Perché non dare a cinesi lezioni d'esperanto?
La questione cinese: un miliardo di persone nel retroterra, 300 milioni lungo la costa occidentale; la Cina interna è addirittura irriconoscibile rispetto al tenore di vita vigente a Pechino,, Shanghai, Hong Kong; le 30 province hanno caratteristiche di stato diverse, una propria identità e lingua. Gli stati europei, Francia, Germania, Italia, con le recenti visite nel grande Paese asiatico, cercano di intensificare i rapporti commerciali e imprenditoriali per ora nella limitata area demografica dei 300 milioni. Circa 500 imprese italiane, tra cui la Thun di Balzano, il gruppo Leitner di Vipiteno, la Senfter di San Candido, la Loacker di Re-non, già operano "sul territorio cinese in settori diversi, dall'ambiente al tessile, ai mezzi di trasporto. Gli Usa vi esportano, fra l'altro, la tecnologia, i cellulari e i Pc. Nei prossimi anni la Cina potrà diventare U più grande mercato mondiale. La Cina e l'Italia hanno mantenuto per ben 34 anni rapporti commerciali, politici, culturali, che la recente visita del Presidente della Repubblica italiana ha inteso rafforzare, fra due Paesi storicamente uniti. La Cina è famosa per i suoi 5000 anni di storia e per essere una delle quattro civiltà più antiche del mondo. Nella maggior parte della Cina ci si può comprendere soltanto parlando cinese. L'ultima settimana di luglio Pechino ospitò l'89° congresso universale di esperanto: 2031 partecipanti di 50 Paesi convennero per usare praticamente la lingua internazionale e così poterono comunicare anche con quei cinesi che la conoscono. L'esperanto potrebbe diventare il crocevia delle lingue, disse nel 1993 Umberto Eco. Dopo 2000 ore di studio dell'inglese (5 ore/settimana per 10 anni) i cinesi medi si esprimono balbettando; dopo 220 ore di esperanto, essi, in media riescono a comunicare: l'esperanto, fra l'altro, è affine alle lingue dette isolanti come il cinese appunto e in Cina viene insegnato nelle università.
Renzo Segalla BOLZANO
Alto Adige 15/2/05