Il bel Paese dove l'okey suona
Si è inserita prepotentemente nel nostro lessico quotidiano questa parolina che ormai risuona sulle bocche di tutti, soppiantando il nostro avverbio della risposta affermativa. Le sue origini non sono certo nobili, se è vero che le due lettere che formano l'acronimo OK. da cui deriva, sono I' errata trascrizione fonetica dell'espressione "All Correct".
«Okey jà», dicono i campani, «okey ne...», dicono i lombardi:
l'avanzata dell'okey ha raggiunto ormai anche i dialetti arricchendosi dei loro intercalari. Oltre i termini del linguaggio tecnico dell'informatica, che sarebbero pur sempre traducibili, ci sono migliaia di termini anglosassoni registrati nei nostri dizionari, che si stanno sostituendo, nell'uso comune, a quelli neolatini.
Sergio Romano, ex-ambasciatore ed ora editorialista del Corriere della Sera, sostiene in un suo recente articolo che la straordinaria avanzata dell'inglese, parlato da cinquecento milioni di persone, molto meno del mandarino (un miliardo e cinquecento milioni), è dovuta al fatto di essere stata la lingua dei due Paesi che hanno avuto negli ultimi due secoli un ruolo determinante nell'avvento del mondo industriale e post-industriale.
«Solo una lingua internazionale neutrale potrebbe permettere alle varie lingue nazionali di evolversi in modo più puro e consono" diceva Lia di Gaetano in un articolo su questo giornale nell'ottobre scorso. Queste prevaricazioni linguistiche rappresentano infatti solo un segnale di egemonia di lino Stato sull'altro, il sintomo di uno strapotere politico, ma soprattutto economico. Chissà se una lingua transnazionale paritaria sarebbe ancora in tempo a fermare l'imbarbarimento delle lingue nazionali ?
I popoli europei, dopo i sanguinosi conflitti del secolo scorso, hanno finalmente intrapreso il cammino verso una pacifica convivenza dentro istituzioni democratiche comuni, da cui ci si augura un futuro di pace e di prosperità. L'unica barriera rimasta eretta fra le nazioni europee è quella delle lingue, la cui diversità è di ostacolo al dialogo e alla comprensione reciproca. Solo una lingua veicolare transnazionale non cercherebbe di sostituirsi alle altre, ma rispettandole, ne saprebbe utilizzare gli elementi comuni per facilitare la comprensione. Questo strumento esiste da più di un secolo e si chiama Esperanto. È una lingua pianificata, volutamente facile, rispettosa delle lingue etniche, che sono un grande contenitore di cultura e tradizioni dei popoli.
Adriana Zannetti Bianchi
Il Caffè settimanale di Caserta del 7/4/06 p.11