Cultura, il rilancio passa dagli Istituti

di Franco Frattini*

 

Gentile direttore, mi permetta di intervenire brevemente nel dibattito stimolato da Salvatore Carrub­ba dalle colonne del Sole 24 Ore del 16 maggio, al quale ha voluto partecipare, animandolo, l'amico e collega ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi. Bene ha fatto Carrubba e altrettanto bene Bondi nel sottolineare che la cultura non dev'essere strumen­to delle élite per creare consenso, così come non dev'essere, credo, il recinto che protegge il giardi­no delle «anime belle» dalla contaminazione della vita. La cultura è generosità, condivisione, ha sem­pre a che fare con la vita e con le persone. Carrubba pone l'apparentemente semplice domanda: a che serve la cultura? Mi viene da rispondere altrettanto semplicemente: a vivere meglio. A capire più a fon­do il senso della vita e del nostro essere al mondo, a esprimerlo a renderlo evidente in una forma: un quadro, una parola, un gesto.

 

Sia Carrubba che Bondi hanno poiscritto che com­pito della cultura è difendere l'identità, lo sottoscri­vo. Seriza dover diventare elemento dj chiusura, la nostra identitàculturalevacustoditaerafforzata.per-ché soltanto chi è consapevole di sé è pronto al dialo­go con l'altro. Di contro, debbo dire che certa accon­discendenza relativista mi pare sempre più il rove­scio scialbo della stessa medaglia dell'intolleranza

 

Ma passo rapidamente alla parte dei discorsi di Carrubba e Bondi che più mi riguardano e che chia-mano in causa nel ruolo di ministro degli Affari este­ri. Non mi sfugge, va da sé, il ruolo politico che ha la cultura: proprio nell'etimo di politica, di governo dellacosapubblica, insomma, la cultura e in partico­lare la cultura italiana è un formidabile strumento di sviluppo e insieme di promozione complessiva del nostro Paese nel mondo. L'idea di affidare alla cultura il compito di promuovere - accanto all'im­magine - anche l'impresa italiana ha caratterizzato la mia precedenteresponsabilitàallaFarnesina sot­to l'impulso del Presidente Berlusconi, al quale pri­ma di tutto si deve il nuovo indirizzo di una diplo­mazia italiana al servizio dello sviluppo del Paese.

 

Ma il gemellaggio cultura-sviluppo economico non è solo funzionale ai protagonisti italiani del mercato. È vitale per la stessa cultura, la cui produ­zione e promozione sempre di-più ha bisogno di ri­sorse private. Ed è anche vitale, soprattutto se sarà capace di portare il meglio della cultura d'impresa proprio nell'ambito della promozione e della pro­duzione culturale: il che significa - certo rifuggen­do da ogni tentazione di Minculpop - non rinuncia­re però all'idea di inserire nel pluralismo della pro­duzione qualche idea forte, omogenea, capace di es­sere il "segno" di un piano della comunicazione ita­liana anno dopo anno, Il che significa utilizzare di più i prodotti - farli circolare - e realizzare nello stesso tempo economie di scala e caratterizzazioni di un'immagine italiana altrimenti abbandonata al­la dispersione delle tematiche e delle risorse.

 

Proprio in funzione di queste rinnovate esigenze ha ragione Bondi nel richiamare il tema e il ruolo degli Istituti italiani di cultura all'estero. Agli Istitu­ti spetta il compito e l'ambizione di poter essere la macchina della lingua e dello stile italiano, del ma-de in Italy; Sono a tal punto d'accordo con il suo ri­chiamo dall'aver deciso di trattenere nella mia di­retta responsabilità la delega per la cultura. Soprat­tutto per portare acompimento in questo ciclolegi-slativo - sono certo con il concorso dell'opposizio­ne - una nuova legge sugli Istituti (a oltre 20 anni dalla legge di Gianni De Michelis) capace di moder­nizzarne il ruolo e di farne la vera punta di lancia di una «voglia di Italia» che molti segnali ci dicono mai sopita. Al contrario in ripresa, come dimostra la crescente richiesta di iscrizioni ai corsi di lingua italiana in tutto il mondo.

 

Io stesso mi sono battuto a Bruxelles - il cui Istitu­to deve tornare al rango chegli spetta - perché le no­stre imprese, e Confindustria inparticolare attraver­so il braccio scientifico della Luiss, prendessero per mano il sogno di una scuola italiana nella capitale d'Europa Idea simbolo di una ritrovata voglia italia­na di ripresa, di orgoglio e, soprattutto, di coraggio

 

Il Sole 24 Ore del 22/5/08