Ogni lingua è un angolo di mondo. E le parole non servono solo a comunicare la realtà, ma la creano. Perché tutto ciò che esiste è nel linguaggio e ciò che non è più nominato smette di vivere. Le idee, le emozioni, i sentimenti, le istituzioni degli uomini, ma anche le cose, gli oggetti, i luoghi sono in realtà modi di essere della parola, sedimentati dal tempo. In questo senso ogni lingua è un' eredità, come diceva Ferdinand de Saussure, l' inventore della linguistica moderna. E ogni lingua che scompare è un patrimonio che va perduto, un pezzo di umanità che tace per sempre. Proprio agli idiomi a rischio di estinzione il linguista americano K. David Harrison dedica il suo ultimo libro The Last Speakers: The Quest to Save the World' s Most Endengered Languages, un affascinante e avventuroso viaggio attraverso le parole che il pianeta rischia di lasciarsi sfuggire per sempre. Dalla Siberia agli altipiani boliviani, dalla Nuova Guinea fino alle isole linguistiche dell' Occidente. Quelle che oggi rischiano di essere sommerse dalla marea montante della globalizzazione e dal suo monolinguismo. Che riduce le voci del pianeta a una cattiva declinazione dell' inglese.
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