La vera arma dell'Islam? L'arabo classico
Dal Golfo a Ramallah, un asse linguistico contro i dialetti e lo strapotere dell'inglese
Una jihad culturale scuote il mondo musulmano
In tutti i Paesi del mondo i partiti affrontano la crisi della politica spostandosi al centro: perché
«Finché continueremo a discutere in inglese di "dialogue", "balance", "democracy", la gente ascolterà distratta il suono vuoto di parole straniere, occidentali, la retorica di Condole-ezza Rice», osserva Daoudi nella sede dell'associazione israeliana MediaCen-tral, a Gerusalemme. In sottofondo l'eco della battaglia di Betlemme, con i carri armati israeliani a caccia di aspiranti terroristi e cattivi maestri. La solidarietà palese o dissimulata dei suoi connazionali all'attentatore della yeshi-và, che giovedì notte ha ucciso otto studenti israeliani, lo lascia indifferente.
Daoudi, aiutato da 180 attivisti della prima ora, ha studiato le intenzioni di voto e sa che teoria e pratica difficilmente coincidono, soprattutto in Terra Santa: «Il 10% dell'elettorato palestinese attivo convoglia su 35 formazioni laiche che fanno capo a Fatah. Il 9% sull'opzione islamica, ossia Hamas. Resta un 80% vergine, fluido, conservatore e musulmano ma sensibile al richiamo del quieto vivere, la tavola apparecchiata, i figli a scuola». L'uovo di Colombo,
l'ambizione umana alla normalità, il compromesso tra un fiero giorno da leone e cento imbarazzati risvegli da agnello. Una parola magica citata e raccomandata dal Profeta Maometto nella surah della vacca (versetto 143): wasatia, moderazione.
La lingua come guida nel labirinto dell'afasia che divide i palestinesi dagli israeliani, dai palestinesi, dal mondo arabo. Una storia raccontata da molteplici narrative. Domenica il politburo degli Emirati Arabi Uniti ha proposto il ritorno all'arabo classico, il verbo del Corano, come collante identitario per 450 milioni di persone, popoli fratelli ma separati dall'incomunicabilità dei dialetti, le eredità culturali, le necessità. I palestinesi, senza patria, sono i primi a rispondere con un nuovo partito che parla l'idioma comprensibile a Ramallah ma anche a Dubai e Riad.
«Siamo un popolo islamico, legato alle nostre tradizioni», concede Daoudi. Ma cosa c'è davvero nell'album di famiglia? La piccola jihad, la guerra santa contro gli infedeli, oppure la grande jihad descritta dallo studioso francese Gilles Kepel, la sfida interiore al miglioramento individuale? Secondo il fondatore di Wasatia, il Dna arabo e palestinese è impresso nel Corano: «Il Profeta dice
che Allah ci ha creati come una nazione di mezzo, una umma, una famiglia equilibrata». Un mese fa a Ramallah ì compagni di Fatah gli hanno proposto di firmare un documento a sostegno della resistenza incondizionata all'occupazione. Ha rifiutato.
«La moderazione è la forma di resistenza più efficace», continua. Un anno fa, il primo venerdì di Ramadan, il mese sacro dell'Islam, era sul balcone del suo appartamento di Beit Hanina, a metà strada tra Gerusalemme e Ramallah, la vista delle colline spezzata dal muro difensivo costruito da Israele: «Al check-point c'erano decine di palestinesi diretti alla moschea Al Aqsa. I militari non li lasciavano passare. All'improvviso il caos, scontri, spari, fumo, grida». Allarmato, il professore è sceso in strada: «Si erano già accordati, gli israeliani avrebbero trattenuto i documenti dei palestinesi diretti alla moschea e li avrebbero restituiti loro al ritorno». Morale? «I palestinesi volevano solo andare a pregare. Fossero stati ideologizzati come vorrebbe Hamas non avrebbero mai raggiunto un'intesa».
Il giorno successivo Mohammed Dajani Daoudi ha progettato Wasatia, Corano alla mano e nel cuore la bandiera dello Stato che non c'è. Giura d'essere sommerso dalle richieste d'iscrizione: «Se Hamas e Fatah mi lasceranno raggiungere le urne mostrerò al mondo e agli israeliani il volto musulmano e moderato dell'elettorato palestinese». Una De mediorientale per rimettere a posto il dopoguerra.
IL MANIFESTO DI DUBAI
Unire tutti i musulmani
con l'uso della lingua
«come desiderava Allah»
il progetto piace al nuovo
partito di centro nato
in Cisgiordania: Wasatia
NAZIONE DI MEZZO
Lo studioso Dajani Daoudi
«Dobbiamo vederci come
una famiglia moderata»
VOGLIA DI NORMALITÀ
Anche in Palestina cresce
una classe media che vuole
«lavoro, quiete, scuole»
VOGLIA DI NORMALITÀ
Anche in Palestina cresce
una classe media che vuole
«lavoro, quiete, scuole»