L’associazione teatina ‘Allarme Lingua’ torna sul problema delle lingue in Europa

 

Lettera a Orban, Commissario europeo per il multilinguismo

 

 Il Commissiario Ue per il multilinguismo, il romeno Leonard Orban, grande sostenitore, almeno a parole, dell’importanza irrinunciabile del pluralismo linguistico, ha rivolto ai cittadini europei la domanda “Cosa pensate delle lingue in Europa ?” in http:// forums.ec.europa.eu/ multilingualism/ . Claude Piron, psicologo svizzero esperto di comunicazione internazionale e membro del Consiglio Scientifico di Allarme Lingua, già apparso più volte sulla stampa abruzzese con sui interventi a favore di una comunicazione più democratica, ha inviato la lettera che segue. Signor Commissario, La ringrazio per aver invitato dei semplici cittadini ad esprimere il proprio parere. Lo ritengo un simpatico segno di rispetto per l’ “uomo della strada”. Il problema delle lingue in Europa è caratterizzato dalla tensione tra due bisogni in apparenza contraddittori: il bisogno di comunicare in modo efficace ed il bisogno di rispettare uguaglianza ed anche identità di ognuno. Avvalersi dell’inglese non è democratico, anzi porta la maggior parte degli europei all’afasia. Osservi la comuni­cazione tra due cittadini europei, di lingua non germa­nica, sulla trentina o quaran-

tina e che abbiano studiato l’inglese per sei o sette anni durante l’iter scolastico:: frasi spezzettate, costante ricerca della parola voluta, necessità di numerose ripetizioni per poter capire, pronuncia bloccata o disturbata di alcuni fonemi, ecc. Quanto all’ investimento necessario in tempo e fatica, il risultato è piuttosto deludente e ricon­ducibile alla non adattabilità dell’inglese alle esigenze della comunicazione interculturale. Prova oggettiva ne è che un investimento 10 volte minore dà un esito decisamente migliore, laddove la lingua di comunicazione venga scelta con più discernimento. Non solo avvalersi dell’inglese non è democratico, ma nel modo stesso di presentare il pro­blema alle popolazioni si annida un drammatico deficit di democrazia. I principali inganni sono i seguenti. -Viene fatto credere ai non anglofoni che sia possibile imparare bene l’inglese. Que­sto è vero solo per una limitata percentuale di coloro che parlano una lingua germanica o per coloro che hanno i mezzi di frequentare per 4 o 5 anni una università di lingua inglese.

-Viene fatto credere che sia possibile imparare bene l’inglese attraverso l’insegna­mento scolastico. Da una ricerca condotta ad Hannover su 3700 studenti con 8 – 10 anni d’inglese alle spalle, emerge che solo l’1% è stato classificato nella categoria “ottimo” e il 4% nella categoria “buono”, in base alle per­centuali di successo riferite al test di lingua.

-Viene fatto credere che una volta imparato l’inglese sia possibile comunicare ovun­que nel mondo. Nell’Europa continentale oltre il 90% della popolazione non è in grado di capire un brano di inglese corrente. Provi in Polonia o in Francia ad esprimersi in inglese con persone incontrate per strada e si accorgerà di essere stato ingannato sull’universa­lità dell’inglese. -Viene fatto credere che lo status dell’inglese come unica lingua globale sia definitivo, che la cosa sia ineluttabile. La storia insegna che un simile giudizio ha buone probabilità di essere smentito più che di essere convalidato. - Per molti versi la fonetica dell’inglese la rende molto più difficile da pronunciare di gran parte delle altre lingue per la maggioranza della popola­zione e per quanto riguarda la padronanza del lessico occorre una fatica doppia rispetto a quella necessaria per un’altra lingua. In quasi tutte le lingue si riscontra un collegamento formale che agevola la memo­rizzazione di nozioni connesse: si fa derivare “lunare” da“luna”, “dentista” da “dente”, “disarmo” da “arma”. In inglese invece occorre ogni volta imparare due parole diverse: moon / lunar, tooth / dentist, weapon / disarmament. Inoltre non si ha una buona padronanza dell’inglese se non si conoscono migliaia di doppioni del tipo buy / purchase, read / peruse, freedom / liberty, threat / menace, ecc. La maggior parte delle lingue funziona benissimo senza un simile ingombro lessicale. Inoltre non è affatto vero che l’inglese sia una lingua precisa quanto la maggior parte delle altre lingue.

L’inglese è decisamente più approssimativo, per via dei pochi riferimenti grammaticali e dei campi semantici spesso troppo vasti. Ho lavorato con parecchie lingue e nessuna è così ambigua. Ciò è partico­larmente deplorevole, specie per i testi giuridici e scientifici. - Si fa credere che l’esperanto è un passatempo, una utopia che non funziona. Se lo paragoniamo, nella pratica, ad altri linguaggi internazionali, cioè ad una buona conoscen­za dell’ inglese, all’interpre­tazione simultanea o consecu­tiva, alla mimica o al linguaggio maccheronico, ecc. ci si rende conto della sua superiorità. Infatti con l’esperanto non si è costretti ad investire un solo centesimo nella comunica­zione linguistica ed essendo l’impegno decisamente mino­re (sei mesi di studio del­l’esperanto danno una capa­cità di comunicazione che in un’altra lingua, inglese com­preso, non viene raggiunta nemmeno dopo sei anni), il rapporto costo-efficacia risulta senz’altro più favorevole rispetto ad altri sistemi (vedi Claude Piron, “Commu-nication linguistique: Étude comparative faite sur le terrain”, <Language Problems & Language Planningi>, vol. 26, 1, 23-50 o, in italiano: . http:/ /www.allarmelingua.it/ Approfondimenti/ AP%2013.htm). La sostitu­zione dell’inglese con l’espe­ranto porterebbe ad una ap­prezzabile riduzione dei costi sia nell’insegnamento che nelle relazioni internazionali (l’economista François Grin ha calcolato che se l’Europa adottasse l’esperanto, rispar-mierebbe annualmente 25 miliardi di euro) e consenti­rebbe di dedicare ad altri idiomi centinaia di ore di lezione, rendendo in tal modo possibile una effettiva diversificazione nell’insegnamento delle lingue. La scuola tornerebbe a rispecchiare la diversità cultu­rale invece di essere costretta a influenzare gli studenti con un’ unica cultura presentata di fatto come superiore alle altre. Insomma, l’organizzazione linguistica dell’Europa e del mondo in generale si regge su una impressionante serie di inganni sia perché i propa­gatori delle falsità sono in malafede, sia – ed è sicura­mente il caso più frequente — perché ripetono quanto viene detto senza curarsi di verifi­care i fatti e di pensare alle con­seguenze del loro atteg­giamento. Signor Commi­ssario, Lei conta di fare qual­cosa e conta di fare qualcosa la Commissione per ristabilire la verità e consentire agli Europei di scegliere un regime linguistico in piena consape­volezza? Ci auguriamo di sì, perché se si continuerà sulla via dell’inerzia, capiremo che la democrazia non avrà più nulla da aspettarsi dalle istituzioni europee. Infatti qualsiasi inganno, anche se divulgato in buona fede, apre la porta alle derive antide­mocratiche.

Claude Piron

Cronaca d’Abruzzo 4/1/08