ESPERANTO PER POTERCI CAPIRE

L’aspirazione alla lingua comune

L’Esperanto è la strada giusta. Nell’antichità classica era il latino la lingua internazionale: non si rinunciava all’idioma della propria regione, ma la lingua dei conquistatori era l’idioma di tutti e in particolare della cultura. Poi i fermenti del pensiero novo e l’affermazione del volgare che mutava grazie alla forza espressiva prodotta dal popolo e soprattutto dai poeti nei secoli XIII e XIV. Da qui in poi la storia è conosciuta. Ma oggi? Il mondo globalizzato pare ingessato proprio dal non aver soddisfatto le esigenze linguistiche espresse dalla complessità dei tanti saperi diffusi sul pianeta. Intanto però un flusso denso e profondo di conoscenza ha continuato ad allargarsi e a diffondersi: questo magma è l’Esperanto. Abbiamo incontrato una esperantista, Anna Maria Dall’Olio, docente di lingua e letteratura Inglese, che ci ha introdotto alla lingua universale. E se ne rimane affascinati: un mondo fatto soprattutto di semplicità, razionalità e voglia di comunicare. Solo 16 regole grammaticali senza eccezioni, in 50 ore di lezione si è in grado di apprendere ciò che poi servirà a una comunicazione media. La lingua è strutturata in modo componenziale e logico ricercando nella fonetica e nel lessico la massima internazionalità. Tale struttura fu ideata da Lazar Ludvik Zamenhof nato nel 1859 a Bialystock, regione lituana dell’impero russo, il quale “ in famiglia parla russo, fuori casa polacco, come studente di ginnasio studia il tedesco e il francese, il latino e il greco. Conosce elementi di lituano; e apprende lo yiddish.” Esperanto, ma non solo lingua, anche vera idea umana: Zamenhof mira alla riconciliazione fra gli uomini fondata sulla fratellanza. Al primo Congresso esperantista dimostrò che quest’utopia era possibile: i convenuti si parlavano come fratelli, non come francesi ad inglesi, russi a polacchi. Sempre ci documenta la Dall’Olio, e aggiunge che “la fraternità sarebbe stata reale, solo se i partecipanti si fossero riuniti in piena uguaglianza. Una lingua artificiale offriva il vantaggio di non calpestare i nazionalismi e di riconoscere l’equivalenza di tutte le lingue naturali.” Zamenhof rinunciò ai diritti d’autore; ci ha lasciato la prima indicazione per costruire in modo collettivo un bene comune, visto che “sottopose i progetti di modifica alla collettività degli esperantisti, e accettò le loro decisioni e si considerò un semplice utente.” Convegni e incontri internazionali sono stati da allora i luoghi di discussione dell’Esperanto, come quello che recentemente si è svolto a Pechino. Oggi università importanti come Manchester, Tenerife e dei paesi dell’est dedicano specifiche sezioni di pubblicazione in Esperanto. Lo scozzese W. Auld, esperantista, è stato per ben 2 anni in lista per ricevere il premio Nobel per letteratura. In Italia se ne parla soprattutto attraverso gli scrittori che traducono in Esperanto testi famosi, ma non mancano i contributi originali dedicati al mondo del teatro e della poesia, come quelli di Clelia Conterno Guglielminetti, poetessa in Esperanto, in italiano ha pubblicato il romanzo "In tanti a dire no" edito da Paravia. La stessa Dall’Olio è un esempio contemporaneo di ricerca stilistica e di comunicazione in Esperanto, dal momento che scrive e ha partecipato e vinto vari concorsi letterari, tra cui il Concorso Nazionale "Garcia Lorca" con una poesia contro la guerra, pubblicata poi sulla rivista letteraria quadrimestrale "Corrente Alternata". Soprattutto ricordiamo l’atto unico originale in Esperanto “Tabelo”, pubblicato presso Edistudio, Pisa, nel 2006. Attraverso la rete è possibile accedere a tante e importanti informazioni sulla lingua. Da visitare il sito della Federazione nazionale: http://www.esperanto.it/. Per tutto quanto abbiamo cominciato a sapere va il nostro ringraziamento a Anna Maria Dall’Olio, e un caloroso saluto a tutto il movimento esperantista.

Rossella Nutini

Incontro Saperi 19.1