*********************************************************************

Il multilinguismo vi rende liberi: studiate l'inglese!

Una inziativa della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane
senza capo ma con coda (avvelenata).

Chi crede che i politici italiani siano i più ipocriti del mondo -
dicono una cosa e ne fanno un'altra - non e' mai stato a Bruxelles.
A Bruxelles la Commissione europea si e' addirittura dotata di un
Commisario al multilinguismo, lo slovacco Jan Figel, e gli uffici
di questo commissario hanno prodotto un documento molto
reclamizzato dal titolo "Un nuovo quadro strategico per il
multilinguismo", in cui fa bella mostra di sé all'inizio la citazione
di un proverbio slovacco: "Quante lingue conosci, tante persone sei".

Questo documento, se preso alla lettera, sembra l'apoteosi del
multilinguismo in Europa.  Inizia così: "L'Unione europea è
fondata sull''unità nella diversità': diversità di culture, usi,
costumi e credenze ­ e di lingue. Oltre alle 20 lingue ufficiali
dell'Unione, esistono più di 60 lingue autoctone e dozzine di
lingue non autoctone parlate da comunità di migranti.

E' proprio questa diversità a fare dell'Unione europea quello
che è: non un 'melting pot' in cui le differenze si fondono,
bensì una casa comune in cui la diversità viene celebrata
e le nostre numerose lingue materne rappresentano una
fonte di ricchezza e fungono da ponte verso una solidarietà
e una comprensione reciproca maggiori."

E via di questo passo con voli pindarici sulla capacità di
comprendere e di comunicare in più di una lingua ­ una
realtà quotidiana per la maggioranza degli abitanti del
pianeta ­ che rappresenterebbe un obiettivo auspicabile
per tutti i cittadini europei: ci stimola ad aprirci a culture
e a punti di vista diversi dai nostri, migliora le nostre
capacità cognitive e le competenze nella nostra
madrelingua." Ed emergono a ben leggere anche
dispiaciute considerazioni come la seguente:
"Si registra inoltre un aumento della tendenza a intendere
per 'apprendimento delle lingue straniere' semplicemente
'apprendimento dell'inglese'; la Commissione, da parte sua,
ha già fatto notare che 'l'inglese non basta'."

Quello che veramente, pero' interessa l'Unione europea,
si vede nella pratica: non e' mai stato rimproverato nessun
Paese per il mancato insegnamento di una lingua straniera
(l'Inghilterra ha progressivamente ridotto le cattedre per
l'insegnamento di lingue straniere) e sono state variamente
ridotte a vantaggio dell'inglese le lingue impiegate dagli uffici
dell' Unione, per cui oggi è più facile essere assunti a
Bruxelles per un australiano che per un italiano. Non ci
credete? Chiedete in che lingue vengono sostenute le
prove per l'assunzione. Non in italiano e non in tutte quelle
che non siano inglese, francese e tedesco. In altre parole
noi paghiamo le tasse ma non abiamo diritto di concorrere
a parità di possibilità con i parlanti dei paesi di serie A.
Su tutto questo il commissario Figel, tace, quando non parla,
rigorosamente in inglese, in convengi internazionali sulla
bellezza del multilinguismo.

Ed i rettori delle universita' italiane? Si adeguano. Anche
loro "tengono famiglia". Perciò hanno prodotto un documento
sul progetto B1 on line senza alcuna coerenza interna ma
con una coerenza esterna, per i produttori di corsi di inglese.
L'inizio, il capo del documento che parla dulle motivazioni del
progetto sembra copiare il documento europeo parlando di
conoscenze linguistiche in generale e di norme italiane che
a queste si riferiscono. Citano, i rettori, l'art. 7, comma 1,
del D.M. 509/1999 che stabilisce che per conseguire la
laurea lo studente debba aver acquisito 180 crediti,
comprensivi di quelli relativi alla conoscenza obbligatoria
di una lingua dell'Unione Europea oltre l'italiano.

Poi gettano la maschera verso metà del documento e,
dimenticandosi delle premesse sul multilinguismo (cappello
per i gonzi), vengono al dunque: "il progetto B1 on line ha
pertanto come primo obiettivo la realizzazione di un modulo
di formazione a distanza di 75 ore, integrato con altre 25 ore
di assistenza/tutorato da parte dell'università per il tramite delle
sue strutture (Centro Linguistico di Ateneo, Laboratorio
linguistico, Lettori di madre lingua, etc..). Tale modulo di
formazione sarà progettato e realizzato dall'University of
Cambridge in collaborazione con la Fondazione CRUI
che provvederà alla formazione del personale universitario
da dedicare al progetto e alla diffusione tra gli studenti. 
Il modulo sarà acquistato dagli atenei per ciascuno studente
o dagli stessi studenti e, orientativamente il suo costo può
essere stimato intorno ai 90 Euro."

In altre parole voi universita' abbandonate quello che state
facendo con i vostri docenti ed eventualmente per alcune
lingue e concentratevi nel trovare i soldi per acquistare questo
pacchetto preparato dai docenti della University of Cambridge.
Questo rigaurda l'inglese e solo l'inglese. Che esistano
altre lingue della unione europea non viene nemmeno
preso più in considerazione dai nostri rettori.

I quali, Dio li riposi, affaccendati come sono a trovare soldi
per pagare questi corsi non hanno avuto ovviamente tempo
per leggere il Rapporto Grin. Il rapporto Grin, commissionato
da una agenzia educativa nazionale francese, e redatto da un
noto studioso di politica linguistica della Università di Ginevra,
mostra con tutti i calcoli  quanto l'Inghilterra riceve ogni anno
per il fatto che gli altri Paesi europei insegnano l'inglese.
Si tratta in sostanza di poco meno di 20 miliardi di euro,
praticamente l'importo di una legge finanziaria italiana.

Un importo ancora superiore, 25 miliardi di euro, secondo
il professore di Ginevra, sarebbero risparmiati ogni anno se
gli europei riuscissero ad uscire da questa mania
dell'insegnamento solo dell'inglese ed insegnassero le
varie lingue europee ed in più l'esperanto, una lingua
tra l'altro molto economica.

Di fronte ad una conclusione così logica anche il nostro
commissario europeo per il multilinguismo, Jan Figel, prova a
difendere le ragioni dell'inglese, cercando di glissare rapidamente
nella nota 5 del citato  "Un nuovo quadro strategico per il
multilinguismo", su queste questioni e di escludere di considerare
l'esperanto, perche' non ha cultura, affermazione ovviamente di
comodo e senza basi nella realtà. Tanto i 25 miliardi non è
che li paghi lui di persona. Li pagano i contribuenti europei.

Renato Corsetti
docente di psicopedagogia del linguaggio e della comunicazione
dell'Università La Sapienza di Roma e membro del Consiglio
scientifico dell'associazione Allarme Lingua www.allarmelingua.it

www.disvastigo.it 289/1 22/05/06

*********************************************************************