Bruno Migliorini uomo e studioso
Due giorni per il grande linguista
DIFFICILE DIRE e raccontare lo splendido Convegno di studi che, per due giorni densissimi nella sala degli arazzi dell'Accademia dei Concordi, ha restituito, passo dopo passo, la figura e l'opera di Bruno Migliorini, ritrovandone la lezione di vita e di studio, il fervore, ma anche, talora, certe impercettibili esitazioni, i ripensamenti, la solitudine di chi è sempre più avanti degli altri e perfino la stanchezza degli ultimi anni. Difficile dire, perché l'uomo era vario e complesso, e perfino (ma proprio a cercare il pelo nell'uovo) contraddittorio, come succede a chi non vuole rinunciare mai, nella ricerca scientifica, all' estro divulgativo. Suddiviso in quattro diverse e articolatissime sezioni (L'uomo e lo studioso, il linguista e lo storico, il lessicologo e, quasi in appendice, il grammatico, il versatile francesista, l'esperantista e il propugnatore dell'educazione linguistica), il convegno si è rivelato come il maggiore contributo alla conoscenza del pensiero e dell'opera di uno dei più interessanti linguisti del secolo scorso e l'alta e qualificatissima partecipazione di studiosi è apparsa un'occasione tanto rara quanto poco accademica, a dispetto di titoli universitari e provenienze illustri.
NON SOLO LIBRI e bibliografie, acuti e divertiti percorsi nel lessico, connessioni e differenze tra lingua e storia, neologismi, giochi a rimpiattino tra nomi propri e nomi comuni, ma anche gli echi di tutto un mondo malnoto ai più e incrostato, per i pochi, nelle pieghe della memoria. Il mondo dei linguisti, tra grammatiche e dizionari, dialetti e italiano "unico e nazionale", ritagli di giornale e congressi, polemiche e compromessi, certi sempre dello stretto rapporto tra la lingua e il tempo, o meglio la storia. Ecco, lo schedario folto e immancabile (ma quello di Folena pare che fosse solamente dentro la sua testa), sempre aperto a qualsiasi ipotesi e curiosità, le sale di consultazione negli eterni pomeriggi aduggianti, i fogliolini ricoperti
per dritto e rovescio di calligrafie minute, le pareti sommerse dagli scaffali. Ah, i nomi che rimandano ad altri nomi (Charles Bally, Alfredo Schiaffini, Bruno Terracini, Giovanni Nencioni e quanti ancora) e libri che si inseguono da una borsa alle tasche del cappotto, da una copertina frugale a una pagina ingiallita e postillata (ancora Folena che scivola dalla biblioteca di Giorgio Pasquali a quella, appunto, di Bruno Migliorini) e lettere a fiumi sempre scritte a mano con la stilografica, su carta intestata e talora sulla paginetta quadrettata di un quaderno di scuola. QUANTE IMMAGINI, quante sparse e invincibili memorie dietro le parole dei relatori. Quanti testi pronti a intrecciarsi con la smisurata opera di Migliorini. E tutto per dirci che la lingua è sempre movimento, in miracoloso equilibrio tra spinte contraddittorie, nel giro vertiginoso di lessicografie e vocabolari, regolarmente rivisitati e talora rifatti nelle etimologie. Bruno Migliorini stava tutto lì dentro, compulsando libri e schede, attendendo fino all'esaurimento delle forze a quella storia della lingua italiana che è l'opera di un vita. Una vita trascorsa tra i colori e le sfumature di uno sterminato paesaggio di parole, maneggiate e consumate nella voce e nella scrittura, capaci di contenere passioni e sentimenti, tic e idiosincrasie, storie personali e collettive. Insomma, la lingua come un grande atlante, capace di essere chiaro e misterioso ad un tempo, affascinante fino alla follia, con i continenti verbali e grammaticali tra mari lessicali e procellosi, in cui ancora oggi ci si avventura sulla solida barca della "Storia della lingua italiana" che Migliorini pubblicò per la prima volta nel 1960.
Il Resto del Carlino 13/4/08