LE LINGUE DI LAVORO UNA E TRINA

 

GIANLUIGI BECCARIA

 

Francesco Sabatini, presidente dell'Acca­demia della Crusca, in un 'appassionata lezione tenuta all' Università di Roma Tre ha denunciato con forza la politi­ca di imperialismo linguistico e la specifica volontà di domi­nio geopolitico cui stiamo as­sistendo in Europa. Sabatini si mostra giustamente preoc­cupato. Ci ricorda che nell' Unione Europea le ventisette lingue ora in contatto avreb­bero dovuto avere pari digni­tà e rispetto, secondo una po­litica comunitaria che aveva in animo di realizzare una pax linguistica, necessaria per salvaguardare il multilin-guismo dell'Unione. In realtà le cose non stanno andando in questa direzione. Le Auto­rità dell'Unione fanno astrat­ta professione di fede nel mul-tilinguismo, con campagne che esortano allo studio indi­viduale delle lingue altrui. Ma la prassi linguistica inter- na delle istituzioni sta andan­do in tutt'altra direzione. Le «lìngue di lavoro», inizial­mente tutte quelle dei Paesi membri, si sono ridotte a tre: inglese, francese, tedesco. Le ragioni, si dice, sarebbero di natura economica: l'impiego di un numero troppo alto di inter­preti e traduttori. Non possia­mo certo negare che la lingua veramente a disposizione di tutti è una sola, l'inglese. Ne consegue che l'aggiunta delle altre due risulta, a fronte di un ragionamento puramente economico, del tutto pretestuosa. Si sostiene che l'aggiunta del francese e del tedesco dipende da una questione di principio, e cioè l'intenzione di non far con­siderare la lingua inglese quasi lingua ufficiale dell'Unione. Be­nissimo, ma si va subito a di­scriminare tutte le altre lingue dell'Unione. La nostra Avvoca­tura distato ha presentato va­ri ricorsi al Tribunale di Primo Grado delle Comunità Euro­pee a Lussemburgo (l'ultimo è del 17luglio di quest'anno) im­pugnando la validità di bandi per l'assunzione di personale pubblicati e diffusi soltanto nel­le lingue inglese, francese e te­desca e contenenti prescrizioni a favore dell'uso di queste lin­gue nelle prove d'esame. La stessa situazione si ripete nei bandi degli appalti. Questo è inaccettabile. Anche la Spa­gna ha giustamente contestato tale prassi. Finora gli uffici continuano sulla loro strada, come se nulla fosse.

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La Stampa 8/12/07 Tuttilibri p.II