08/12/05 Corriere dell’Alto Adige
Riflettiamo su diritti e doveri nel solco tracciato da Mazzini

Al centro la persona umana con i suoi diritti e doveri. Viene fatto di pensare al famoso libro «Dei doveri dell'uomo» di Giuseppe Mazzini, pubblicato di recente, con una prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. Diritti e doveri sono inscindibili, secondo Mazzini, il quale affermò: «Chi non compie doveri non ha diritti». Mazzini scrisse, nel 1835, che la nazione «sta per eguaglianza e democrazia». Oggi si può affermare che la democrazia classica sia stata e sia tuttora, a livello di Stati-Nazione, una formidabile soluzione alla forma di governo. Ma si reputa che essa non sia applicabile al di fuori dello Stato-Nazione. Il caso dell'Unione europea è emblematico: il popolo non può esprimere la sua volontà, per il fatto che non esiste un «popolo europeo». Eppure, nella storia moderna europea, lo Stato-Nazione può e dovrebbe essere il tramite di un nuovo ordine internazionale, di carattere liberale, composto di due elementi: uno è la democrazia, l'altro è la sottomissione di tutti i cittadini, senza distinzioni, alla legge costituzionale. L'unità dei popoli europei era stata preconizzata già nel 1832 nella «Giovine Italia» da Mazzini che due anni dopo riprendeva il concetto nella «Giovine Europa». La nazionalità, come la intendeva Mazzini, è l'antitesi del principio aristocratico, così come l'associazione è l'antitesi dell'individualismo (egoismo individualista): è il linguaggio universale dell'umanità,

parlato nella lingua di ogni singolo popolo o gruppo etnico. Due concetti distinti, perciò: l'individuo e la nazionalità: il primo parla il linguaggio dei diritti, la seconda quella del dovere o come di recente si è scritto «del substrato culturale della società civile». Mazzini spiega che le nazioni hanno una legittimità morale quando ogni cittadino, uomo o donna, ha diritti civili e politici. Ciò è fattìbile soltanto se la nazionalità è dissociata dal nazionalismo, aggressivo. La «legge dei popoli», o umanitarismo delle nazioni, consente di accostare Mazzini all'ebreo polacco Lejzer Ludwik Zamenhof il quale mirava alla conciliazione tra gli uomini, grazie a una lìngua internazionale pianificata, l'esperanto(1887), accessibile

alle masse, in piena uguaglianza. Un idioma neutrale, senza pretendere di inserirsi negli affari interni dei popoli e senza mirare a sostituire o eliminare le lingue nazionali esistenti, permetterebbe agli uomini di differenti nazionalità di capirsi fra loro e potrebbe servire come idioma di pacificazione presso le istituzioni pubbliche nei Paesi dove etnie diverse lottano tra di loro a causa della lingua e della cultura ad essa connessa. In questo quadro, seppure in misura infinitesimale, si può collocare la «singolare» situazione politico-culturale della città capoluogo di Bolzano. Si percepisce l'esigenza di una riflessione culturale, che parta dalla centralità della persona umana, Ma per avviare un processo culturale occorre formare un movimento culturale che coinvolga le migliori intelligenze, promuovere formazione condivisa e dialogo sociale. La «nuova democrazia» si svilupperà e avrà un futuro soltanto se la società civile saprà dotarsi di debite infrastrutture e sì renda essa stessa soggetto politico. E la città capoluogo di Bolzano non potrebbe essere una sorta di laboratorio per tentare un esperimento di carattere culturale e politico di respiro europeo?

Renzo Segalla, Bolzano

Corriere dell’Alto Adige 8/12/05