27/03/07 Il Riformista

ABELE. LA FATICA DI DECRITTARE LA DICHIARAZIONE TRA UNA STORPIATURA E L´ALTRA - DI ROBERTO BARZANTI

Cara vecchia Europa, ci sarà pure un traduttore a Berlino

I quotidiani italiani hanno ripreso da Internet un testo un po'
surreale, dove destino viene convertito in fortuna, cooperazione in
convivenza (magari è stato l´effetto dei Dico), artificiale in
innaturale. Contribuendo così ad alimentare la confusione

Chi ha voluto arrabattarsi davanti al pc per pescare on line, appena
uscita, l´attesa Dichiarazione di Berlino ha avuto più di una
delusione. Quella politica è stata per molti bruciante. Si sapeva
che la parola Costituzione non sarebbe comparsa e fin qui niente di
sorprendente. Ma non c'è neppure la definizione - correttissima - di
Trattato costituzionale, che in realtà è quanto mai appropriata al
documento improvvisamente disconosciuto da tutti. Quanto al bilancio
dei cinquant'anni e agli obiettivi per il futuro, fumo a volontà.
L´altra delusione di quanti amerebbero chiarezza di lessico e
puntualità di discorso è stata anche più severa. Mamma mia! Chi si è
improvvisato traduttore della balbettante dichiarazione berlinese?
Senza citare nomi di siti visitati, basterà fare qualche esempio e
metter a paragone il pasticcio delle versioni italiane con il testo
originale, e magari con la versione francese, al solito l´unica
netta e univoca. È un esercizio non inutile, perché questa
disorientante fatica delle prime ore vaga ancora in rete ed è stata
presa sul serio da più di un quotidiano diffuso su carta.
Sopravvive, ad esempio, su L´Unità di ieri, a futura memoria. O nel
brandello di citazione del Corriere della sera (sempre ieri, a
pagina 8).
L´inizio è improntato al massimo di solennità: «Per secoli l´Europa
è stata un'idea, una speranza di pace e di comprensione. Questa
speranza ha trovato conferma». Traducendo dal francese si ha «Questa
speranza si è oggi concretizzata». Così va bene: se fosse solo
confermata la speranza sarebbero guai. Più avanti: «Ci ha donato
affinità e ci ha fatto superare contrasti». Un'altra traduzione
italiana: «Ci ha portato un senso di affinità e ci ha fatto superare
le differenze». Provo a tradurre dall´originale: «Ha creato un senso
di appartenenza comune e ha permesso di superare gli antagonismi».
Siamo di fronte a concetti del tutto incomparabili. Poi si esprime
gratitudine ai cittadini dell´Europa centrale e orientale, perché
attraverso le loro lotte «oggi è stata definitivamente superata la
divisione innaturale dell´Europa». Perché «innaturale»? Quando mai
l´Europa ha avuto confini naturali? Infatti il testo originale, più
accettabilmente, parla del superamento di una "divisione
artificiale". Quindi la premessa chiude - chiuderebbe - con
un'affermazione davvero balorda. «Noi cittadine e cittadini
dell´Unione europea siamo uniti nella nostra fortuna». Incassiamo il
politicamente corretto dei generi, ma la «fortuna» sarà per caso,
latinamente, il «destino»? No. L´affermazione è più semplice e
consiste, più o meno, in questa avveduta massima: «La risorsa
nostra, di cittadine e cittadini d'Europa sta nell´essere uniti».
Più sotto in certe traduzioni italiane si è letto che tra Stati e
istituzioni europee si è stabilita «una convivenza democratica».
Ovviamente la convivenza non c'entra, e neppure Pacs o Dico: si
tratta di «cooperazione democratica». Per riferirsi, in soldoni,
alla sussidiarietà ecco la formula che circola nei siti
italiani: «L´Unione europea, gli Stati membri e le loro regioni e
comuni si dividono i compiti». Che vuol dire? A quale tavolo avviene
questa spartizione di compiti? La lambiccata, ma non oscura, dizione
messa a punto è più comprensibile se detta così: «I compiti da
assolvere sono ripartiti tra l´Unione europea, gli Stati membri e le
autorità regionali e locali». Qui ci siamo: ma in italiano
meglio «poteri» che «autorità». Ancora: la frase «Razzismo e
xenofobia non dovranno più avere una chance» in realtà si dovrà
tradurre: «Mai più il razzismo e la xenofobia devono avere la
possibilità di imporsi».
Si potrebbe continuare e ci sarebbe di che inveire, anche sol
guardando i termini. Perché mettere «responsabilità sociale» al
posto di «solidarietà sociale»? Che vuol dire che ci si propone
di «formare secondo i nostri concetti e valori la crescente
interdipendenza dell´economia»? Non è indecentemente demiurgico
questo proposito? Infatti la frase è più prudente e avveduta: «Noi
possiamo padroneggiare, nel rispetto dei nostri valori, la crescente
internazionalizzazione dell´economia». Forse si ha paura di parlare
di globalizzazione, ma «padroneggiare», «orientare» sono plausibili,
mentre non lo è affatto «formare» e neppure l´ottimistico «gestire»
che ha preso a circolare e che forse sarà ufficialmente adottato. La
dichiarazione chiude enunciando la volontà di dare «una rinnovata
base comune» all´Unione, prima delle elezioni per il Parlamento
europeo del 2009. Anche «Trattato costituzionale» è diventato,
dunque, una parolaccia. Qui la colpa non è del traduttore più o meno
esperto. Più correttamente l´originale reca: «…dobbiamo adattare
sempre la costruzione politica dell´Europa alle nuove realtà. È per
questi motivi che oggi [...] condividiamo l´obiettivo di rinnovare
le fondamenta dell´Unione europea». Insomma l´Unione sarà immersa in
un continuo processo di revisione istituzionale, un processo aperto,
che non intende approdare, sia pure transitoriamente, a un modello
organico. Constatazione amarissima: dopo cinquant'anni l´Europa
brussellese, malgrado fior di interpreti, traduttori, lessicologi e
spericolati esercizi gergali, accetta il rischio di non farsi
capire. La reticente lingua della diplomazia non è diventata senso
comune. A furia di sottrarre e eludere dopo un lavorìo di mesi ecco
un altro topolino. Le frasi che si sforzano di esser lapidarie si
succedono senza una sintassi politica che le sorregga e neppure un
condiviso vocabolario che consenta di decriptarle univocamente e
renderle intelligibili all´opinione pubblica. L´unica certezza è che
il discorso pubblico sull´Europa continuerà a essere una Babele da
declinare a piacere.

Il Riformista 27/3/07