Marinella Lörinczi
XXXVIII Congresso Internazionale di Studi della Società di Linguistica Italiana, Modena, 23-25 settembre 2004

Lingue, istituzioni, territori. Riflessioni teoriche, proposte metodologiche ed esperienze nell’ambito della Politica Linguistica

Ora negli Atti pubblicati da Bulzoni, 2005.



1. L'argomento che a suo tempo avevo scelto di presentare al congresso di Modena, vale a dire l'analisi critica dell'assai discusso dizionario moldavo-romeno di Vasile Stati pubblicato nel 2003, si è rivelato essere, nelle varie fasi di redazione del mio intervento, dal riassunto alla versione finale, un tema caleidoscopico e quasi inafferrabile. E' risultato arduo, quasi impossibile, concentrare o mantenere l'attenzione sul dizionario stesso, dal momento che in quest'anno e mezzo di gestazione intermittente del lavoro, i punti di vista del momento sono risultati essere sempre inadeguati e sopraffatti, anzi sommersi, dagli eventi incalzanti. Pertanto, la versione ultima non corrisponde agli intenti espressi nella proposta di comunicazione, molto lineare e semplice in quanto fortemente condizionata dalla vicinanza temporale alla pubblicazione del dizionario, nella quale suppongo prevalesse soprattutto il senso di stupore dinanzi a un'operazione lessicografica inutile e inutilmente provocatoria nel suo apparato paratestuale. Infatti, il dizionario stesso è soltanto una sorta di vocabolario dialettale tecnicamente imperfetto, poco accurato, risultato da una compilazione sbrigativa di materiali d'accatto. Su di esso si sono espressi dettagliatamente ma anche duramente, a tratti rabbiosamente, a tratti sarcasticamente, una serie di intellettuali, romeni e moldavi, linguisti e non, le cui posizioni di aspra condanna è comunque facile intuire e comprendere conoscendo la storia del concetto di "lingua moldava" nella linguistica del ventesimo secolo. Tutti i riferimenti ai loro interventi sono qui reperibili (v. cap.5), mentre gli interventi stessi non si prestano troppo al compendio, vuoi per il loro tono virulento, vuoi per il fatto che il dizionario in sé ha scarso valore conoscitivo e le critiche non fanno altro che evidenziarlo. Vale a dire esso dice poco e male sulle caratteristiche regionali o dialettali del moldavo dell'oltre Prut e, quindi, quest'obiettivo lessicografico dialettale, di per sé normale ed innocuo, anzi interessante ed utile, non è stato raggiunto dal suo autore, dichiarato dai critici in buona parte inaffidabile. Qualche particolare lessicale verrà fornito in seguito.



D'altro canto sono risultati molto più rilevanti, ma su di un piano non più tecnico bensì ideologico, l'introduzione al dizionario, firmata dall'autore, e soprattutto il messaggio trasmesso dalle copertine rosso-dorate, le quali, al pari di una cappa da torero, hanno irritato ed aizzato un pubblico ultrasensibile alle questioni linguistiche o di rilevanza ideologica. Per cui, paradossalmente, ma il paradosso è solo apparente, la mia attenzione si è soffermata piuttosto sulle copertine anziché sul dizionario stesso, al fine di presentarle e di commentarle alla luce dei criteri della paratestualità. Nell'insieme, in effetti, l'opera risulta scissa tra un guscio sottile ma pregno di significati provocatori e un corpus lessicografico di ridotta utilità.



Inoltre, la necessità di collocare il dizionario nel contesto dell'attualità storica locale, regionale, da cui fosse possibile ricavare i criteri esplicativi di un fenomeno tanto anomalo, anomalo nella percezione del pubblico esperto, ha spostato gradualmente l'interesse sul piano degli eventi extralinguistici degli ultimi tre lustri, i quali si susseguono in maniera convulsa a partire dal cruciale 1989. Per effetto degli stessi eventi, ad un certo punto, le stesse valenze volutamente provocatorie del dizionario sono venute meno di colpo. A due anni scarsi dalla sua pubblicazione si potrebbe sostenere, senza troppe esitazioni, che oramai esso costituisce soprattutto una curiosità storica, una esplosione momentanea ed esasperata di condensati politici di ben altra portata, strettamente, intimamente fusi con le loro implicazioni linguistiche, i quali, per la loro importanza maggiore, relegano nelle quinte il bizzarro dizionario di Stati. In quel che segue verrà perciò dedicato loro uno spazio adeguato.



2. Con l'entrata della Romania nell'Unione Europea, prevista per il 2007, la Repubblica di Moldova o di Moldavia (Republica Moldova), sorta nell'agosto del 1991 dalla proclamazione d'indipendenza della Repubblica Sovietica Socialista Moldava, diventerà confinante con l'Unione.¹ L'impatto di tale circostanza sulle relazioni della Moldavia con uno stato-cuscinetto quale sta per diventare la Romania, con gli stati confinanti in generale (Romania e Ucraina), con la Russia, non confinante ma presente militarmente nella regione transnistriana, nonché con i componenti e le istituzioni comunitari, è da anni attentamente valutato. Stato di ridotta estensione ed economicamente tra i più depressi del continente europeo, la Moldavia evidenzia oltre a questi un ulteriore aspetto del proprio assetto sociale e politico che costituisce motivo di particolare preoccupazione a livello internazionale. Gli osservatori politici europei ritengono, infatti, che ogni sforzo deve essere compiuto, sia da parte moldava che da quella europea, affinché possa essere ristabilita l'unità dello stato, venuta meno nel 1991 con la separazione internazionalmente non riconosciuta della Transnistria (in inglese Transdniestria, in russo Pridnestrovia/Pridnestrovskaja Moldavskaja Respublika).²



E' obiettivo prioritario, quindi, la risoluzione del conflitto transnistriano, il quale è stato scatenato in prima istanza dalle norme di politica linguistica contenute nell'ultima costituzione della RSS Moldava. Questo testo legislativo è stato emanato il 31 agosto 1989 ed ha quindi preceduto la dichiarazione d'indipendenza politica del 1991. Nella nuova costituzione il moldavo-romeno (limba moldovenească) venne dichiarato lingua ufficiale dello stato, l'uso dell'alfabeto (neo)cirillico applicato al moldavo fu abolito e al posto del cirillico venne imposto e (re)introdotto l'alfabeto latino. Nella situazione in cui la stragrande maggioranza dei moldavofoni era ed è anche russofona, mentre la maggioranza degli slavofoni (quasi 1/3 della popolazione totale) non parla(va) il moldavo, le reazioni di questi ultimi non hanno tardato a farsi sentire, soprattutto là dove gli slavofoni costituivano e costituiscono la maggioranza regionale, cioè nella Transnistria. La maggioranza slavofona della Transnistria, componente demografica economicamente più avanzata e più dinamica ed inevitabilmente filorussa o filoucraina, insieme con i suoi dirigenti ha reagito con quella durezza e violenza che in breve tempo ha portato alla dichiarazione di secessione del 1991 ed ha provocato anche sanguinose azioni militari. Più avanti verrà aggiornata la situazione della legislazione linguistica moldava e del conflitto linguistico e scolastico in atto nella Transnistria.



Tale breve premessa serve ad evidenziare da subito il ruolo importante e primario che le decisioni o gli avvenimenti di politica linguistica rivestono in Moldavia negli ultimi 15 anni, quali retaggio di una tormentata e relativamente poco nota storia linguistica che accompagna quella sociale e politica degli ultimi due secoli.³ Aggrava il peso e l'incidenza del fattore linguistico la labilità e l'imprevedibilità del contesto interno più ampio, sociale e politico, strettamente determinato, come si è cercato di illustrare, da quello etnico ed implicitamente linguistico. La mancanza di stabilità a tutti i livelli è fonte di apprensione ma anche di analisi serrate ed impietose, le quali tuttavia non sfociano in previsioni pessimistiche o disfattistiche. Tale è il tenore di un intervento riguardante la Moldavia, presentato all'incontro internazionale organizzato a Bucarest dal New Europe College e dal Goethe Institut, nel febbraio 2005, sul tema del futuro dello stato nazionale e della democrazia, con particolare riguardo all'area est-europea nel contesto dell'europeizzazione e della globalizzazione. Con una caratterizzazione succinta e drammatica proveniente dall'interno del ceto intellettuale e artistico moldavo, e pertanto altamente attendibile, la Moldavia è stata analizzata alla stregua di un "caso clinico, fuori controllo".⁴ Abbiamo adottato volentieri il senso profondo di tale metafora quale guida concettuale per la presentazione di un caso emblematico di ideologia linguistica elaborata in ambiente moldavo.



Se, come si è accennato, la configurazione e la stabilità delle frontiere politiche della Moldavia si trovano al vertice delle problematiche generali del paese, tali questioni interessano l'intera area geopolitica più estesa in quanto traducono in termini politici sia l'assetto demo-linguistico del paese e degli stati confinanti, sia i rapporti di forza tra le vari etnie conviventi, sia le aspirazioni delle componenti etniche. Conviene a questo punto fornire qualche cifra demografica essenziale. Su circa 4 milioni e 300 mila abitanti, i Moldavi moldavofoni (o romenofoni, per maggiore chiarezza) costituiscono soltanto i 2/3 all'incirca della Moldavia nel suo insieme e i 2/5 (il 40%) della popolazione transnistriana (che conta circa 600 mila persone). Un terzo della popolazione complessiva e poco più del 50% della popolazione transnistriana sono composti di Russi e di Ucraini. La quarta componente etnico-linguistica, dei Gagauzi, turcofoni ma cristiani ortodossi, che raggiungono il 3,5% della popolazione totale e che vivono in un territorio discontinuo, non verrà qui presa in considerazione.



Se la stabilità delle frontiere orientali della Moldavia è legata alla questione transnistriana, la solidità di quelle occidentali è compromessa dalle gravi vicende di annessione e di separazione tra Romania e Moldavia che si sono susseguite durante l'intera prima metà del secolo scorso, in stretta correlazione con gli avvenimenti delle due guerre mondiali. Per quanto riguarda la frontiera occidentale della Moldavia, che la separa appunto dalla Romania, essa risulta fissata dal Trattato di pace di Parigi del 1947 (Andreescu-Stan-Weber 1994) e non dal patto Ribbentrop-Molotov del 1939 come solitamente si sostiene. Le aspirazioni annessionistiche o unificatrici tra Romania e Moldavia, riemerse nell'atmosfera di entusiasmo ma anche di instabilità susseguente agli avvenimenti del 1989, sono dovute rapidamente rientrare; Esse sono state ridimensionate non soltanto a causa del rifiuto di buona parte della popolazione della Moldavia (moldavofona e non) di farsi inglobare nello stato romeno, ma soprattutto in virtù del principio europeista della stabilità e della non revisione delle frontiere politiche sancite dai patti o dai trattati internazionali, quale appunto quello di Parigi del 1947. Per l'ingresso della Romania nell'UE il rispetto di tale trattato costituisce una condizione imprescindibile.



Ha perciò suscitato molto allarme un atto imprevisto avvenuto alla fine del mese di marzo del 2004. Si è svolto a Odessa un incontro che ha visto riuniti rappresentanti delle autorità statali della Bielorussia, dell'Ucraina, della Moldavia, della Transnistria e di organismi non governativi tra cui l'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e per la Cooperazione in Europa). Senza nessun preavviso e in assenza di rappresentanti della Romania, l'influente direttore del Consiglio per la strategia nazionale della Federazione Russa, Stanislav Belkovski, ha presentato un progetto di smembramento della Repubblica Moldova (Ciobanu 2004; Liberti 2004; Stănescu 2004; Urian 2004). Sul piano metodologico ed etico la proposta è stata di volta in volta definita dai commentatori romeni, moldavi e stranieri provocatoria, offensiva, scorretta, pericolosa, quanto meno inquietante, e per tali ragioni è stata anche etichettata quale "pomo avvelenato" ovvero pomo della discordia gettato sul tappeto delle trattative per compromettere anziché per sanare o migliorare i rapporti sia tra Romania e Moldavia (non buoni in quel momento), sia tra Romania e UE. Evidentemente, un progetto di suddivisione della Moldavia implica la revisione delle frontiere; in particolare la Bessarabia moldava (cioè la parte a maggioranza romenofona o moldavofona) dovrebbe, secondo tale ipotesi, ricongiungersi con la Romania; ciò garantirebbe - essendo questo l'obiettivo principale del progetto - l'autonomia politica della Transnistria separatista, a maggioranza slavofona, ovvero il suo presunto diritto all'autodeterminazione (con successiva annessione alla Russia, com'è facile prevedere). Questa proposta di ripartizione si configura peraltro come la versione radicale del progetto (fallito) di federalizzazione della Moldavia. Di conseguenza, anche nella sola ipotesi di un allargamento verso Est di uno stato nazionale come la Romania, la questione linguistica e nazionale moldavo-romena - strumentale da sempre ed alimentata per oltre un secolo dai "moldovenisti" slavi e non - diventa di colpo irrilevante e svanisce. Quale implicazione tacita dell'ipotesi unionista verso ovest e separatista verso est, la lingua moldava viene automaticamente subordinata al romeno, classificata insieme col romeno e non più separatamente secondo il principio del "moldovenismo" (riguardo a tale termine si veda il cap. 3). Come rilevano i commentatori più avveduti, la questione linguistica (e nazionale) riceve una soluzione (teoretica) drastica e imprevista, grazie all'implicito riconoscimento a livello politico della comune appartenenza nazionale e linguistica di Romeni e Moldavi, sulla cui base dovrebbe costituirsi il nuovo stato.⁵ L'azione politica dirigista e autoritaria, come ha fatto nascere, con la stessa determinazione potrebbe far sparire i confini linguistici demarcatori, a maggior ragione se presunti, come nel caso del romeno e del moldavo.



Per quanto concerne la sorte linguistica dei Moldavi transnistriani, essa è già comunque gravemente segnata dal fatto che le attuali autorità filoslave e separatiste stanno mettendo in atto pesanti operazioni di scoraggiamento o di divieto dell'uso dell'alfabeto latino. Viene anche impedita l'applicazione dei programmi scolastici vigenti in Moldavia. Gli ultimi episodi sono recentissimi: nel luglio 2004 si sono verificate chiusure o tentativi di chiusura di scuole moldavo-romene transnistriane in cui fosse stato adottato l'alfabeto latino; come risposta, il governo di Chişinău ha subito prospettato sanzioni economiche (v. "Curentul", Romania, VII, S.N., n. 170/2047, venerdì 17.07.2004).



Non ci compete far previsioni riguardo alla direzione che potranno prendere le vicende e le decisioni di carattere strettamente politico. Constatiamo la drammatica e caotica rapidità con cui progrediscono gli avvenimenti e cambiano gli atteggiamenti ufficiali sullo sfondo dei quali si stagliavano alcune recenti manifestazioni delle aberrazioni moldoveniste in campo storico e soprattutto linguistico: risale infatti appena al 2003 la pubblicazione del dizionario cosiddetto bilingue moldavo-romeno di Stati, il quale, essendo stato finanziato dal Ministero della Cultura - v. nel volume la scheda tecnica finale -, avrebbe un carattere semiufficiale, limitatamente al momento della pubblicazione.



3. Nel lessico dei commentatori "moldovenismo" sta a indicare l'ideologia storica, politica e linguistica utilizzata ancor oggi per dar fondamento 'oggettivo' alla necessità di tenere e di continuare a mantenere separati la lingua romena dal moldavo della Bessarabia, la storia della Romania da quella della Bessarabia (e della Bucovina), e quindi i rispettivi stati. Ma proprio la conformazione geopolitica della regione è suscettibile di mutamenti tanto radicali quanto repentini, sebbene non auspicati dagli europeisti, la cui semplice ipotesi fa diventare in parte obsoleti gli scenari di ideologia linguistica 'moldovenista' di un anno addietro, sui quali inizialmente intendevamo soffermarci senza poter prevedere gli sviluppi di segno contrario.



Ma da quest'impianto ideologico, apparentemente sopraffatto e superato dagli eventi politici o dalla futurologia politica, continuano a scaturire discorsi dai toni veementi e insieme patetici, segno di un futuro non affatto tranquillo e pacifico, quale che sia questo futuro. L'agenzia di notizie moldava BASA-Press riportava per il 26 agosto 2004 un'intervista da cui seleziono alcuni passi: "La lingua romena e la lingua moldava non sono due lingue distinte; esse hanno [però] due glottonimi, entrambi nazionali. Il romeno e il moldavo hanno una forma letteraria comune, origine comune, un lessico di base comune e uno sviluppo storico comune. Le due lingue nazionali conservano i due glottonimi, i quale servono ad identificare due nazioni. Io non conosco/so il romeno, ma parlo il moldavo e mi capisco/vado d'accordo [possibile gioco di parole] con i Romeni. Sono moldavo e la mia lingua è la moldava."⁶ Chi ha rilasciato tale dichiarazione è proprio l'autore già più volte menzionato del famigerato dizionario moldavo-romeno (Stati 2003), la cui pubblicazione ha aggiunto notorietà scandalistica alla sua fama di personaggio politicamente e culturalmente compromesso. Sulle presunte differenze essenziali tra le due varietà linguistiche, esaltate nel dizionario⁷, egli non insiste più dal momento che anche il presidente moldavo Voronin, partendo dalla premessa dell'identità linguistica tra moldavo e romeno ("limba română şi limba moldovenească sunt identice ... noi [moldovenii] o numim moldovenească, iar dumneavoastră [românii] o numiţi română"), avrebbe tuttavia sollecitato il riconoscimento, da parte del suo omologo romeno Iliescu, della sola differenziazione glottonimica quale segno di autonomia o separatezza politica (v. http://www.ziua.net/display.php?id=15024&data=2004-05-29; perde perciò la sua attualità Bojoga 2004 b). Il presidente Voronin l'aveva già affermato davanti al parlamento moldavo, il 26 dicembre 2003 (v. http://www.president.md/press.php?p=1&s=1579〈=rom): "Vreau să spun încă o dată ceea ce am afirmat în repetate rînduri. Nu există şi nici nu pot exista deosebiri între limbile moldovenească şi română. Aici nu sînt necesare dovezile lingviştilor. Este un fapt evident." [Voglio ribadire ciò che ho sostenuto in varie occasioni. Non esistono né possono esistere differenze tra il moldavo e il romeno. Non ci vogliono prove addotte dai linguisti. E' un fatto evidente.]



4. Se le due varietà sono storicamente e strutturalmente identiche o quasi, perché tanta insistenza sui nomi? Basterebbero i precedenti del serbo/croato/bosniaco per comprenderne le ragioni. Il discorso di Stati è comunque sufficientemente esplicito: due glottonimi garantiscono la distinguibilità perfetta, linguistica, nazionale e quindi politica, di due comunità. Dimostrano e significano la pari dignità di due idiomi, liberati da vincoli gerarchici, di subordinazione, che potrebbero anche prefigurare un'eventuale subordinazione di carattere politico e/o sociale: valga l'esempio della contrapposizione che divide le due parti - Est/Ovest - della Germania recentemente riunificata. Inoltre, i due glottonimi permettono all'individuo di mettere a fuoco e di comunicare il proprio sentimento di appartenenza ad un certo gruppo etnico-linguistico. E infine, la dichiarazione di un'identità linguistica regionale ("la mia lingua è il moldavo") implica l'affermazione e il riconoscimento di differenze regionali, o quanto meno l'assunzione di un modello zonale (linguistico e culturale) diverso dai grandi modelli tradizionali (mitteleuropeo, balcanico), nuovo modello di riferimento sui quali attualmente si orienta anche il discorso regionalista in Romania (Zafiu 2004).

Nulla da eccepire, in astratto.⁸ Infatti: "nommer [une langue] c'est faire exister; nommer c'est instituer socialement; nommer c'est dominer", non in ultimo luogo "nommer c'est catégoriser; nommer c'est s'inscrire entre les groupes" (titoli di capitoli in Canut 2000). Nulla da eccepire, quindi, teoricamente parlando, ma solo se si fa astrazione del contesto storico specifico, della realtà sociolinguistica e della loro rappresentazione nei discorsi (nel senso di testi) di carattere politico e giuridico.



Le costituzioni dei due stati, della Romania e della Moldavia, menzionano rispettivamente la lingua romena e quella moldava come unica lingua ufficiale ovvero di stato. Ma in Moldavia, la numerosa e forte minoranza slava continua ad imporre nella vita quotidiana la sua presenza anche linguistica, rafforzata e sostenuta dalla russofilia di buona parte del ceto dirigente (i cosiddetti comunisti). Quest'ultimo, a sua volta, è riuscito a far conferire valore giuridico all'idea di uno stato moldavo plurietnico (rispondente ad un concetto alla moda pieno di insidie e di ambiguità), con un regime ufficiale di bilinguismo moldavo-russo e con la lingua russa come cosiddetta lingua di comunicazione interetnica. I moldavofoni hanno recepito e commentato con molta preoccupazione il progetto di legge del 25 luglio 2003, riguardante la "concezione di stato della politica nazionale della Repubblica Moldova", vale a dire una proposta di elaborazione e d'imposizione di un'ideologia di stato comprendente anche i tre punti sopra ricordati: 1. stato multietnico, 2. bilinguismo ufficializzato e 3. russo lingua mediatrice. Alla fine dello stesso 2003 il parlamento moldavo ha però approvato tale progetto (http://www.dri.moldova.md/oDepartamentru/ArhiveNews/Conceptia/CNPSrom.htm), suscitando le proteste affrettate delle autorità romene per il fatto che i Romeni moldavi (cioè quei Moldavi che avevano scelto di utilizzare per se stessi l'etnonimo di Romeni) ufficialmente venivano fatti retrocedere ad una delle tante etnie della Moldavia. Nella sua replica il presidente moldavo Voronin ha utilizzato concetti che nella peremiologia italiana equivalgono a "parenti serpenti, fratelli flagelli" (fonte non più reperibile).



In questo mutato contesto giuridico (del bilinguismo moldavo-russo proprio di uno stato plurinazionale) è superfluo continuare a sostenere che romeno e moldavo sono (parzialmente) distinti nella loro sostanza, ricorrendo anche alla maldestra e grottesca dimostrazione per mezzo di un dizionario moldavo-romeno. In uno stato multinazionale o multietnico (espressioni che ovviamente ricorrono anche nell'intervista a V. Stati, nelle sue risposte) il moldavo diventa coufficiale col russo, acquisisce dunque uno status giuridico peculiare di una situazione di diglossia/bilinguismo, diverso da quello del romeno in Romania, unica lingua ufficiale. Di fatto, il moldavo della Moldavia, quale che sia il suo nome, viene funzionalmente ridimensionato e subisce un nuovo declassamento sociolinguistico in quanto è stata riaperta la via della russificazione.⁹ D'altra parte, affermare l'identità strutturale del moldavo e romeno, smettere cioè di negarla, può sorreggere anche l'ipotesi dell'unificazione di Romania e Bessarabia, così come pianificata o quanto meno ideata dall'alto. Le cui conseguenze disastrose è facile prevedere. Una tra le tante la situazione della Transnistria, zona di frontiera e modello in miniatura, seppur capovolto, della Moldavia attuale: infatti, come si è già detto, la maggioranza dell'intero stato è minoranza regionale (configurazione tipicamente balcanica e baltica; cfr. Lőrinczi 1999a ; 1999b), per cui il problema dei rapporti di forza tra la maggioranza e la minoranza si riproporrebbe nella Transnistria su scala ridotta ma non per questo con minor violenza, secondo quanto fanno prevedere gli avvenimenti degli ultimi dieci anni e lo stato attuale delle cose.

5. Perché continuare ad occuparsi, in questo contesto politico ed ideologico radicalmente mutato, di un lavoro rapidamente invecchiato e datato quale il menzionato dizionario 'bilingue' moldavo-romeno? Se l'impegno assunto va comunque onorato, l'obbligo dell'informazione e dell'aggiornamento deve essere anch'esso rispettato; preoccupa, inoltre, una strana ma non improbabile previsione formulata da uno dei commentatori moldavi che noi romanisti "europei" (cioè cittadini dell'UE) dovremmo sventare in quanto evidentemente fino a questo momento non siamo riusciti a convincere l'opinione pubblica colta che romeno e moldavo sono soltanto varianti di un unico diasistema.¹⁰



Nel 2003 le comunità scientifiche e numerosi intellettuali moldavi e romeni esprimevano il loro sconcerto e la loro indignazione riguardo all'operazione del cosiddetto dizionario moldavo-romeno.¹¹ Tolte le copertine, delle quali si è già detto ma sulle quali si ritornerà ancora, esso diventa un modesto dizionario dialettale (o, meglio, regionale) raffazzonato, indicato dai commentatori anche come una "parodia lessicologica" suscettibile di diventare proprio per questo una rarità bibliografica.¹¹ Il successo commerciale del libro è stato notevole, e la semplice curiosità spinse molti ad andare a cercare nelle librerie l'innominabile "acel dicţionar" dalla copertina brillante e dall'introduzione aggressiva.¹²



Descrizioni e analisi del contenuto, valutazioni riguardo all'etica professionale dell'autore, filologo di formazione, sono reperibili nella rivista di Chişinău "Limba română. Revistă de ştiinţă şi cultură", XII, 2003, nr. 6-10, pp.172-186, che raccoglie sotto il titolo benevolo O carte bizară i duri e minuziosi commenti di cinque intellettuali, anche linguisti, moldavi e romeni (Gh. Chivu,V. Rusu, I. Ciocanu, V. Melnic, I. Melniciuc). Gh. Chivu ad esempio, per fermarci al primo nome, ritiene che il lavoro può aspirare al massimo alla qualifica di "mic dicţionar explicativ de regionalisme moldoveneşti". Questo per essere indulgenti, poiché numerosissimi lemmi sono parole a circolazione panromena o presenti anche in altre geovarietà daco-romene (come ad esempio mîţă 'tradotto' nel dizionario con pisică "gatto"; cfr. DEX: mâţă (pop.) = pisică).¹³



Il quotato periodico moldavo "Contrafort" ha subito promosso un'inchiesta (leggibile in rete), chiedendo a numerosi intellettuali (V. Gârneţ, N. Negru, M. Cimpoi, E. Lungu, V. Romanciuc, L. Butnaru, L. Codreanca, C. Cheianu, A. Burac, I. Colesnic, I Ciocanu, N. Rusu, G. Chiper, I. Bodrug, N. Spătaru, I. Ciocan, V. Anestiade - rinomato patobiologo) se il lavoro riesce veramente a dimostrare l'esistenza di una lingua moldava diversa da quella romena, se lo considerano come l'esternazione dei problemi personali dell'autore oppure se, molto più seriamente, tradisce lo smarrimento del senso d'identità - penoso ed anacronistico, vera sconfitta - di uno stato che bussa alle porte dell'Europa.¹⁴ Per gli approfondimenti rimandiamo alle fonti appena citate, dal momento che il concetto base del lavoro, della non identità strutturale tra moldavo e romeno, è stato nel frattempo abbondantemente superato anche a livello politico.



Illustreremo ora le manipolazioni più vistose, operate sull'involucro del lavoro. Sembra plausibile l'ipotesi emessa da alcuni, secondo cui le copertine siano state progettate e poi applicate all'insaputa dell'équipe redazionale del dizionario, dal momento che nella scheda tecnica anteriore il dizionario viene descritto come "dicţionar moldovenesc explicativ" e non come "bilingv". Sulle copertine si trova una sequenza di cartine 'linguistiche', che rielaborano gradualmente la cartina n. 5 delle parlate daco-romene presente in Mihăescu (1993: 162-163). Per la cartina Mihăescu si veda la fig. 1. La zona evidenziata corrisponde ai "parlers type moldave". In Stati, sulla seconda di copertina, tale cartina originaria assume quest'aspetto (fig. 2): l'area delle "parlate di tipo moldavo" viene ricoperta dalla scritta LIMBA MOLDOVENEASCĂ. I confini dialettali sono ancora visibili. Invece nella terza variante cartografica, riprodotta sulla prima di copertina, i confini linguistici sono cancellati (fig. 3); assenti i nomi della Romania e della Moldavia (e anche dell'Ucraina), spicca la scritta "lingua moldava", ricoprente la Moldavia storica e parte della Transilvania. Sulla terza di copertina figura l'albero genealogico delle lingue indoeuropee, con scritte in russo, sul quale romeno e moldavo sono indicate come lingue a se stanti (fig. 4).



6. Le conclusioni che vorrei trarre al termine di questo case study sono di ordine metodologico ed etico, e devono partire dall'individuazione dell'oggetto di studio secondo le sue specificità: esso è costituito di produzioni linguistiche metadiscorsive, i cui emittenti sono individui (rappresentativi o meno, specialisti o meno), gruppi di individui più o meno organizzati (in istituzioni, partiti, associazioni, équipes redazionali ecc.) e la comunità linguistica nel suo insieme. Perciò i prodotti metadiscorsivi, tutti degni di attenzione e di fatto tutti influenti in varia maniera, hanno caratteristiche testuali, contenutistiche e retoriche variegate; si devono prendere in esame leggi e proclami, inchieste sociolinguistiche ma anche giornalistiche, narrazioni autobiografiche e conversazioni mirate, poesie ¹⁵ ed invettive/blasoni, testi con pretese di scientificità e falsificazioni, insinuazioni e discorsi ad argomento misto e con un grado variabile di trasparenza (come ad esempio quelli politici). Il risvolto etico si manifesta nel fatto che a prescindere dall'implicazione o meno dello studioso nel problema trattato ovvero a prescindere dall'eventuale militanza, egli ha il dovere professionale della massima oggettività e scrupolosità anche per non diventare indebitamente invasivo (su problemi di etica professionale del linguista, in situazioni di emancipazione o di salvaguardia di lingue, v. ad esempio Launey 2000; Hill 2002). L'eventuale militanza linguistica, vale a dire lo schierarsi in forma attiva, non dovrebbe entrare in conflitto con l'autovalutazione, in termini di ricognizione imparziale, della stessa militanza. Per l'eterogeneità delle fonti da utilizzare, il discorso su di esse acquisisce a sua volta un carattere sincretistico, il più appropriato per valorizzare gli svariati punti di vista degli attori sociali. In questa breve disamina si è tentato di tener presenti i principi sopra enunciati.



NOTE.

1. Si vedano, per informazioni generali sull'attuale situazione della Moldavia,

http://europa.eu.int/comm/external_relations/moldova/intro/;

http://www.tlfq.ulaval.ca/axl/europe/moldavie.htm

Questi siti, come pure quelli indicati nella nota successiva, sono stati visitati nella prima metà dell'aprile 2005. V. inoltre, per la Transnistria, Prevelakis 2001: 179.

2. Ottima cartografia politico-amministrativa e ricche informazioni soprattutto demolinguistiche e di legislazione linguistica nei siti

http://www.tlfq.ulaval.ca/axl/europe/moldavie-map.htm;

http://www.tlfq.ulaval.ca/axl/europe/moldavie_prov.htm;

http://www.tlfq.ulaval.ca/axl/EtatsNsouverains/Transnistrie.htm.

3. Bibliografia in Tagliavini 1972; Colesnic-Codreanca 2003; Lőrinczi in c. di st. Sulle caratteristiche del romeno-moldavo si veda Bochmann - Dumbravă 2000-2002. V. Dumbravă è inoltre autore di una tesi di dottorato intitolata Sprachkonflikt, Sprachbewusstsein und Sprachloyalität in der Republik Moldova, elaborata all'Università di Lipsia sotto la direzione scientifica del prof. K. Bochmann. I due studiosi hanno anche curato Bochmann-Dumbravă 2004, continuazione del lavoro in due volumi del 2000 - 2002.

4. Si veda il periodico "Contrafort", Chişinău, n. 1-2, genn.-febbr. 2005, all'indirizzo http://www.contrafort.md/ . Cfr. il titolo di Nouzille 2004.

5. "Aspectul pozitiv cel mai important al acestei iniţiative [scil. al proiectului Belkovski] este că Rusia recunoaşte, astfel, pentru prima dată în istorie - plecându-şi urechea, s-ar zice, la vorbele lui Soljeniţîn ("Rusia trebuie să renunţe la Basarabia. Basarabia este a românilor", frază dintr-o scrisoare adresată de marele scriitor şi fost disident rus, acum 14 ani, Sovietului Suprem de la Moscova") - ea [= Rusia] recunoaşte, aşadar, românitatea Moldovei dintre Prut şi Nistru, spre stupoarea moldoveniştilor de la Chişinău, făcând praf şi pulbere teoria despre limba şi naţiunea "moldovenească". " [L'aspetto positivo più importante del progetto Belkovski è che la Russia riconosce in questo modo, per la prima volta nella storia - come se desse ascolto alle parole di Sol´enitsyn ("La Russia deve rinunciare alla Bessarabia, la Bessarabia appartiene ai Romeni"), frase tratta da una lettera indirizzata dal grande scrittore ed ex dissidente russo, 14 anni fa, al Soviet Supremo di Mosca - la Russia, quindi, riconosce la romenità di quella parte della Moldavia che si trova tra il Prut e lo Dniestr, con grande stupore dei moldovenisti di Chişinău e riducendo in polvere la teoria sulla lingua e sulla nazione "moldave".] (Ciobanu 2004).

6. "Limba română şi limba moldovenească nu sunt două limbi distincte - ele au două lingvonime, naţional moldovenesc şi naţional românesc [...] Limba română şi cea moldovenească au o formă literară comună, o origine comună şi un fond lexical de bază comun, o cale istorică de dezvoltare comună [...] Limba naţională moldovenească şi limba naţională română îşi păstrează ambele lingvonimul său, care servesc drept identificatoare a două naţiuni [...] Eu nu cunosc limba română, dar vorbesc limba moldovenească şi mă înţeleg cu românii [...] Eu sunt moldovean şi limba mi-i moldovenească."

7. Sfruttando astutamente e dichiaratamente la nota difficoltà teoretica di tracciare confini netti geografici e sociali tra le varietà linguistiche contigue e/o affini, giocando inoltre sulle varie accezioni di dialetto (cfr. Marcato 2001), Stati dichiara a p. 10 dell'introduzione: "Din acest punct de vedere - al deosebirilor esenţiale [tra romeno e moldavo] - moldoveneasca oferă mărturii surprinzătoare." [Da questo punto di vista, delle differenze essenziali tra moldavo e romeno, la lingua moldava offre testimonianze sorprendenti.] Seguono pochissimi esempi di nessuna rilevanza, come anină "sabbia", termine regionale settentrionale di origine latina (< ARENA) contrapposto a nisip "id.", che, oltre ad essere regionale, è però anche il termine standard; nisip è di origine bulgara (v. DEX).

8. Sul problema generale della denominazione delle lingue, della differenziazione glottonimica, rimando a Tabouret-Keller 1997 e a Canut 2000.

9. I problemi di politica linguistica di uno stato europeo piccolo, soprattutto se linguisticamente composito ('svizzeroforme', cfr. Dürmüller 1996), sono attualmente sempre molto rilevanti. Ce ne informa, con molta competenza, Szépe 2001, privilegiando, ovviamente, il punto di vista ungherese.

10. Dal momento che il dizionario di Stati è comunque in circolazione, alcuni commentatori moldavi paventano quest'effetto sull'opinine pubblica occidentale: "Savanţii de peste hotare mai puţin familiarizaţi cu nuanţele noastre lingvistice vor fi induşi în eroare şi la rândul lor ei vor induce şi pe alţii făcând referinţă la această ediţie ca la o mostră ştiinţifică, pe când lucrarea de faţă reprezintă un studiu comparatist conceput foarte rudimentar şi realizat primitiv şi tendenţios." [Gli studiosi stranieri a cui le nostre sfumature linguistiche fossero meno familiari potrebbero esserne tratti in inganno e a loro volta, utilizzando questa pubblicazione come un lavoro scientifico, potrebbero indurre altri in errore, mentre invece il lavoro è soltanto uno studio comparativo molto rudimentale, realizzato in maniera primitiva e tendenziosa.] (p. 9 della versione in rete delle risposte al questionario, riportato qui nella nota 14).

11. Ringrazio i colleghi Radu Melniciuc e Lidia Cazacu dell'Università di Chişinău per avermi fatto avere sia una copia del dizionario sia, successivamente, i commentari pubblicati su "Limba română". Sull'autore come storiografo, compilatore di una altrettanto problematica Istoria Moldovei în date (486 pp.), si pronuncia la storica romena Moisuc (1999). Caso non affatto strano ed isolato, la storiografia nazionale e la sua didattica, in Moldavia, è irta di problemi. La recente esclusione del corso di storia nazionale (cioè della Storia dei Romeni) dal curriculum scolastico delle suole moldave ha suscitato le proteste dei professori di storia, i quali hanno manifestato la loro opinione collettiva in riunioni e nei siti delle associazioni professionali (Asociaţia Istoricilor din Moldova, Asociaţia Naţională a Tinerilor Istorici din Moldova; è interessante notare l'esistenza in Moldavia di organizzazioni di giovani intellettuali, al cui novero appartiene anche la rivista "Contrafort").

12. Nel 2001, durante un incontro internazionale tenutosi a Trieste, il premier romeno Adrian Năstase avrebbe dichiarato che l'esistenza di una presunta lingua moldava distinta da quella romena potrebbe essere dimostrata soltanto nel caso fosse possibile compilare un dizionario 'bilingue' che mettesse a confronto le due menzionate varietà. La battuta, insieme ingenua ed arrogante, ha ricevuto una pronta risposta condizionata unicamente dai tempi tecnici richiesti dalla compilazione e pubblicazione di un dizionario di dimensioni ridotte (Stati 2003).

13. Un altro esempio: abricós viene definito "pom fructifer din familia rozaceelor cu fruct galben-portocaliu", abricoasă "fructul abricosului". Questi sono evidenti russismi e quindi regionalismi, i cui equivalenti standard (cais, caisă "albicocco, albicocca" < neogreco; v. DEX) non vengono forniti né come 'traduzione' né come lemmi separati. Si può osservare che Stati non segue le prescrizioni in materia di <â/î> presenti nell'ultima variante ufficiale dell'ortografia romena.

14. "Cum comentaţi apariţia aşa-zisului Dicţionar moldovenesc-românesc al pseudo-istoricului comunist Vasile Stati? A reuşit această bizară "operă" lexicografică să demonstreze existenţa "limbii moldoveneşti"? Credeţi că este vorba de o problemă personală a lui Stati, sau acest "eveniment" trădează deruta identitară - penibilă şi anacronică - a unui stat care bate la porţile Europei?" (Un monument ... 2003).

15. Dal 1994 il testo dell'inno nazionale della Moldavia è tratto dal poema Limba noastră di Alexei Mateevici (1888 - 1917).



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