Sul New Scientist la tesi dei linguisti Tra 500 anni diventerà difficile capirsi

Inglese

Boom di dialetti sarà una Babele

PAOLACOPPOLA

ROMA “Doubleplusungood" piŭ che "Io Tarzan, tu Jane". Piŭ simile alla lingua nuova immaginata nel '48 da George Orvvell che scriveva " 1984 " che a una lingua tanto semplice che invece di far parlare tutti non rie-sce a dire nulla. Combinazioni diverse di consonanti e vocali e suoni che, per le nostre orecchie, sarebbero piŭ strani del linguag-gio di Shakespeare o di quello dei Canterbury Tales di Chaucer.

I linguisti immaginano non un inglese ma decine di dialetti tra 500 anni, e un destino per questa lingua che puo essere paragona-to a quello dell'arabo piŭ che a quello del latino. Improbabile che 1'inglese muoia, dicono, diffi-cile che ceda allo spagnolo o al ci-nese lo scettro di lingua piŭ parla-ta ma sicuro che, se lo ascoltassi-mo oggi, a Londra come a Singa-porenonloriconosceremmopiti. Capiremmopocoperchelalin-gua viva si trasforma, ha codici ed espressioni a seconda dei gruppi e delle zone in cui si parla, negli anni nascono parole nuove, vo-cali e consonanti cambiano, ma, soprattutto, a incidere di piii sul-le trasformazioni dell'inglese co-me lo conosciamo, sara il fatto che la sua storia la stanno scri-vendo non i 328 milioni di perso-ne che la imparano dalla nascita, ma quei 495 milioni, cioe il 60 per cento, che la usano come secon-dalingua, scriveil "NevvScientist" in un articolo dedicato alFinglese del futuro. Nel 2020 la forbice si sara allargata ancora, il fenome-no sara sempre piŭ esasperato.

Tra qualche secolo si potreb-bero parlare dialetti derivati dal1'inglese invece di quellalingua ridotta a 500 parole come il Globish sviluppato da Jean Paul Nerriere. «Potrebbe esserci una nuova babele che abbia come base 1'inglese», secondo Michele Cor-tellazzo, docente di linguistica italiana alFuniversita di Padova. «La diaiettizzazione esiste gia tra inglese e l'americano, tra 300 an-ni ci potrebbero essere differenze radicali in base alle macrozone della terra». Se la tradizione scrit-ta "preserva" una lingua, come e stato per il latino, il parlato acce-lera Ie trasformazioni. «In un mondo multipolare 1'ipotesi di una lingua franca e poco credibi-le», spiega Luca Serianni, profes-sore di Storia della lingua italiana alla Sapienza. «Le tendenze sto-riche restano una guidaper capi-re quello che accadra», dice Pao-lo Di Giovine, docente di glotto-logia e linguistica nell'ateneo ro-mano. E aggiunge: «Come e sta-to per il latino dei conquistatori, o come e accaduto ad aicuni pid-gin dei Caraibi (lingue create nel-le colonie inglesi dalla mesco-lanza tra la lingua ufficiale e le linguepre-esistenti) chesono di-ventati lingue creole, Ia differen-ziazione dialettale delLinglese potrebbe imporsi in tutte quelle aree dove la lingua locale non riesce a prevalere». Cosi para-dossalmente la globalizzazione potrebbe rendere piŭ difficile la comprensiorie di chi parla in in-glese. «Probabilmetite si— ag-giunge Di Giovine—anche se resisterà una lingua comune, uno standard usato ad esempio nella comunità scientifica o nella comunicazione scritta».