- Stilare classifiche degli atenei è diventata una necessità in quei paesi dove parte del finanziamento statale alle università è distribuito sulla base di periodiche valutazioni della ricerca scientifica. In Italia, ad esempio, si è iniziato nell'ultimo decennio: al VTR (Valutazione Triennale della Ricerca), esercizio pilota condotto dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca fra il 2001 e il 2003, è succeduto il VQR 2004-2010 (Valutazione della Qualità della Ricerca) guidato dall'Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca.
L'indicatore più diffuso per valutare una variabile complessa come la qualità della ricerca è il giudizio dato da esperti indipendenti nella cosiddetta peer review o valutazione inter pares. Tuttavia, la volontà di ridurre i costi degli esercizi valutativi e una certa suggestione per la misura "oggettiva" spingono per maggiore utilizzo degli indicatori bibliometrici, cioè indicatori calcolati sulla base del numero di citazioni ricevute da un articolo, una rivista o un autore. L'indicatore bibliometrico più conosciuto è il fattore d'impatto di una rivista. Nato negli anni '20 del secolo scorso negli Stati Uniti per guidare le scelte di acquisto dei responsabili delle biblioteche universitarie, il fattore d'impatto è stato promosso a livello internazionale dall'Institute for Scientific Information - ISI (oggi Thompson Reuters) a partire dagli anni '70. Il fattore d'impatto di una rivista in un certo anno è definito come il rapporto tra il numero delle citazioni ricevute dagli articoli pubblicati nella rivista nei due anni precedenti e numero di articoli pubblicati nella rivista durante lo stesso lasso di tempo.
Mentre gli indicatori bibliometrici nel VTR fungevano da semplice supporto informativo alla valutazione inter pares, nel VQR il fattore di impatto e il numero di citazioni sono criteri indipendenti applicati talvolta in modo meccanico. In alcuni settori disciplinari, i GEV (Gruppi di esperti della valutazionehttp://www.scienzainrete.it/sites/all/modules/extlink/extlink.png); padding-right: 12px; background-position: 100% 50%; background-repeat: no-repeat no-repeat; ">) giudicheranno il valore di una percentuale variabile di articoli in modo automatizzato, cioè attraverso degli algoritmi che determinano la qualità di un articolo in base al numero di citazioni ricevute e al fattore di impatto della rivista. Questi prodotti scientifici non saranno quindi analizzati da un esperto; si procederà al massimo a una valutazioneinter pares di controllo per un campione o per i casi ambigui.
Un aspetto poco discusso nel VQR ― che, sia detto per inciso, è pertinente anche per l'abilitazione scientifica nazionale ― riguarda le conseguenze linguistiche dell'utilizzo degli indici bibliometrici. Uno degli effetti più probabili del VQR e delle valutazioni successive, se i criteri non cambieranno e se non saranno approntate opportune politiche linguistiche di bilanciamento, sarà di accelerare la convergenza verso il monolinguismo inglese nella comunicazione scientifica in Italia. L'uso del fattore d'impatto di Thompson Reuters e del numero di citazioni a fini valutativi rischia di tradursi in un incentivo economico implicito a preferire l'inglese all'italiano nelle pubblicazioni scientifiche. L'esperienza spagnola sembra confermare questa tesi. González-Alcaide, Valderrama-Zurián e Aleixandre-Bonavent fra gli altri, in un articolo pubblicato quest'anno su Scientometrics, rivista di riferimento della bibliometria, mostrano che l'utilizzo degli indici calcolati sui cataloghi Thompson Reuters per la valutazione delle università spagnole dal 1989 ha contribuito in modo significativo alla marginalizzazione delle riviste scientifiche in spagnolo e in generale dell'utilizzo dello spagnolo nella comunicazione scientifica. Questa tendenza, beninteso, non è interamente attribuibile all'uso degli indicatori adottati dall'agenzia di valutazione spagnola, ma essi l'hanno certamente accelerata e consolidata.
- Leggi l'articolo di Michele Gazzola - scienzainrete.it