionale e non. Oltre ai membri della Crusca, anche esteri, Real Academia Española, Accademia di Svezia, Unesco, Dante Alighieri, responsabili di direzioni generali di promozione culturale e rappresentanti del Governo. Nel comunicato della Crusca si afferma: “Dopo 50 anni, questo regolamento è pienamente valido, essendo stato confermato via via che l’Unione ha accolto altri Paesi”, il che non fa che immalinconirci profondamente. Tale affermazione, come tutta la celebrazione, non può derivare dalla mancanza assoluta di conoscenza dell’attuale regime discriminatorio dell’Ue se, come scrive Gian Luigi Beccaria su La Stampa dell’8/12/07 : “Francesco Sabatini, presidente dell’Accademia della Crusca, in un’appassionata lezione tenuta all’Università di Roma Tre ha denunciato con forza la politica di imperialismo linguistico in Europa”. Le lingue della comunità europea avrebbero dovuto avere pari dignità e rispetto per una pax linguistica necessaria per salvaguardare il multilinguismo, ma così non sta andando.”Le Autorità dell’Unione –afferma Beccaria- fanno astratta professione di fede nel multilinguismo con campagne che esortano allo studio individuale delle lingue altrui ma la prassi linguistica interna delle istituzioni sta andando in tutt’altra direzione”. In sostanza le lingue di lavoro, solo inizialmente tutte quelle dei membri, si sono ridotte a tre ma quella che praticamente viene usata è una sola, l’inglese. E’ quindi tutta una presa in giro? Anche a giudicare dall’ultimo rapporto, fatto proprio dalla Commissione, di Amin Maalouf, anche lui presente e festeggiato, che vorrebbe che ogni cittadino europeo adottasse una seconda lingua (anche l’urdu) come propria, si cerca ogni mezzo, anche quello illusionistico (c’è parità, non esiste alcuna discriminazione linguistica, festeggiamo!), per farci digerire la pillola dell’imposizione dell’inglese. Orban ai giornalisti che lo hanno intervistato: “Le lingue non devono essere utilizzate come strumenti per dividere”. Intanto i bandi per l’assunzione di personale e per gli appalti della Comunità europea vengono pubblicati soltanto in inglese, tedesco e francese. Gli unici a protestare, a quanto pare finora, sono stati gli esperantisti che hanno emesso un comunicato ripreso da qualche agenzia dal titolo “Senza la lingua internazionale esperanto non ci può essere multilinguismo giusto nell’Unione europea” che purtroppo lascia il tempo che trova in quanto propone una specie di chimera, almeno come tale sarebbe certamente percepita tale proposta dalla maggioranza degli uomini di governo e di pensiero per l’idea che generalmente si ha dell’esperanto. In effetti invocare l’esperanto come unica garanzia di multilinguismo appare certamente categorico ed ingenuo agli addetti ai lavori compresi i cruscanti che considerano l’esperanto tuttalpiù una lingua pret-à-porter per scambisti di francobolli, a ciò contribuendo gli stessi esperantisti che parlano di una lingua perfetta, capace di esprimere tutto, e che si impara subito, cosa al di fuori di ogni logica per chi ragiona. Piuttosto perché non organizzare una conferenza internazionale di politici e tecnici della comunicazione linguistica coinvolgendo lo stesso Orban e l’ONU per fare il punto sullo stato dell’esperanto e la sua idoneità, anche se con qualche rattoppo se fosse necessario, a fungere da interlingua in organismi internazionali? O prendere il volo e rispettato da tutti, se promosso, o accontentarsi, per consolazione, del malinconico ruolo di lingua della pace e delle rimpatriate dei congressi esperantisti. Giorgio Bronzetti coord. di Allarme Lingua
|
|