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L'inglese nell'Unione europea: ecocatastrofe linguistica e culturale

Chiti-Batelli, intervistato da Disvastigo su La Cronaca d'Abruzzo del 28
giugno, ribadisce   che per l'Unione europea sia necessaria una lingua
franca e che questa lingua non possa essere che l'inglese, che acquista
terreno giorno per giorno in ogni campo della vita economica e sociale. Fin
qui nessuna novità per la stragrande maggioranza dei lettori perché ai
fatti di lingua non si dà gran peso e "tanto c'è l'inglese" fa sentire
tranquilli tutti quanti, ma Chiti-Batelli rivela un terrificante rovescio
della medaglia: la distruzione delle altre lingue e culture, secondo la
legge della sociolinguistica che prevede il prevalere della lingua della
potenza egemone con effetto devastante per le altre.

Secondo Chiti-Batelli i fautori dell'inglese, e in particolare i
glottodidatti, tacciono o sottovalutano ipocritamente e colpevolmente
questo aspetto (l'ex ministro della P.I. Tullio De Mauro, noto linguista,
ha affermato"L'inglese ha una funzione trasglottica e la presenza di una
lingua transglottica non ha mai cancellato le altre" e ancora "Non
perdiamoci in inutili allarmismi, proprio mentre il latino s'imponeva come
lingua ufficiale da un estremo all'altro d'Europa, si formavano le lingue
romanze"). Chiti-Batelli chiarisce in un passaggio saltato per ragioni di
spazio da La Cronaca d'Abruzzo le vicende del latino in risposta anche alle
affermazioni di De Mauro: ". Il latino è stato ferocemente glottofago e ha
distrutto in radice, nell'Europa antica, le lingue dei popoli e territori
in cui si è esteso l'Impero romano, a cominciare da quella dei miei
antenati, gli Etruschi. Ma, una volta che la lingua di Roma ha cessato di
essere lingua di un Impero e- cosa forse ancor più importante- non è stata
più lingua materna di un popolo, essa ha potuto restar per molti secoli
lingua della cultura, della scienza, della Chiesa senza per questo impedire
lo sviluppo dei volgari e delle altre lingue del vecchio continente: il suo
effetto glottofagico è, nel Medioevo, interamente cessato".

Per Chiti-Batelli l'unica salvezza potrebbe venire da una lingua che non
sia materna per nessuno e potrebbe quindi essere la lingua franca senza
minacciare di distruzione le altre, anzi rispettandone e proteggendone la
preservazione, e tale lingua pronta all'uso non potrebbe essere che
l'esperanto. E la legge della sociolinguistica ? Ecco il punto:
"all'esperanto manca per ora ­ ed è l'essenziale- la forza politica, il
propellente capace di porlo in orbita", che potrebbe esser costituito
dall'Ue trasformata in un vero stato federale che avrebbe bisogno
all'interno di una lingua federale ufficiale  che non privilegi nessuno dei
suoi membri e sentirebbe l'esigenza all'esterno di contrastare l'egemonia
dell'inglese , che non è solo linguistica, ma si traduce "fatalmente anche
in un effetto di dominanza politica".

Alla domanda se non ci resta che aspettare passivamente che si formi la
federazione europea Chiti-Batelli risponde:

"No. Questa è la strategia che vorrei suggerire: accettare per il momento-
dura lex, sed lex- l'inglese, che hic et nunc non ha alternative, stante
l'attuale equilibrio, o piuttosto squilibrio, di potere internazionale. Ma
battersi, contemporaneamente, sul duplice fronte della denuncia dei rischi
gravissimi da ciò derivanti, a medio termine, non solo per le lingue, ma
anche per le culture dei popoli europei, che, private degli idiomi che le
esprimono, saranno anch'esse progressivamente annientate in una squallida
anglolalia universale, e dell'impegno deciso e convinto per la
realizzazione della Federazione europea, cooperando attivamente con i
movimenti che perseguono quel fine. Ma il tempo stringe e presto sarà
raggiunto il punto di non ritorno. Donde la necessità di impegnarsi subito,
e con energia, in questa battaglia, mettendo sempre in primo piano qual è
la posta in gioco: la sopravvivenza, ovvero la distruzione, dell'"identità
europea", che consiste tutta, e si riassume, nella pluralità delle sue
lingue e culture. Scongiuriamo, finchè si è ancora in tempo, questa
eco-catastrofe linguistica che ci minaccia sempre più da vicino, minaccia
non meno grave di quella costituita dall'eco-catastrofe ambientale, e di
cui invece si è preso, finora, ancor meno coscienza."

Giorgio Bronzetti
www.disvastigo.it 300 28/07/06