EUROPA
Pluringuismo nella Ue La soluzione è l'esperanto
Ho letto lempo fa le critiche di uno stuolo di insegnanti della lingua tedesca nei confronti del chiarissimo pro-fessor Hans Drumbl e la puntuale descrizione esposta da una cortese e sen-. sibile lettrice di Dobbiaco sulla situa-
zione della difficile convivenza in que-sta provincia, ancorché se la additi a. modello. E pensare che qui occorre aver la «conoscenza» o meglio la «padronanza» di solo due lingue. Come potrà essere ancora sostenibile una si-:uazione lingustica nell'Ue, anche se si propone un «plurilinguismo articolato» inglese-francese-tedesco come soluzione per le istituzioni dell'Ue?
Dal primo maggio 2004 infatti gli Stati membri dell'Ue sono 25, le lingue «ufficiali» 20, le combinazioni di traduzione 380. Nel 2007, con l'ingresso della Romania e Bulgaria, 462 saranno le combinazioni di traduzione e nel 2009, con l'adesione della Croazia, esse saliranno a 506 ! Nel 2003, prima dell'allargamento da 15 a 25 Stati membri, 11 erano le lingue ufficiali e 110 le combinazioni di traduzione. Nel 1951 quando fu fondata la prima delle istituzioni europee, la Ceca, i Paesi membri erano sei e le lingue quattro. Nel 1957, quando con il Trattato di Roma venne istituita la Cee, gli interpreti funzionari erano 15. La situazione, attualmente e in un prossimo futuro, è ancora razionalmente sostenibile? Non-.sembra: non tanto per i costi quanto per il tempo necessario per la traduzione dei documenti e soprattutto per la corretta interpretazione e per un efficiente e efficace funzionamento degli Organi comunitari. Un delegato parla in una lingua che l'interprete non conosce e quindi si collega con l'audio di un altro interprete, che sta traducendo m un'altra lingua I da lui padroneggiata, e traduce da quella lingua. Sono inevitabili le omissioni, i fraintendimenti, i malintesi.
Soprattutto è evidente che i delegati non sono tutti in posizione di parità in contrasto al diritto di parità linguistica sancito. In pratica nell'Ue è l'inglese la lingua ufficiale più usata e sempre più influente, mentre francese e tedesco mantengono una loro importanza e le altre lingue sembrano fuori gioco. Eassenza di una lingua comune è una variabile insidiosa. Nessuno, però, deve imporre una lingua materna a un'altro, quale essa sia. LUe deve, perciò, difendere il suo patrimonio linguistico e quindi culturale. Fattore unificante potrebbe essere un idioma pianificato con le seguenti caratteristiche: essere paneuropeo, funzionante e collaudato, semplice e regolare. Tali requisiti possiede l'esperanto.
Renzo Segali;», Bolzano