Ma la nostra lingua italiana dov’è andata a finire? Ah, povera lingua persa nei meandri delle abbreviazioni e vittima della volontà di “far presto”! Ma si può essere nostalgici della lingua della vecchia scuola? Oggi la tecnologia ha esautorato il potere della parola e ha acconsentito che il linguaggio spicciolo prendesse il sopravvento.
 
La nostra lingua è quella di Dante, Petrarca e Boccaccio, è il fiorentino, è quella che ha subito le influenze della scuola siciliana di Jacopo da Leontini e, ovviamente, del modello latino. L’assetto è quello della lingua italiana discende dal trecento: ma cosa è cambiato? Naturalmente tutto. Già alla fine del trecento si cambia quando la lingua parlata a Firenze si distacca e viene presa in considerazione da letterati non fiorentini che la decodificano e la utilizzano per parlare e scrivere sin da subito. La difficoltà della diffusione della lingua è molto forte in Italia. Se in un processo di unificazione nazionale la lingua rappresenta il primo mezzo attraverso cui tale unione passa, per  l’Italia la questione si complica a causa delle divisioni interne e di una unità nazionale che, dal punto di vista prettamente politico, si raggiungerà solo nel 1861.  
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