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LO STOP ALLA TUTELA
L’accusa alla Regione: avete superato le vostre competenze
L’obiezione del governo: così si creano disparità tra i cittadini

Il governo impugna la legge sul friulano

Sonia Sicco

Il consiglio dei ministri si rivolge alla Consulta:
«C’è il rischio di un regime di bilinguismo»

 

TRIESTE. Il Consiglio dei ministri ha deciso ieri all'unanimità di impugnare davanti la Corte costituzionale la legge regionale sulla lingua friulana, approvata il novembre scorso dal Consiglio regionale. Le norme impugnate - ha reso noto il ministero degli Affari regionali - «oltre ad apparire in contrasto con numerosi princípî costituzionali, esorbitano dall'oggetto della legge, la tutela della lingua friulana, e prefigurano un regime di sostanziale bilinguismo e, per taluni aspetti, di esclusività della lingua friulana».
Rilievi sono stati mossi su più punti della legge, relativi all’insegnamento della marilenghe nelle scuole, l’uso del friulano negli uffici pubblici fuori dai territori di applicazione della legge, la traduzione in italiano, l’uso dei toponimi.
La decisione di impugnare il provvedimento «è giunta al termine di un intenso lavoro di confronto tra il Dipartimento degli Affari regionali e Autonomie locali e la Regione Friuli-Venezia Giulia. Nonostante l’impegno delle parti non è stato possibile superare alcuni rilievi di costituzionalità».
La decisione non è giunta inaspettata nei Palazzi regionali. I confronti avvenuti tra la Regione e gli uffici del Dipartimento degli Affari regionali avevano evidenziato dei nodi che difficilmente si sarebbero sciolti. Dello stesso ministro agli Affari regionali, Linda Lanzillotta, erano note le perplessità.
La Regione Friuli Venezia Giulia avrà sessanta giorni di tempi per opporre le proprie ragioni di fronte alla Consulta. Se ne parlerà probabilmente oggi stesso, a Orsaria di Premariacco, dove la giunta regionale si riunirà per discutere alcuni temi.
I punti contestati sono cinque, e sono quelli che prevedono un obbligo generale per gli uffici dell'intera regione (compresi, quindi, quelli che si trovano fuori dei confini dell'area individuata come friulanofona) di rispondere in friulano alla generalità dei cittadini che si avvalgono del diritto di usare il friulano. Ci sono poi le norme che, per garantire la traduzione a coloro che non comprendono la lingua friulana, stabiliscono che può essere prevista la ripetizione degli interventi in lingua italiana e quelle che consentono agli enti locali di usare toponimi «nella sola lingua friulana».
Altre norme contestate dal Governo sono quelle che prevedono una sorta di silenzio-assenso per l'insegnamento del friulano a scuola (chi non vuole partecipare a tali lezioni deve dirlo al momento dell'iscrizione) e quelle che fissano in un'ora alla settimana e per l'intero anno scolastico l'insegnamento del friulano (per il Governo violano i principi dell'autonomia organizzativa e didattica della scuola). Il Governo, infine, ha contestato la possibilità che la Regione sostenga l'insegnamento della lingua friulana anche fuori delle aree d'insediamento della minoranza friulana.
Ma la nota diffusa dal Ministero informa anche che in tutta la legislatura si è abbattuto il contenzioso tra lo Stato e le Regioni: si è passati dal 10,5% di provvedimenti impugnati nel primo anno e mezzo di governo Berlusconi (maggio 2004-novembre 2005) al 3,8% di impugnative dei primi 18 mesi del governo Prodi (maggio 2006-novembre 2007). Se si considera il solo 2007, come ha ricordato oggi il presidente della Corte costituzionale, Franco Bile, la riduzione del contenzioso è ancora più consistente: - 53% rispetto al 2006.

(15 febbraio 2008)

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