Ma la proto-lingua da cui tutte derivano aveva struttura diversa

L'85%, italiano compreso, ha struttura soggetto-verbo-oggetto

«Cassano calcia il pallone». «Pirlo tira il rigore». Quante volte ci è capitato di ascoltare frasi del genere durante la cronaca di una partita di calcio? Diversi i giocatori coinvolti in campo e diverse le partite del campionato, ma l’ordine delle parole non cambia. Prima il soggetto, poi il verbo e infine il complemento oggetto. È questo, infatti, l’ordine delle parole tipico dell’italiano. Che, come l'inglese, il greco o l'indonesiano, nella costruzione delle frasi segue l’ordine denominato dagli esperti SVO, ossia soggetto-verbo-oggetto («il giocatore calcia il pallone»), a differenza di altre lingue, come il giapponese, il turco, il basco o il coreano, in cui l’oggetto è anteposto al verbo («il giocatore il pallone calcia»), denominate SOV.

EFFICACIA  - Perché la struttura sintattica non è uguale in tutte le lingue del mondo? Ovvero, perché le circa 6 mila lingue parlate sul nostro pianeta non sono strutturalmente identiche? Ricercatori del Mit di Boston ritengono di poter spiegare queste differenze ricorrendo alla teoria dell’informazione elaborata da Claude Shannon negli anni Cinquanta. Sulla rivistaPsychological Science, Edward Gibson, docente di scienze cognitive al Massachusetts Institute of Technology, sostiene che il linguaggio umano sia un esempio di quello che Shannon chiamava un «canale rumoroso» e che le lingue, di conseguenza, avrebbero elaborato determinate regole, relative all’ordine delle parole, in modo da ridurre al minimo il rischio di errori nella comunicazione. Insomma, per non compromettere l’efficacia comunicativa. Secondo Shannon, infatti, l’efficacia di una comunicazione può essere compromessa da eventuali «rumori»: fattori del contesto che possono impedire al messaggio di arrivare correttamente il destinatario.

Leggi l'articolo di Simone Regina - corriere.it