Ora anche gli inglesi imparano la versione semplificata della loro lingua
Creata da un francese usa solo 1500 termini e se serve ci si aiuta con i gesti delle mani
BRUNO VENTAVOLI
Anche gli inglesi scoprono il globish. E dovrebbero cominciare a studiarlo. L'invito ha un po' il sapore di un paradosso, o di una cosmicomica calviniana, ma oltre Manica è stato accolto con serio senso dell'humour. Tant'è che monsieur Nerrière, inventore del fortunato esperanto moderno, ha ricevuto l'onore di essere intervistato dai giornali londinesi, per spiegare che il «globish» è utile a tutti, inglesi compresi, e nel caso volessero impararlo esiste un software creato apposta per loro.
Jean-Paul Nerrière è un distinto signore francese. E' stato vicepresidente del-l'Ibm, e per anni ha cercato di convincere i suoi compatrioti a imparare l'inglese. Dato che l'impresa si è rivelata quasi disperata, vista la notoria idiosincrasia per le lingue straniere dei transalpini, ha deciso di cambiare metodo. Andato in pensione, con l'aiuto di professori e linguisti, ha inventato un inglese sgrammaticato ed elementare ai limiti della banalità. Quello che una qualunque insegnante di liceo correggerebbe con sciabolate di segni rossi sui compiti dei nostri figlioli; quello che più o meno tutti noi balbettiamo annaspando in giro per il mondo, impreziosendolo con accenti vagamente anglosassoni come tanti Totò e Peppino a Milano. L'ha chiamato «globish». Comprende appena 1500 termini (contro gli oltre 610mila della ricca lingua inglese). Usa frasi brevi, sintassi ridotta all'osso. Abolisce le espressioni idiomatiche e si appoggia alla gestualità, per far capire con l'ausilio delle mani ciò che potrebbe suonare fumoso. Dato che le parole scarseggiano, si ricorre a perifrasi: «nipote», per esempio, si dice «il figlio di mia sorella/fratello». «Cucina»? «La stanza nella quale prepari il cibo». Sembra una fesseria. E probabilmente Virginia Woolf o James Joyce si stanno rivoltando nel dizionario. Ma il sistema ha avuto un enorme successo. I due manualetti pubblicati in Francia «Don't Speak English, Parlez Globish» e «Découvrez le globish», sono stati tradotti ovunque (anche in Italia), aiutati dalla globalizzazione, dalle orde di turisti per caso, dagli incontri internazionali d'ogni genere dove serve una lingua franca, facile, comunicativa.
«Il Globish - dice Nerrière -è un idioma proletario e popolare che non aspira ad una comunicazione culturale né a fornire sofisticati strumenti oratori. E' banale ed efficiente,serve per comunicare tutto, con tutti, dappertutto. Da Ulan Bator a Montevideo». Gli unici che ancora faticano a comprenderlo sono gli stessi inglesi.
Sembra una follia che un francese voglia insegnare agli inglesi una sottospecie di inglese, pure un po' sciocco nella sua povertà, ma Jean-Paul Nerrière non si dà per vinto. Vuole convincerli a imparare il suo idioma. Pena, sostiene, un doloroso e babelico isolamento. Gli anglo-americani, forti della loro egemonia linguistica, pensano di essere compresi ovunque. Sono però in errore, perché pochi afferrano la loro fraseologia raffinata, il lessico fiorito, le ironie e i giochi di parole. L'inglese alto, vero, colto, ormai sfugge. Vince quello imbastardito, contaminato, impoverito. Tanto vale che gli inglesi lo studino come se fosse una lingua straniera. Anche perché in meno di 200 ore si padroneggia perfettamente.
Da La Stampa del 12/12/06 pag.31