25.09.2004 Alpazur

Il Sole 24 Ore sull’esperanto

Domenicale 19/09/04 pagina 28

http://www.disvastigo.it/2004/Il_Sole_24Ore_19_09_2004.htm

Picasso (1) adversus Casati

Capita raramente di leggere sulla stampa italiana dell’opzione esperanto per il problema della comunicazione internazionale, e, quando qualche lettore si azzarda a confutare delle affermazioni circa la “lingua internazionale”, l’opinionista, fisso o di turno, non manca perlopiú di ridicolizzare la cosa con luoghi comuni e con pure illazioni senza possibilità di replica (2). Si veda il mio articolo “La stampa italiana e l’esperanto” in www.disvastigo.it/approfondimenti_18.htm

Questa volta il lettore intervenuto ha trovato un interlocutore, sembra, tutto sommato, ben disposto al dialogo e c’è da sperare che il discorso continui e ci sia la possibilità di chiarire qualche concetto in modo acconcio.

Marco Picasso, per i suoi trascorsi impegni nella redazione di una rivista di interlinguistica, non ha bisogno di sostegno. Tuttavia, se mi è consentito interloquire, mi limiterò a qualche breve osservazione che spero sia presa in considerazione:

§ Circa il pericolo di dialettizzazione: l’esperanto, lingua internazionale per definizione, per nascita, come seconda lingua non correrebbe questo pericolo (che del resto finora non si è manifestato minimamente). Il suo uso interculturale eliminerebbe l’impiego di espressioni idiomatiche troppo locali mentre radio e televisione avrebbero una funzione normalizzatrice.

§ § Circa gli asseriti non costi eccessivi della comunicazione UE e gli eventuali maggiori costi per la diffusione dell’esperanto, si è pensato agli immensi costi sociali della diffusione intensiva di una lingua etnica nei confronti dell’esperanto, che, si è calcolato, risulta almeno 10 volte piú accessibile? (3)

§ § Circa le ragioni della non affermazione, aggiungerei quella politica o, almeno, la mancanza di una volontà politica di risolvere il problema della comunicazione in modo semplice, giusto, cioè, senza discriminazioni e senza degrado delle lingue etniche. L’occasione del tutto unica viene oggi offerta dall’Unione Europea specialmente con l’entrata dei paesi dell’est. La stampa dovrebbe contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica perché si chiariscano certe istanze e vengano fatte proprie dai politici.

§ § E’ auspicabile, infine, che la cosiddetta lingua franca non sia una lingua etnica (ecco perché, Roberto Casati, uno dei desideri utopici degli esperantisti non potrebbe essere soddisfatto dall’inglese, che avrebbe un effetto distruttivo per le altre lingue e culture.

Giorgio Bronzetti

Note

(1) Marco Picasso, giornalista milanese, studioso per passione di interlinguistica è stato caporedattore di Lingua Verde, periodico di cultura interlinguistica degli anni 80/90, autore tra l’altro di “Parole in gioco”, “un viaggio nel mondo delle curiosità linguistiche, etimologiche, falsi amici tra le lingue italiano e esperanto” e di un romanzo originale in esperanto “La Tunelo” (il tunnel). Collabora anche con l’agenzia Disvastigo specializzata bei problemi della comunicazione internazionale.

(2) Un caso classico, emblematico di certe riserve mentali, è un articolo apparso su un settimanale anni addietro in cui si affermava che gli esperantofoni non potevano capirsi neanche per informarsi sullo stato di salute uno dell’altro. Infatti, si sosteneva, il francese avrebbe chiesto: come ti porti?, l’inglese: come fai?, il tedesco: come va?, l’italiano: come stai in piedi?, mentre in esperanto esiste il verbo «farti» che significa “stare in salute” e che non può prestarsi al minimo equivoco. (

(3) Secondo una ricerca dell’Accademia delle Scienze Ungherese effettuata in occasione della Giornata delle Lingue Europee del 2002, ogni anno l’1,5% degli abitanti di un paese si affaccia nel mercato del lavoro che richiede una conoscenza linguistica. Si è calcolato che, dei 340 milioni di abitanti dell’Europa non di lingua inglese, 5 milioni (1,5%) dovrebbero ogni anno imparare in modo produttivo l’inglese. Si calcola, inoltre, che, per ottenere un livello di conoscenza linguistica utilizzabile per l’occupazione, siano necessarie almeno 2000 ore, cioè un anno intero di studio intenso senza poter lavorare (altri parlano di 10.000 ore!), equivalenti (5 euro x 2000) a 10.000 euro di mancato guadagno, o, meglio, di lavoro non retribuito. In Europa sarebbero necessari ogni anno 10 miliardi di ore di lavoro o 50 miliardi di euro. Tale importo aumenterebbe notevolmente, anche se il rapporto dell’Accademia Ungherese non lo dice, se si considerano i costi dell’educazione scolastica e le spese per seguire i corsi dei vari English Institute disseminati dovunque. Sono inoltre aumentati gli abitanti dell’Europa Unita da 400 a 455 milioni.

G.B.