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08 Marzo 2006 - 17:38


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08/10/2005 interviste
Esperanto, a colloquio con Giorgio Bronzetti

Nelle 25 nazioni dell'Unione Europea il 49 per cento parla due lingue, prevalentemente l'inglese, seguito dal tedesco (12 per cento) che ha superato il francese (11 per cento). In Italia il 36 per cento conosce due lingue, il 64 per cento dunque parla solo l'italiano o il dialetto.


di CESARE D'INGIULLO
E' in programma probabilmente a Firenze nei prossimi mesi (ma la data è ancora da fissare) il nuovo raduno mondiale degli esperantisti. Ne parliamo con Giorgio Bronzetti, aquilano residente a Chieti, 69 anni, fondatore del gruppo di Chieti in difesa dell'esperanto e della lingua italiana, esperto di lingua e culture che già nel 1955 fece parte del comitato organizzatore del primo congresso mondiale di esperantisti che si tenne all'Aquila. Allora, alla manifestazione durata una settimana vennero anche organizzati eventi teatrali, folkloristici, sportivi e oratori. Il premio finale fu aggiudicato dal gruppo Yugoslavo.

Bronzetti, come è venuto a conoscenza della lingua internazionale esperanto?
Ho scoperto questa lingua per caso rovistando nella cantina di casa mia, trovai delle vecchie riviste che parlavano di esperanto, avevo quindici anni. Scoprii però l'efficacia di questa lingua quando scrissi a un ex paracadutista tedesco che avevo conosciuto durante la guerra la prima volta in inglese e la seconda in esperanto e lui mi rispose con la stessa lingua.

Perché poi ha creduto giusto continuare a diffondere questa lingua?
Nell'immediato dopo guerra me ne andai in giro per l’Europa a piedi o in autostop, conoscendo altri giovani che come me sentivano la necessità di comunicare usando una lingua che non apparteneva a nessuna nazione e che quindi poteva essere la seconda lingua di tutti. L'esperanto nel dopo guerra era la lingua della pace.

Che origine ha questa lingua?
La base di quella che poi divenne la lingua internazionale esperanto venne pubblicata a Varsavia nel 1887 dal dottor Ludovico Lazzaro Zamenhof. L'idea di una lingua pianificata internazionale che non dovesse sostituire le lingue etniche ma semmai fare da lingua aggiuntiva non era certo nuova. Però Zamenhof capì che dal momento che questa lingua doveva avere un uso collettivo era necessario limitare al massimo la quantità di parole e facilitare la grammatica. Oggi l'esperanto è una lingua pienamente sviluppata e utilizzata in campo internazionale con forme di espressioni pienamente compiute.

Quali sono le conseguenze dell'uso di una lingua etnica come lingua internazionale rispetto all’uso di una lingua come l’esperanto?
C’è una tendenza prevista dalla sociolinguistica come inevitabile, che la lingua di un paese egemone tende ad eliminare le altre, come è gia avvenuto in passato con il latino che cancellò per sempre lingue come l’osco o l’ etrusco. Questa tendenza potrebbe essere arrestata se i cittadini europei e del resto del mondo consapevoli di ciò che è in gioco riuscissero ad adottare una lingua internazionale non etnica.

Lei pensa che l’esperanto possa diventare in futuro la lingua ufficiale internazionale?
Per arrivare a questo ci vuole l’inpegno di uomini e donne del mondo politico, a tal proposito è interessante sapere che una donna polacca che fa parte della comunità europea si sta impegnando per il riconoscimento dell'esperanto come lingua internazionale ufficiale.

Per quanto riguarda la difesa dell’ Italiano come si sta muovendo?
L’inziativa più importante è quella avanzata al Senato tramite Lucio Zappacosta senatore di Alleanza Nazionale: l'idea è quella di festeggiare la lingua italiana il 4 ottobre, festa di San Francesco patrono d’italia. Una risposta alla svalutazione in sede europea della nostra lingua che non viene più usata nelle conferenze stampa.
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