14.01.05 Corr.AltoA.

EUROPA

Pluringuismo nella Ue La soluzione è l'esperanto

Ho letto lempo fa le critiche di uno stuolo di insegnanti della lingua tede­sca nei confronti del chiarissimo pro-fessor Hans Drumbl e la puntuale de­scrizione esposta da una cortese e sen-. sibile lettrice di Dobbiaco sulla situa-

zione della difficile convivenza in que-sta provincia, ancorché se la additi a. modello. E pensare che qui occorre aver la «conoscenza» o meglio la «pa­dronanza» di solo due lingue. Come potrà essere ancora sostenibile una si-:uazione lingustica nell'Ue, anche se si propone un «plurilinguismo artico­lato» inglese-francese-tedesco come soluzione per le istituzioni dell'Ue?

Dal primo maggio 2004 infatti gli Stati membri dell'Ue sono 25, le lin­gue «ufficiali» 20, le combinazioni di traduzione 380. Nel 2007, con l'in­gresso della Romania e Bulgaria, 462 saranno le combinazioni di traduzio­ne e nel 2009, con l'adesione della Croazia, esse saliranno a 506 ! Nel 2003, prima dell'allargamento da 15 a 25 Stati membri, 11 erano le lingue uf­ficiali e 110 le combinazioni di tradu­zione. Nel 1951 quando fu fondata la prima delle istituzioni europee, la Ceca, i Paesi membri erano sei e le lin­gue quattro. Nel 1957, quando con il Trattato di Roma venne istituita la Cee, gli interpreti funzionari erano 15. La situazione, attualmente e in un prossimo futuro, è ancora razionalmente sostenibile? Non-.sembra: non tanto per i costi quanto per il tempo necessario per la traduzione dei do­cumenti e soprattutto per la corretta interpretazione e per un efficiente e efficace funzionamento degli Organi comunitari. Un delegato parla in una lingua che l'interprete non conosce e quindi si collega con l'audio di un al­tro interprete, che sta traducendo m un'altra lingua I da lui padroneggiata, e traduce da quella lingua. Sono ine­vitabili le omissioni, i fraintendimen­ti, i malintesi.

Soprattutto è evidente che i delegati non sono tutti in posizione di pa­rità in contrasto al diritto di parità lin­guistica sancito. In pratica nell'Ue è l'inglese la lingua ufficiale più usata e sempre più influente, mentre france­se e tedesco mantengono una loro im­portanza e le altre lingue sembrano fuori gioco. Eassenza di una lingua co­mune è una variabile insidiosa. Nes­suno, però, deve imporre una lingua materna a un'altro, quale essa sia. LUe deve, perciò, difendere il suo pa­trimonio linguistico e quindi cultura­le. Fattore unificante potrebbe essere un idioma pianificato con le seguenti caratteristiche: essere paneuropeo, funzionante e collaudato, semplice e regolare. Tali requisiti possiede l'e­speranto.

Renzo Segali;», Bolzano