Al presidente della Regione e al capo della diplomazia slovena è stata regalata la pietra miliare del confine Entrambi l’hanno sollevata al cielo, quasi fosse un trofeo di pace e cooperazione

Il Friuli nel cuore della nuova Europa

Maurizio Cescon

Illy e il ministro Rupel a Stupizza: evento epocale, viviamo in un mondo senza barriere

 

STUPIZZA. La sbarra di legno bianca e rossa posta su due cavalletti in quella che era la terra di nessuno è caduta venti minuti dopo mezzanotte: è stata segata dai sindaci di Pulfero e Caporetto. Così il Friuli è diventato il crocevia d’Europa, in un tripudio di bandiere e davanti alla folla, circa 1500 persone, che applaudiva.
Il vecchio confine tra Italia e Slovenia è stato definitivamente cancellato sotto gli occhi compiaciuti del presidente della Regione, Riccardo Illy, e del ministro degli Esteri sloveno Dimitri Rupel, che si sono stretti in un caloroso abbraccio, mentre la luna e i fuochi d’artificio illuminavano la notte.
Poco prima, nel tendone sotto il quale si è svolta la cerimonia ufficiale, il presidente Illy ha detto di essere «entusiasta per questa festa straordinaria. Il termine giusto per definire questa giornata – ha aggiunto Illy – è evento epocale. Siamo venuti qui a Stupizza perché proprio le Valli del Natisone negli ultimi sessant’anni hanno sofferto più la divisione della guerra fredda. E da oggi in poi saranno proprio queste terre a beneficiare più delle altre della scomparsa dei confini. E’ un momento magico, che si è avverato».
Il ministro Rupel ha ribadito il pensiero di Illy: «Sono orgoglioso e felice di poter essere qui. E’ un evento che ha un grande significato per tutta l’Europa. Sono commosso perché siamo tutti qui insieme in un momento così importante. E’ una notte per essere felici, in un mondo senza confini».
A Illy e Rupel è poi stata donata una pietra miliare del confine: entrambi l’hanno sollevata al cielo come un trofeo di pace.
L’ultima giornata di uno dei confini più tormentati e contesi d’Europa, prima della festa serale con fiaccolata, giochi d’acqua, esibizioni e Inno alla gioia, si è consumata in fretta. Il clima è stato più indulgente dei giorni passati. Il sole ha inondato le valli del Natisone, luce d’inverno sui boschi spogli, sulle borgate di poche case appollaiate in alto, sui campi arati. Un veloce susseguirsi di curve prima di arrivare al valico: Sanguarzo, ponte San Quirino, Pulfero, Stupizza, il Natisone che scorre sulla sinistra, la valle che si incupisce e diventa più stretta man mano che si avanza.
Qualche timida ma graziosa luminaria a Pulfero. Ancora una curva e finalmente la frontiera. A Stupizza fa già quasi buio: il sole, in questa stagione, si vede per un paio d’ore, fino alle 15.30 e il freddo si fa improvvisamente più pungente, il termometro precipita e si ferma a zero gradi. I militari della Guardia di finanza hanno cominciato l’ultimo turno alle 18. Sono in due, scelti in base alla normale rotazione. Nella storia, loro, ci entrano per caso, senza sgomitare: sono il finanziere scelto Davide Del Gobbo, 32 anni, di Udine, e il finanziere Livio Chiricozzi, 26 anni, di Viterbo. Appartengono al Comando compagnia di Cividale e da oggi cambieranno mansioni.
Quassù si respira aria da rompete le righe, da ultimo giorno di scuola. Le auto arrivano a ondate. Per qualche minuto non c’è anima viva, poi si incolonnano in tre o quattro. Il conducente abbassa il finestrino, mostra la carta d’identità. Dai finanzieri un cenno con la mano e si riparte. Qualche automobilista sorride: «E’ finita vero? E’ l’ultima volta con i documenti, giusto?». I militari fanno sì con la testa, e poi fanno cenno di andare, che non è ancora ora di celebrazioni. In mezzo, nella terra di nessuno, sulla destra, è stato allestito il tendone bianco che ha ospitato l’evento. Regia di Marjan Bevk e fitta serie di esibizioni di cori, gruppi teatrali, cantanti e attori. All’esterno, legati ai pali della luce, tanti palloncini blu, unico segno tangibile della festa.
Ancora qualche metro e si arriva al gabbiotto sloveno. C’è un unico agente di frontiera. Dall’età sembra vicino alla pensione e sorride a tutti quelli in transito, beato come un bambino. Non chiede i documenti, non controlla, non aggrotta le ciglia, nè allunga il collo per sbirciare cosa c’è nei sedili posteriori dell’auto. Ma come potrebbe essere diversamente a poche ore dalla fine di tutto? Di là il primo paese è Robic, da dove è partita la fiaccolata, con i giovani imbacuccati per ripararsi dal gelo. Poi, tra distese di terreni coperti dalla brina e in mezzo a qualche banco di nebbia, si arriva a Caporetto, Kobarid in sloveno. Qua è proprio una ghiacciaia, meno 5 gradi e non è ancora sera. Il museo della Prima guerra mondiale è aperto, 90 anni fa si è fatta la storia, quella con la S maiuscola. Nemmeno a Caporetto celebrazioni particolari per la caduta definitiva del confine, la gente sembra indaffarata, pensa ad altro. Atmosfera natalizia un po’ rarefatta nelle ulica principali, in compenso tante insegne pubblicitarie, di ogni genere: vent’anni fa, quando c’era la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, sarebbe stato impensabile.
Ad attraversarlo adesso, il confine di Stupizza, nel suo ultimo giorno di esistenza, sembra uno scherzo. Ma in passato da queste parti si è respirato l’odore del sangue. Guerre ed esodo. Ideologie e propaganda. Odio e deportazioni. Dolore e lacrime. Basti pensare a quante volte è cambiato questo confine, in meno di 150 anni, come una fisarmonica impazzita. Cippi che si spostavano, bandiere che si ammainavano. E in mezzo sempre la stessa gente, i valligiani tra il Natisone e il Torre, gelosi della loro lingua proto-slava (il po nasin a Lusevera e Taipana), e delle loro tradizioni. Da oggi si riuniscono, senza barriere in mezzo: un evento storico, senza retoriche.
Nel 1866, finita la Terza guerra d’Indipendenza vinta dal Regno d’Italia, arrivano i soldati dei Savoia e in Friuli finisce il dominio austriaco. Il cippo di frontiera è sul Judrio. Dall’altra parte restano ancora Cervignano, Gradisca, Cormons, Gorizia, Grado. E più a nord Tarvisio. Tutti sotto l’amministrazione austro-ungarica. Tra il 1915 e il 1918 il bagno di sangue della Grande Guerra, le battaglie dell’Isonzo, la rotta di Caporetto, il Friuli nuovamente occupato. Un anno solo, poi nel 1918, Vittorio Veneto. Stavolta il confine orientale si dilata verso Est. L’Italia si prende tutta la valle dell’Isonzo, si spinge fino a Tolmino, Idria, Aidussina, Postumia, oltre ovviamente a Gorizia, Monfalcone, Trieste e l’Istria intera. E’ il periodo di massima espansione, coincidente con il regime di Mussolini. Ma passano appena vent’anni ed è già ora di un altro ribaltone. L’Italia esce con le ossa rotte dalla Seconda guerra mondiale e gli alleati fanno pagare il conto più salato proprio sul confine orientale. Le rivendicazioni territoriali del maresciallo Tito arrivano fino al Tagliamento. Poi la diplomazia delle trattative porterà all’assetto dei confini tra Italia e Jugoslavia, quello che abbiamo conosciuto più o meno fino a oggi: Trieste italiana, Caporetto e l’Istria no. Nascono i valichi di seconda categoria: Polava, Prossenicco, Molinvecchio, Robedischis, ponte Clinaz, solo per citarne alcuni in provincia di Udine. Sbarre che si alzano in mezzo ai boschi delle valli del Natisone: di qua un mondo, di là un altro, opposto. Le popolazioni di confine, per andare da una parte all’altra, possono usare il «lasciapassare», un libretto grigio e spesso che sostituisce il passaporto. Nei primi anni i passaggi sono contingentati, 4 al mese. E per chi ha parenti dall’altra parte è una vera sofferenza. I controlli sono rigidi, gli sguardi dei poliziotti (serbi, montenegrini, croati o kosovari) torvi. «Dichiara»? E’ l’unica parola che ti rivolgono, chi sgarra non la passa liscia. Lunghe spiegazioni in ufficio e a volte la merce in eccedenza, spesso carne o sigarette, che deve essere abbandonata sul posto.
Il disgelo si avvia nel 1989, con la caduta del muro di Berlino. Da lì si innescherà il processo di disintegrazione della ex Jugoslavia. Nel 1991 la Slovenia si proclama indipendente e anche al confine orientale le cose, finalmente, cominciano a cambiare in meglio. Il passo decisivo sarà l’integrazione della giovane e dinamica repubblica di Slovenia con l’Ue. Il primo maggio 2004 Lubiana entra nel salotto buono dell’Europa che conta e Prodi, allora presidente dell’Unione, è uno dei cerimonieri. Ma non è tempo per Schengen. Le normative tra le polizie devono armonizzarsi e ci vuole ancora un po’ di pazienza.
Oggi, 21 dicembre 2007, è il primo giorno senza confine. Una data attesa, voluta. Una porta aperta per un futuro ricco di prospettive, ma ancora da costruire. Dipenderà dalla gente, dalla politica, dalle istituzioni. Ma il domani, per la prima volta, è nelle mani di chi vive queste terre. Senza un confine di mezzo.

(21 dicembre 2007)

Il Messaggero Veneto