L’inglese diventa lingua ufficiale di ricerca nelle scienze politiche. La rabbia degli oppositori: “Pagano i cittadini”. Intanto c’è chi invita alla calma
 
BELLINZONA - “Non possiamo sottovalutare questa situazione. Ci vogliono vietare le lingue nazionali”. Parole dure quelle del politologo Nenad Stojanovic. Ce l’ha con il Fondo nazionale di ricerca che ha deciso di imporre l’inglese quale lingua di ricerca nelle scienze politiche e necessaria per inoltrare un progetto. E ce l’ha con il Consiglio federale, ‘reo’ di non essersi opposto a una simile scelta. A sollevare il polverone era stato di recente il consigliere nazionale Ignazio Cassis, evidenziando come simili progetti di ricerca siano pagati con i soldi dei contribuenti. “Le motivazioni del Governo - tuona Cassis - sono pretestuose e difficilmente spiegabili alla popolazione che li finanzia”.  

 

Imposizione dolorosa - Una discussione apparentemente di nicchia sta assumendo una portata nazionale. Lo dimostra anche la petizione partita dalla Romandia (http://languefns.wesign.it/fr ) e capace di raccogliere parecchie adesioni in poco tempo. “Il Fondo nazionale - riprende  Stojanovic - vuole imporci l’inglese come unica lingua possibile per avviare un progetto di ricerca. Questo è sintomatico e intollerabile. Se io voglio fare una ricerca sulla democrazia in Svizzera, perché lo devo fare necessariamente in inglese? Questa imposizione fa male”.

Leggi l'articolo di di Patrick Mancini - tio.ch