Caomhnú na hÉagsúlachta Teanga san Eoraip/Feabhas ar fhoghlaim na dteangacha

Conservare la diversità linguistica in Europa/Migliorare l'apprendimento delle lingue

 

Goodenough Conference, Londra, 17 Febbraio 2006, Seán Ó Riain

 

Dato che il mio punto di vista è piuttosto diverso da quello di molti di voi, forse mi consentirete una breve premessa per chiarire “da dove vengo”. Ho conseguito una laurea Ph.D sul tema “Pianificazione linguistica in Irlanda e Québec” presso il Trinity College, Dublino. Ho lavorato per circa 26 anni come diplomatico irlandese in cinque sedi: Vienna, Canberra, Varsavia, Berlino e ora Bruxelles, dove ora mi occupo delle relazioni della Unione Europea con i Balcani occidentali e con l'America Latina presso la Rappresentanza Permanente Irlandese alla UE. Per due anni sono stato il rappresentante del governo Irlandese nel Comitato Inter-governativo del Consiglio d'Europa che ha preparato la Carta Europea delle Lingue Regionali e Minoritarie, presentata per la firma il 5 Novembre 1992, e ho avuto un ruolo, per quanto minore, nell'ottenere l'appoggio del governo tedesco per il riconoscimento dello status di lingua ufficiale di lavoro alla lingua Irlandese nel 2005.[1]

 

Le opinioni che io esprimo qui sono personali. Le mie osservazioni riguarderanno la conservazione delle diversità linguistiche in Europa; un metodo abbastanza poco ortodosso per migliorare l'apprendimento delle lingue in generale, e non solo a livello universitario; e infine l'insegnamento da zero dell'Irlandese a Berlino

 

1. Conservare la Diversità Linguistica in Europa

 

a) Il crescente Predominio dell'Inglese

Nonostante il sostegno della UE per una politica di multilinguismo, in pratica la tendenza verso un uso sempre crescente dell'inglese a spese di tutte le altre lingue continua[2] e, dopo l'ultimo allargamento della UE il 1° Maggio 2004, sta accelerando.

Da quando sono tornato a Bruxelles nello scorso Settembre dopo una assenza di quattro anni, osservo quotidianamente questa crescita nei Gruppi di Lavoro del Consiglio. Da una specie di condominio franco-inglese siamo passati a un dominio quasi totale dell'inglese.

Ovviamente questa situazione a micro-livello a Bruxelles si riflette a macro-livello in tutta l'Unione. È chiaro che una lingua comune ha molti aspetti positivi e può apparire come una necessità in una UE che ha 21 lingue ufficiali di lavoro. Tuttavia questo pone una quantità di domande:

 

1. L'uso dell'inglese dà un considerevole vantaggio a quel 13 % di cittadini UE che sono di lingua madre inglese, e ai parlanti di lingue affini (tedesco, olandese, danese e svedese), su tutti gli altri Europei. Come si può conciliare questo con il concetto di opportunità uguali per tutti, un fattore cruciale per ottenere l'appoggio popolare alla integrazione Europea?[3] Un eminente professore[4] propone una soluzione radicale per ristabilire la uguaglianza nella comunicazione: proibire i sottotitoli e il doppiaggio dei film di lingua inglese in tutti i cinema e le TV Europee!

 

2. Come può l'uso dell'inglese come lingua franca Europea facilitare la politica UE di appoggiare la diversità linguistica, se oltre il 90% dei giovani Europei studiano l'inglese piuttosto che tutte le altre lingue Europee, persino quelle dei loro vicini più prossimi?[5]

 

3. Poichè oltre l' 80% dei parlanti di madrelingua inglese non vivono in Europa, come può il suo uso contribuire al rafforzamento di una identità Europea in armonia con le identità nazionali e locali che è un sine qua non della integrazione Europea?[6]

 

4. Un punto che è facile dimenticare a livello universitario, dove gran parte dei colleghi parla correntemente varie lingue: padroneggiare l'inglese al livello di un parlante madrelingua richiede anni di residenza in un paese di lingua inglese, o talento linguistico fuori dal comune. Dunque il predominio dell'inglese sta forse rinforzando i privilegi di una élite che è abbastanza ricca, o abbastanza dotata, per riuscirci?[7]

 

L'inglese è una bellissima lingua, con una superba letteratura, della quale una buona parte è stata prodotta da miei connazionali. Può essere paragonato a una rosa rossa, un fiore che è apprezzato in quasi tutto il mondo. Ma la desiderabilità di un giardino pieno di rose rosse, nel quale non ci sia nessun altro fiore, è come minimo discutibile, e noi Irlandesi conosciamo bene la tendenza dell'inglese a cancellare altre lingue.

 

b) Diritti Umani, Diritti Linguistici?

Nell'ultimo mezzo secolo il Consiglio d' Europa ha creato un sistema giuridico internazionale, basato su diritti umani individuali e libertà fondamentali. Tuttavia il progresso nell'area dei diritti umani in generale non è stato affiancato da progressi nell'area dell'uso della lingua nella comunicazione internazionale, che continua a essere regolato dal principio “il più forte domina” (suona familiare agli irlandesi: “cloíonn neart ceart”): si usano le lingue dominanti e il concetto di pari diritti e opportunità è ignorato. Sembra naturale ad alcuni che 63 milioni di parlanti di madrelingua inglese, o 64 milioni di parlanti di madrelingua francese, debbano sempre avere il diritto di usare la loro lingua per la comunicazione internazionale e che 90 milioni di Tedeschi, 57 milioni di Italiani, ecc. – in tutto ben più del 70% degli Europei – non abbia mai questo diritto.[8]

 

c) Effetti Economici della Dominazione dell'Inglese

Il «Rapporto Grin[9] 2005 » ha calcolato in 17-18 miliardi di € la quantità annua di denaro guadagnata dal Regno Unito[10] a causa della posizione internazionale della lingua inglese.

Non c'è bisogno di dire che la critica di Grin non è rivolta alla lingua inglese, ma al fatto che uno specifico linguaggio etnico ha dominanza internazionale. Il Rapporto prefigura, nell'attuale contesto Europeo (la traduzione è mia)

«una convergenza accelerata verso la egemonia linguistica dell'inglese. Un tale sviluppo, tuttavia, è inefficiente in termini di allocazione delle risorse, ingiusto in termini di distribuzione delle risorse, pericoloso per la diversità linguistica e culturale, e preoccupante riguardo alle sue implicazioni geo-politiche»

Perciò il Rapporto Grin esplora tre scenari: «solo inglese», « multilinguismo », ed « esperanto ». Egli conclude:

«lo scenario « esperanto » appare come il più vantaggioso, dato che porterebbe a risparmi, per la Francia, di circa 5.4 miliardi di €/anno e, per tutta l'Europa, di circa 25 miliardi di €/anno.

 

I frequenti rifiuti pregiudiziali opposti all'esperanto rendono la realizzazione di questo scenario impossibile nel breve termine. D'altra parte essa potrebbe essere consigliata nel quadro di una strategia da perseguire durante una generazione. Due condizioni sono critiche per il suo successo: per prima cosa, una grande campagna di informazione mirata a superare i pregiudizi contro questa lingua – che in generale sono basati su semplice ignoranza – e a far evolvere gli atteggiamenti mentali; in secondo luogo, una effettiva coordinazione fra gli stati per realizzare questo scenario. Oltre l'85% della popolazione della UE a 25 ha un ovvio e diretto interesse a questo …»

 

d) Identità Europea in armonia con le identità nazionali e locali?

Nel 1994 un politico tedesco[11] derise la moneta comune Europea che era stata allora proposta chiamandola “moneta esperanto”[12]. Oggi questa “moneta esperanto” è usata quotidianamente da oltre 300 milioni di persone ed è più forte del dollaro Americano – un esempio pratico di quel che anche solo 12 paesi dell'UE possono ottenere quando mettono l'interesse comune Europeo al di sopra dei loro egoistici interessi nazionali. In nessuna fase dei negoziati che hanno portato alla sua adozione nessuno ha mai proposto seriamente di usare per tutti il marco tedesco, che era la valuta nazionale più forte, come moneta comune dell'UE. Era ben chiaro a tutti che la nuova valuta doveva essere sentita come propria da tutti gli Europei. E tuttavia proprio le banconote in EURO ci ricordano la mancanza di una lingua per esprimere la nostra comune identità Europea: salvo la parola “EURO” negli alfabeti Latino e Greco, non vi appare nessun'altra parola.

 

e) Il Ruolo delle Università: Necessità di una analisi obiettiva e di un dibattito Europeo

Molti tollerano una situazione che riconoscono come ben lontana dall'ideale perchè pensano che non ci siano alternative. Il concetto di una lingua inter-etnica come opzione praticabile è altrettanto tabù nella nostra società quanto lo era quello di economia di mercato nella Unione Sovietica di un tempo. Per abbattere questo tabù, le università hanno un ruolo chiave, e per fortuna alcune cominciano a giocare questo ruolo. A Berlino la GIL/Gesellschaft für Interlinguistik[13] ha circa 80 membri, tutti professori universitari o docenti, e ha pubblicato 12 volumi degli Atti delle sue conferenze annuali. Nuove discipline quali “interlinguistica” e “esperantologia”[14] sono sempre più difficili da ignorare. La questione linguistica non è stata posta formalmente nelle conferenze inter-governative dell'UE perchè è ritenuta troppo sensibile politicamente. Ma la opposizione al “soltanto inglese” un po' alla volta emerge: i difensori delle lingue nazionali come VDS/Verein Deutsche Sprache[15] e Défense de la Langue Française hanno cominciato a cooperare fra loro. L'argomento della diversità linguistica gradualmente inizia ad entrare nell'agenda Europea: in Novembre 2005 la Commissione Europea ha pubblicato il suo primo rapporto “Comunicazione sul Multilinguismo”.[16]

 

f) Una Alternativa al «solo inglese»?

Nel 1995 l'Ungheria ha riconosciuto all'esperanto lo status di « lingua vivente »[17] per il livello ungherese corrispondente al livello A: ora circa 7-8.000 studenti si presentano all'esame ogni anno, rendendo così l'esperanto la terza lingua straniera prescelta, dopo l'inglese e il tedesco.[18] La ricerca della parola “esperanto” su Google il 2 Febbraio 2006 ha trovato 106 milioni di risultati. Nonostante questo progresso, i pregiudizi contro l'esperanto rimangono forti, proprio come il pregiudizio a favore dei numeri romani, che riuscì a ritardare la adozione del nostro presente sistema numerico, molto più efficace, per parecchi secoli. Nell' aprile 2004 il Parlamento Europeo ha compiuto la sua prima votazione plenaria su un riferimento all'esperanto in un documento sul multilinguismo: la maggioranza votò per togliere il riferimento, ma per il suo mantenimento votò il 43% dei presenti. Nel giugno 2004 fu eletto il primo parlamentare europeo che parla correntemente esperanto – una giovane donna polacca, Małgorzata Handzlik.

 

2. Migliorare l' Apprendimento delle Lingue

Non solo è più facile imparare l'esperanto che le altre lingue, ma è possibile raggiungere lo stesso livello in un mese di studio dell'esperanto quanto in un anno di studio dell'inglese o del francese. (Piron, op.cit: 189). Eichholz (1982: 604)[19] mostra che parlanti inglesi senza alcuna conoscenza precedente di esperanto riescono a riconoscere fino al 70% di un dato testo.[20] In generale i linguisti riconoscono che imparare bene una seconda lingua, non importa quale, può accelerare l'apprendimento di lingue successive – il cosiddetto « effetto propedeutico». Ed infatti in un rapporto del Ministero Finlandese dell'Educazione del 1984[21] si legge:

 

“I risultati degli esperimenti educativi mostrano che un corso introduttivo di esperanto migliora considerevolmente il successo degli studenti nell'apprendimento delle lingue straniere.”

 

Alla stessa conclusione si è giunti in una circolare del Ministero Italiano dell' Educazione del 1993[22], e in una ricerca condotta dalla Facoltà di Cibernetica della Università di Paderborn[23]: in un esperimento[24], al gruppo A fu insegnato l'inglese per 800 ore in 5 anni, mentre al gruppo B, di età e preparazione accademica molto simili, fu insegnato l'esperanto per 104 ore, e in seguito occorsero solo 635 ore di insegnamento dell'inglese per raggiungere il livello del gruppo A in inglese, vale a dire che il gruppo B raggiunse una conoscenza operativa di entrambe le lingue, risparmiando 61 ore. Successive ricerche hanno mostrato che il tempo risparmiato in questo modo può arrivare persino al 150% del tempo richiesto dal corso di esperanto.

 

Fin dal 1921 tutta una serie di esperimenti[25] ha mostrato che l'esperanto ha qualità propedeutiche particolarmente sviluppate, e questo per due buone ragioni:

 

1. La sua regolarità e l'ingegnoso sistema di prefissi e suffissi per la formazione di parole composte. L'esperanto si impara 6-10 volte più in fretta di una lingua nazionale, e questo rapido progresso tende a incoraggiare lo studente.

 

2. Il fatto che oltre il 99% del suo vocabolario è derivato dal repertorio internazionale di parole di lingue quali Francese, Latino, Inglese e Tedesco.

 

Perciò, lungi dall'essere avversario delle altre lingue, come i pregiudizi vorrebbero farci credere, l'esperanto in brevi corsi, preliminari e propedeutici, potrebbe migliorarne e accelerarne l'apprendimento. Un interessante corollario è che quanto meno uno studente è dotato per lo studio delle lingue, tanto più il corso di esperanto sembra aiutarlo, in quanto dà il gusto di riuscire a studenti che prima hanno conosciuto solo frustranti insuccessi.

Questo fatto ha implicazioni enormi in tutta Europa, non ultimo per il mio stesso paese: l'Irlandese è una materia di studio obbligatoria nelle scuole primarie e secondarie fin dal 1922. Secondo la ricerca svolta dal Dr John Harris, circa 30% degli allievi raggiungono i loro obiettivi di apprendimento dell' Irlandese nelle scuole non-Gaelscoileanna (quelle in cui l'insegnamento avviene in inglese, che sono il 94% del totale); quasi il 70% non li raggiunge, e il mancato progresso di questi ultimi spesso li scoraggia dallo studio sia dell'Irlandese che di qualunque altra lingua. Il metodo propedeutico basato sull'esperanto dovrebbe ovviamente essere sperimentato in un programma pilota per vedere come esso può funzionare nelle specifiche condizioni dell'Irlanda. Forse il risultato non sarebbe molto significativo a livello universitario, dove ci si può aspettare che le persone dotate per le lingue siano in alte percentuali in molte classi di principianti, ma non potrebbero questi brevi corsi propedeutici avere un ruolo nel migliorare l'apprendimento delle lingue per quel 70%, e per i loro equivalenti in tutta Europa?

 

3. Insegnamento da zerol'Irlandese a Berlino

Il seguente esempio, che deriva dalla mia personale esperienza di quando ero assegnato alla Ambasciata Irlandese a Berlino, mostra che le lingue regionali e minoritarie possono risvegliare un sorprendente interesse, e non necessariamente vicino al loro territorio naturale. Nell'ottobre 2004 il Centro di Lingue della Humboldt University[26] nel centro di Berlino decise, con il supporto finanziario del Governo Irlandese, di rilanciare l'insegnamento dell'Irlandese da zero, per studenti universitari e chiunque altro che desiderasse studiarlo. Il corso aveva 25 posti. Entro 6 ore dal suo lancio su Internet i posti erano esauriti – oltre 50 persone erano interessate a imparare l'Irlandese in una città a un'ora di macchina dal confine polacco! Il corso continuò per tutto l'anno accademico, e fu rilanciato a due livelli nell'ottobre 2005. Si può imparare qualcosa dall'insegnamento dell'esperanto? Le virtù del metodo diretto, cioè usare la lingua per insegnare la lingua stessa, piuttosto che dipendere troppo dalla traduzione nella lingua materna degli studenti. Il metodo Cseh[27] per insegnare l'esperanto fu sviluppato dal prete rumeno Andreo Cseh per insegnare a classi di operai che non avevano nessuna lingua in comune.

 

Traduzione dall’inglese di Sandro De Riu

 

DISVASTIGO-Approfondimenti n. 174



[1] Decisione del Consiglio del 13 giugno 2005: questo porta il totale a 21, che salirà a 23 con l'ingresso di Romania e Bulgaria. La decisione sull'Irlandese sarà operativa dal 1 gennaio 2007, e al momento si stanno assumendo traduttori e interpreti.

[2] Vedi Professor Robert Phillipson (2003) English-Only Europe?Challenging Language Policy” Routledge.

[3] I referendum in Francia e Olanda che hanno decisamente rifiutato il Trattato Costituzionale nel 2005 hanno mostrato, fra l'altro, la debolezza di una identità Europea a livello popolare.

[4] Professor Philippe van Parijs, Universities of Louvain and Harvard, in una conferenza davanti al Parlamento Lituano a Vilnius, 31 luglio 2005.

[5] Chiti-Batelli, A.(2000) L’Union de L’Europe au tournant du siècle. Nice: Presses d’Europe, p 108. Questo non riguarda solo l'Europa: vedi Crawford, J., (2000) At War with Diversity – US Language Policy in an Age of Anxiety. Clevedon: Multilingual Matters Ltd.

[6] Frank, H., und Selten, R. (2005) Für Zweisprachigkeit in Europa. Paderborn: Akademia Libroservo.

[7] Vedi Piron, Claude, (1994) Le Défi des Langues (1994). Paris: L’Harmattan.

[8] Un collega Austriaco ha recentemente indicato questo problema: durante la attuale presidenza di turno UE dell'Austria egli deve presiedere un Gruppo di lavoro del Consiglio in inglese, nel quale sarà inevitabilmente a confronto con il suo predecessore britannico che poteva esercitare la presidenza nella sua lingua materna.

[9] « L’enseignement des langues étrangères comme politique publique », del Professor François Grin, University of Geneva, pubblicato in settembre 2005 su invito del Haut Conseil pour l’Évaluation de l’École. Vedi http://cisad.adc.education.fr/hcee/documents/rapport_Grin.pdf.

[10] I benefici per l'economia irlandese non sono valutati nel rapporto.

[11] Peter Gauweiler, ora membro CSU del Bundestag.

[12] Neue Zürcher Zeitung, 23 febbraio 1994.

[13] http://www.interlinguistik-gil.de/index.html. Vedi “The German interlinguistics society - Gesellschaft für Interlinguistik” di Seán Ó Riain in Language Problems and Language Planning 27:269-277, autunno 2003.

[14] Vedi Dr Sc Detlev Blanke (2003) Interlinguistik und Esperantologie – Wege zur Fachliteratur (Paths to the scholarly literature): University of Bamberg: Deutsches Esperanto-Institut.

[15] Un racconto del Presidente berlinese del VDS, Dr Kurt Gawlitta (Der verkaufte Mund, IFB Verlag Paderborn 2004), prediceva l'introduzione dell'inglese come lingua ufficiale in Germania nel 2010 : quando fu scritto sembrava azzardato, ma ora lo sembra meno dopo i recenti commenti del Primo Ministro del Baden-Württemberg Oettinger - vedi Frankfurter Allgemeine Zeitung del 12 gennaio 2006.

[17] Nessun linguista rispettabile che abbia studiato il fenomeno sostiene ora che l'Esperanto sia una lingua “artificiale”: Mario Pei ha scritto che chiamarlo così “sarebbe come chiamare un'automobile “un cavallo artificiale”. Detlev Blanke ha descritto i 28 stadi attraverso i quali l'Esperanto si è evoluto da un progetto a una lingua pienamente sviluppata con la sua brava comunità di parlanti disseminata come una diaspora, e persino con i suoi parlanti dalla nascita, i cosiddetti denaskuloj – in circa 1.000 famiglie. Vedi anche Gledhill, C. (1998), The Grammar of Esperanto – A corpus-based description. Munich: Lincom Europa.

[18] Discorso dell' Ambasciatore G. Nanofvsky al Parlamento Lituano, Vilnius, durante il quarto « Nitobe Symposium » 31 luglio 2005.

[19] Eichholz, R. e V. (1982) Esperanto en la Moderna Mondo/Esperanto in the Modern World. Bailieboro (Ontario): Esperanto Press.

 

[20] Provate: Inteligenta persono lernas la internacian lingvon rapide kaj facile. Esperanto estas la moderna, kultura lingvo por la internacia mondo. La simpla, praktika, fleksebla Esperanto estas la solvo de la problemo de ĝenerala interkompreno. Esperanto meritas seriozan konsideron.

 

[21] Opetusministeriön Esperantotyöryhmän Muistio, p 59. Helsinki 1984.

[22] Pubblicato in Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, no 21-22, 25 maggio-1 giugno 1995, p 7-43.

[23] Frank, H. e Lobin, G. (1998) Sprachorientierungsunterricht/Lingvo-orientiga Instruado. München: Akademia Libroservo.

[24] Frank, H. (1982) Sprachkybernetik/Lingvo-kibernetiko. Tübingen: Gunter Narr Verlag.

[25] Vedi la utile bibliografia di tali esperimenti in Corsetti e La Torre (2001), « Is a Clear Structure an aid to language learning? » in Planned Languages:From Concept to Reality, ed. K. Schubert, Brussels: Hogeschool voor Wetenschap en Kunst. Vedi anche www.springboard2languages.org: introduzione alle lingue straniere attraverso l'Esperanto.

[26] In uno sviluppo correlato, la Prof. Sabine Heinz ora è lettore di Studi Celtici nella stessa Università.