«Dare a milioni di persone le conoscenze della sola lingua inglese equivale a schiavizzarli». Mi tornano in mente queste parole di Gandhi leggendo un ampio servizio su La Stampa del 28 settembre 2010. Nel servizio, dal titolo “Parlo meno inglese ma piú robotese” si disserta su quale sarà, su quale dovrebbe essere e su che cosa comporterà la futura lingua unica europea.
Il servizio è interessante e gli argomenti andrebbero sviscerati e sviluppati, ma qui vorrei mettere a fuoco soltanto un punto. Non mi sembra andare nella direzione giusta il vagheggiamento di un’unica lingua che dovrebbe andare a sostituire – o, se preferite, inglobare, fagocitare – tutte le altre. Una tale eventualità (per altro a mio avviso poco verosimile) sarebbe una iattura. Un appiattimento, un’omologazione e anche una sopraffazione su tutte le lingue che non siano quella “vincente”, e di conseguenza un appiattimento anche delle culture.
La soluzione giusta sta, invece, nell’adottare una lingua internazionale, da affiancare a quelle nazionali e non che le sostituisca. Una lingua di tutti e di nessuno, di tutti in generale e di nessuno in particolare, che rispetti tutte le altre lingue, tutti gli idiomi, i dialetti, le parlate e quindi tutte le culture e tutte le identità.
Finora non si ancora arrivati alla soluzione del problema linguistico perché tutti sono d’accordo sulla necessità di eleggere una lingua internazionale, purché si tratti della propria. Ma prendere una lingua nazionale e adottarla come internazionale porterebbe a scegliere non la lingua piú idonea, ma quella del piú forte. È quello che è successo in passato, quando il latino ha fatto sparire le lingue autoctone dei territori conquistati da Roma, quando lo spagnolo e l’inglese hanno fatto scomparire le lingue precolombiane, con il russo imposto a tutte le repubbliche dell’ex Unione Sovietica, e cosí via. E sempre le nuove lingue hanno fagocitato le lingue e le culture preesistenti. Oggi si sta imponendo l’inglese, prima con il Commonwealth britannico poi con la potenza economica degli Stati Uniti. Ma intanto spuntano nuovi aspiranti con le nuove potenze economiche, come la Cina, l’India, i Paesi arabi.
Eppure la soluzione è facile: basterebbe optare per una lingua neutra, eufonica, facilissima da apprendere, accessibile a tutti. Parlo dell’esperanto. Una lingua che si può imparare anche da autodidatti, magari con uno dei tanti corsi gratuiti presenti in rete. Provare per credere.
Ma bisognerebbe lasciare da parte le cause che finora ne hanno impedito l’adozione: sciovinismi, orgogli nazionali e presunzioni di superiorità culturali, civili o addirittura etniche.