'QUESTO NOSTRO ITALIANO DIVENTA SEMPRE PIU' INGLESE'
L´analfabetismo tecnologico potrebbe tagliare fuori chi non si aggiorna.

Capita ormai sovente di trovarsi in incontri di lavoro, partecipare a corsi di aggiornamento professionali o anche a conferenze, dibattiti e quant’altro, in cui non si comprendere a pieno cio' che si dice, non tanto per l’uso di una terminologia italiana troppo forbita, ma per colpa di frasi infarcite da troppi anglicismi che creano, fra l’altro, forte dissonanza non in linea con la nostra fonetica abituale, quindi un disorientamento all’ascolto. In un primo momento si cerca di superare la difficolta' barcamenandosi, fra una battuta ed una scaltrezza, cercando di comprendere, ma poi andando avanti ed incappando sempre in maggiori termini 'italianizzati', si cade nella crisi piu' profonda se si sara' costretti ad intervenire sull’argomento specifico. Non parliamo poi se capita di acquistare con tanto entusiasmo un qualsiasi apparecchio elettronico; appena si apre la confezione e ci si accinge ad attivarlo, il panico piu' assoluto!Recuperando la volonta', ci si arrangia alla meno peggio attivando le funzioni principali, se ci si riesce, ma poi finisce tutto li. Non si utilizzano tutte le potenzialita' dell’apparecchio perche' le istruzioni sono piene di parole, incomprensibili alla maggioranza, dove molte volte e' difficile capire anche solo il senso della frase. E’ cio' che ormai accade generalmente in ogni discorso ed ovunque ci si gira; anche nelle cose piu' banali come andare in albergo e trovare tutto scritto solo in inglese, (finanche sulle boccettine nel bagno- conditioner essential oil- bath shower gel-) mettendo in crisi il povero malcapitato sulla scelta. E’ anche vero pero' che l’analfabetismo tecnologico ed informatico unito all’ignoranza dell’inglese finira' per tagliare fuori tutti coloro che, pur conoscendo Platone e Dante, il greco, il latino e la storia non avranno avuto la possibilita' o la volonta' di aggiornarsi ed adeguarsi velocemente alle nuove tecnologie che avanzano ed ai linguaggi ad esse collegati, cosa questa ormai estremamente necessaria.Tuttavia, senza voler banalizzare un argomento cosi' importante, la percentuale dei termini inglesi utilizzati e' sempre maggiore, il piu' delle volte non necessaria ma solo per moda, atteggiamento o interessi commerciali, ed il suo inserimento nell’italiano avviene in modo graduale e costante non soltanto nell’ambito dei linguaggi tecnici ma anche nelle espressioni e scritti comuni in cui se ne potrebbe benissimo fare a meno.Questa riflessione, sia chiaro, non vuole escludere lo studio di altre lingue verso le quali si e' pienamente favorevoli, e ci mancherebbe altro! Cio' che si vuole sottolineare e' la commistione dei linguaggi che non va bene perche', in questo modo, non si potra' far altro che distruggere identita' e purezza della nostra lingua. In sostanza, il guaio e' che non si tratta di studiare ed imparare una seconda o terza lingua e parlarla correttamente, che e' cosa ben diversa e molto giusta, ma di un miscuglio di vocaboli inglesi ed italiani per cui ogni frase diventa difficilmente comprensibile a chi ascolta, se non solo attraverso il senso intuitivo del discorso.In questo stato di confusione, ognuno si arrangia come puo', si cercano di schivare i termini sconosciuti, di comprendere 'a naso' cio' che si dice, di attendere che gli altri parlino per tentare di capire. Si dice che l’italiano sia una lingua molto studiata all’estero; questo, ovviamente, fa molto piacere, ma cio' non protegge dall’inquinamento linguistico oggi in atto ne' garantisce la protezione della purezza della lingua. La preoccupazione e' che nell’italiano vengono recepiti con troppa faciloneria e superficialita' molti, direi troppi termini stranieri, senza alcuna necessita' e non ci si preoccupa minimamente della comprensibilita' del linguaggio corrente e del futuro della nostra bella ed amata lingua.Insomma , ormai questo italiano contemporaneo, sempre piu' inglese e meno italiano, sta invadendo inesorabilmente tutti i settori, dalla informazione in tutte le sue forme alla pubblicita', dal commercio al linguaggio sportivo, ed il suo uso e' sempre piu' abitudinario: 'reality show' invece di spettacolo verità, 'part time' al posto di tempo parziale, “week end” per dire fine settimana, “pass” sta per tessera di ingresso, “club” invece di circolo e così, un elenco lunghissimo.Basta notare come, purtroppo, anche nel lessico della politica si registra la presenza di un certo numero di inglesismi o termini che disinvoltamente vengono utilizzati a discapito di espressioni o forme italiane equivalenti come ad esempio “devolution” al posto di devoluzione o “question time” invece di tempo per le domande e così via.Ma che senso ha scrivere per far capire a pochi; che senso ha parlare per non far capire; che senso ha utilizzare, in un discorso in italiano, termini inglesi tranquillamente sostituibili con omologhi italiani; si spera non sia solo un banale modo per differenziarsi, o per creare difficoltà o stato di inferiorità ad altri provocando, tuttavia, grandi ed irreparabili danni alla nostra cultura ed alla nostra lingua.Internazionalizzarsi, che è importante, non vuol dire confondere o fondere le lingue ma imparare molte lingue l’una distinta dall’altra.

autore: nicola pirozzoli - sociologo

data: 15.01.2008
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