Incredibile ma vero: a volte anche la legge italiana si fa in inglese
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ROMA. Cominciamo con una dichiarazione di intenti: “
a Ginevra il 18 marzo 2004". Il testo del protocollo, di ben 17 pagine, è pubblicato in Gazzetta solo in lingua inglese sebbene l’originale sia stato redatto anche in francese. Non c’è in quelle pagine, e questo è il fatto che ci salta agli occhi, una traduzione in italiano.
quisquilia, una pinzellacchera. A parte il fatto che l’inglese non è fra le lingue ufficiali della Confederazione Elvetica (qualcuno ci ha provato ad introdurlo, ma la delicata sensibilità svizzera da quell’orecchio non ci sente), il nostro problema è un altro, più nazionale, più “nostro”, segno di una certa anglomania che continua a diffondersi anche in Parlamento. Non scordiamoci, infatti, quanto accaduto mesi fa (e che ci fa dire come ai nostri legislatori piaccia sempre più l’uso dell’inglese nelle norme che approvano): in un decreto legislativo si è stabilito che l’eventuale provvedimento di allontanamento dall’Italia di una persona non gradita venga “tradotto in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero in inglese”. Un “ovvero” che, comunque lo si interpreti, rende per legge obbligatorio conoscere quella lingua, tenuto conto che la traduzione in inglese non rappresenta un’ipotesi opzionale, ma ben può costituire l’ipotesi ordinaria. Quindi, all’estremo, c’è una lezione da trarre da questi due “usi ufficiali” dell’inglese (nel provvedimento sul CERN come in quello sulle espulsioni) per una materia nazionale: tutti sono uguali davanti alla legge, ma si salvano dai suoi rigori solo coloro che hanno i soldi, il tempo e la capacità di apprendere una lingua straniera,
Carlo Sarandrea
Cronaca d’Abruzzo 21/2/08