Peter G.FosterPeter G. Forster è docente al dipartimento di sociologia e antropologia sociale dell'università di Hull (Gran Bretagna). Il saggio qui riprodotto è uno dei primi tentativi di analisi scientifica della comunità esperantofona.
Benché il testo sia parzialmente superato dall'evoluzione dell'esperantismo europeo negli ultimi quindici anni, la redazione ritiene utile far conosce-re questo raro documento al pubblico di lingua italiana.
Fra le comunità linguistiche di seconda lingua e quelle di prima esistono molte ed evidenti differenze. Per definizione, i membri delle comunità linguistiche di seconda lingua non sono tali per diritto di nascita; l'acquisizione di una seconda lingua avviene solo mediante la socializzazione secondaria, nel sistema educativo, o in conseguenza di pressioni politiche ed economiche. L'appartenenza a comunità linguistiche di seconda lingua è volontaria, benché all'apprendimento concorrano solitamente pressioni di carattere educativo, politico ed economico. Ma le comunità linguistiche di seconda lingua naturale sono basate sull'esistenza di uno o più territori nazionali. Quale seconda lingua, ogni lingua nazionale non può essere confinata al suo territorio nazionale, anche se l'apprendimento di seconde lingue è strettamente connesso col potere economico e politico della nazione di cui sono prime lingue.
Quando esaminiamo la comunità linguistica di una lingua artificiale, in opposizione a una lingua naturale, dobbiamo ricorrere a un diverso schema di indagine. L'esperanto, oggetto di questo studio, è la sola fra le lingue artificiali che abbia una comunità di parlanti relativamente ampia e una storia relativamente lunga.
Il movimento esperantista fa direttamente appello alla neutra-lità della lingua. Un argomento importante a favore dell'esperanto è che questa lingua non è legata al potere politico ed economico di nessuna nazione o gruppo di nazioni. Quale seconda lingua per tutti, l'esperanto ha tuttavia molte caratteristiche in comune con le lingue nazionali usate come seconde lingue; in particolare, l'appar-tenenza alla comunità linguistica dell'esperanto non è per diritto di nascita (tranne nei pochi casi di figli di esperantisti che abbiano imparato l'esperanto come seconda lingua materna): l'appartenenza
alla comunità linguistica dell'esperanto è volontaria. D'altro lato sono molte le differenze rispetto alle lingue nazionali usate come seconde lingue. La comunità linguistica dell'esperanto è piccola, spar-sa per tutto il mondo. Non vi sono pressioni politiche od economiche per l'apprendimento dell'esperanto, che non ha un suo territorio distinto. L'elemento fondamentale per la comprensione sociologica dell'esperanto è che la comunità dei parlanti di questa lingua costi-tuisce un movimento sociale. È vero che vi sono altri movimenti linguistici oltre a quello esperantista, e altri movimenti a favore di lingue artificiali. Vi sono movimenti linguistici del tipo della Welsh Language Society; e organizzazioni come il British Council e l'Al-liance Francaise, che incoraggiano la diffusione delle lingue delle ri-spettive nazioni. La distinzione è tuttavia chiara. Le lingue nazionali possono avere loro movimenti che ne promuovono la diffusione e la conservazione, tanto su scala mondiale quanto su aree più limitate, ma non dipendono in nessun modo da questi movimenti per la loro esistenza. Nel caso di lingue "espansionistiche" come l'inglese e il francese, le organizzazioni promozionali seguono all'espansione po-litica ed economica delle nazioni che fanno uso di queste lingue. La caratteristica distintiva della comunità linguistica dell'esperanto è che la lingua dipende interamente, per la propria esistenza ancor prima che per la propria promozione, da un movimento sociale.
Da ciò derivano alcune ovvie conseguenze. Tutti gli esperan-tisti conoscono almeno un'altra lingua altrettanto bene o meglio del-l'esperanto, e in questa lingua svolgono le loro attività quotidiane al di fuori dei circoli esperantisti. Anche per i suoi seguaci più devoti l'esperanto non può essere che una lingua "occasionale", in quanto lo scambio linguistico con gli altri esperantisti è istituzio-nalizzato nelle organizzazioni volte a promuovere l'esperanto. Que-sta è la differenza di fondo tra l'esperanto e le lingue naturali. Normalmente, una caratteristica delle prime lingue è di essere usate in contesti sia di comunità (Gemeinschaft) sia di società (Gesellschaft) o in qualsiasi combinazione di essi. Come rileva Sapir,
... I1 linguaggio è sentito come un sistema simbolico perfetto, in un mezzo per-fettamente omogeneo, per il trattamento di tutti i referenti e di tutti i significati di cui una cultura è capace, siano essi nella forma di comunicazioni effettive o in quella di sostituti ideali della comunicazione quale è l'attività di pensiero. Il contenuto di ogni cultura è esprimibile nella sua propria lingua, e non vi sono materiali lingui-stici che non siano sentiti simboleggiare, tanto per la forma che per il contenuto, significati reali, qualunque sia l'atteggiamento di coloro che appartengono ad altre culture. (1)
Questa affermazione vale per ogni lingua che abbia una sua naturale comunità di parlanti; se una lingua del genere è usata altrove come seconda lingua, è molto probabile che lo sia soprattutto in contesti essenzialmente societari (di Gesellschaft), quali le attività politiche ed economiche. Sulla base di questo assunto ci si potrebbe aspettare che l'esperanto, che può essere soltanto una seconda lin-gua, sia usato in contesti essenzialmente societari; ma l'ipotesi non è suffragata dai fatti. L'esperanto è il veicolo di una sottocultura a sé stante, composta dagli appartenenti al movimento sociale che lo promuove; ed è il contenuto di questa sottocultura che viene solita-mente espresso in esperanto. L'esperanto è visto dai suoi aderenti nei termini dei più ampi valori dell'internazionalismo. Sotto questo rispetto la posizione dell'esperanto può essere contrapposta alla po-sizione delle lingue nazionali. Per citare ancora Sapir:
... L'esistenza stessa di una lingua comune serve da simbolo particolarmente po-tente della solidarietà sociale di coloro che parlano questa lingua. La portata psico-logica di questo fatto va ben oltre l'associazione di lingue particolari con nazionalità, entità politiche, o più ristretti gruppi locali. (2)
La più naturale di queste associazioni è tuttavia quella che in-tercorre fra una nazione e la sua lingua nazionale. Se si esamina la sottocultura della comunità linguistica dell'esperanto, troviamo sen-timenti di internazionalismo associati all'esperanto come lingua inter-nazionale. L'analisi della cultura del movimento esperantista può prendere le mosse molto opportunamente da una considerazione della sua ideologia nei termini della distinzione di Smelser fra movimenti sociali orientati da norme e movimenti sociali orientati da valori. Si può distinguere tra
(1) i fini più ampi, o valori, che forniscono gli orientamenti generali al com-portamento sociale finalizzato; [e] (2) le regole che governano la realizzazione di questi fini, regole che si trovano espresse in norme. (3)
I movimenti sociali possono consistere in " uno sforzo collet-tivo per ristabilire, proteggere, modificare, o creare " norme o valori " in nome di un credo generalizzato ". (4) L'esperanto come movimento sociale potrebbe apparire come un movimento orientato da norme, alla ricerca di un riconoscimento ufficiale da parte di coloro che de-tengono il potere economico e politico. In realtà il movimento espe-rantista fa appello ai più ampi valori di giustizia, fratellanza uni-versale, pace e internazionalismo, anche se nell'ideologia del movi-mento il rapporto fra norme e valori si è modificato nel corso del tempo. I valori ai quali si richiama il movimento esperantista sono noti nel movimento come l'`idea interiore" dell'esperanto.
L'esperanto fu inventato da Ludwig Zamenhof e da lui reso pubblico nel 1887.(5) Preoccupato dei conflitti fra gruppi etnici, lin-guistici e religiosi nella sua città di Bialystok, nella parte russa della Polonia divisa, Zamenhof propose l'esperanto come soluzione al problema linguistico, quale veicolo di armonia razziale e religiosa. Benché la lingua fosse stata pubblicata nel 1887 e avesse gradual-mente acquistato sostenitori, non vi fu un incontro internazionale generale di esperantisti sino al 1905, quando fu tenuto a Boulogne, in Francia, il primo Congresso universale di esperanto. Che il movi-mento esperantista fosse orientato da valori trovò in questo congresso esplicita affermazione. Ecco alcuni passi del discorso introduttivo di Zamenhof, in cui egli avanzò tale interpretazione valoristica dello esperanto:
Vi saluto cari compagni idealisti, fratelli e sorelle della grande famiglia umana del mondo, qui convenuti da terre lontane e vicine per stringervi fraternamente l'un l'altro le mani nel nome della grande idea che tutti ci unisce... Oggi è per noi un giorno sacro. Il nostro incontro è modesto, il mondo esterno non ne sa molto e le parole dette in questo nostro incontro non voleranno per telegrafo a tutte le città e villaggi del mondo; ... ma nell'aria di questa sala volano suoni misteriosi, suoni tranquilli, neppure percettibili dall'orecchio, ma che possono essere avvertiti da ogni anima sensibile. E' il suono, di qualcosa di grande che sta oggi nascendo. Fan-tasmi misteriosi volano nell'aria: l'occhio non li vede ma l'anima li sente. Sono immagini di un periodo a venire, interamente nuovo... In questa piccola città di Francia sono riunite persone delle terre e delle nazioni più diverse che si compren-dono e parlano fra loro come fratelli, come membri di una stessa nazione... Valu-tiamo pienamente l'importanza di questo giorno, giacché entro le ospitali mura di Boulognc-sur-Mer non sono riuniti francesi con inglesi, russi con polacchi, ma uomi-ni con uomini.
Presto cominceranno i lavori del nostro congresso, dedicato alla vera fratel-lanza umana. In questo momento solenne il mio cuore è pieno di qualcosa di inde-finibile e misterioso, e sento il desiderio di illuminarlo con la preghiera, di rivol-germi a una forza suprema ad invocarne l'aiuto e la benedizione. Ma proprio come in questo momento io non sono un membro di una nazione, ma semplicemente un uomo, allo stesso modo sento che in questo momento non appartengo a una reli-gione nazionale o partigiana, ma sono semplicemente un uomo. E in questo momento solo quella suprema forza morale si erge ai miei occhi e a questa forza sconosciuta io rivolgo la mia preghiera. (6)
Zamenhof concluse il suo discorso con una preghiera a Dio per-ché riunificasse l'umanità. In questo clima nacque la comunità lin-guistica dell'esperanto e il discorso di Zamenhof fu accolto con accla-mazioni. Il congresso divenne un evento annuale, e fino al 1912 un elemento caratteristico ne fu sempre un discorso iniziale di Za-menhof che poneva l'accento sull`idea interiore". Al secondo con-gresso, a Ginevra, Zamenhof notava che
Oltre al lato pratico, vincolante per tutti,... l'esperanto ha un altro aspetto, non vincolante, ma molto più importante, un aspetto idealistico. (7)
Durante questo periodo la voce di Zamenhof godette di una altissima autorità nel movimento. La sua insistenza sull'esperanto come movimento orientato da valori ebbe una profonda influenza nello sviluppo del movimento stesso. Il congresso di Boulogne è stato esplicitamente paragonato dagli esperantisti al dono penteco-stale delle lingue. Il congresso accentuò l'importanza nel movimento delle relazioni comunitarie fra gli esperantisti stessi, e vi furono molti sogni millenaristici del congresso come microcosmo di una fu-tura società mondiale.
Zamenhof vedeva chiaramente l'esperanto come un movimento orientato da valori, benché in opposizione a lui e ai suoi seguaci vi fossero altri che vedevano l'esperanto come un movimento orientato da norme. Al tempo di Zamenhof, l'interpretazione in senso valori-stico fu contestata in modo particolare da un certo de Beaufront,
il leader della Société Francaise pour la Propagande d'Esperanto.
Questa organizzazione, fondata nel 1898, intraprese un'organizza-tissima campagna per l'esperanto all'inizio del ventesimo secolo. De Beaufront era sospettoso verso l'"idea interiore", interessandogli soprattutto i vantaggi pratici dell'esperanto e il riconoscimento uffi-ciale; ed ebbe un atteggiamento sospettoso verso il congresso di Boulogne: consultò un legale immediatamente prima del congresso e pubblicò una dichiarazione secondo cui il congresso poteva solo esprimere auspici e non prendere decisioni. Ma l'interpretazione in senso normativo degli scopi dell'esperanto ebbe poco successo, e ai congressi successivi fu riconfermata l'interpretazione in senso valo-ristico.
Zamenhof tendeva però a spingere l'interpretazione valoristica più avanti di quanto molti esperantisti non fossero preparati ad andare. Per la promozione dei valori noti come "idea interiore", una lingua universale costituiva solo una parte della soluzione. Zamenhof, attento alle lotte fra gruppi religiosi, oltre che linguistici, intendeva promuovere, oltre che una lingua universale, una religione universale, e tutto all'interno di uno stesso movimento. La preghiera con cui Zamenhof aveva concluso il suo discorso di Boulogne aveva già provocato dei sospetti da parte dei leader del movimento fran-cese, per la maggior parte anticlericali. Un'altra controversia nacque nel 1906 da un articolo, anonimo benché in realtà di Zamenhof, intitolato "Homaranismo", dove l'esperanto veniva associato a una religione neutrale dell'umanità, i cui dogmi erano esposti nell'arti-colo. Sebbene si sottolineasse che la nuova religione poteva essere distinta dall'esperanto, il successo del congresso di Boulogne veniva invocato a prova della possibilità di giustizia e fraternità fra i popoli di nazioni diverse. L'articolo fu violentemente attaccato da numerosi esperantisti, in particolare da de Beaufront, che era cattolico. Za-menhof avrebbe voluto diffondersi di più sull'Homaranismo nel suo discorso di apertura al congresso di Ginevra, già menzionato, ma non lo fece a causa delle violente proteste da esso sollevate. Sostituì allora all'ideale religioso un ideale secolare più accettabile per il congresso.
I discorsi di Zamenhof vengono pubblicati e letti nel movi-mento esperantista, e formano la base dell'ideologia internaziona-lista a sostegno della quale è chiamata appunto la lingua. Il movi-mento, così come veniva sentito al tempo di Zamenhof, può essere visto, nei termini di Smelser, 8 come un movimento orientato da va-lori, mirante a promuovere l'"idea interiore"; i punti di debolezza normativa sono identificati nella lingua e nella religione, con i con-flitti e la discriminazione visti come punti di decadenza dei valori. Il movimento promette la rigenerazione dei valori della pace, della giustizia e della fraternità, ed esperanto e Homaranismo sono visti come mezzi per il raggiungimento di questo fine. Ma, come dimo-streremo, il movimento esperantista odierno, nella sua ideologia uffi-ciale anche se non necessariamente nell'interpretazione dei suoi sin-goli membri, va piuttosto inteso come movimento orientato da norme.
Lingua come ideologia
Prima di considerare i mutamenti nelle credenze generali del movimento esperantista, è opportuno ricordare che la struttura del-la lingua è essa stessa parte dell'ideologia del movimento. Scopo del movimento è la promozione di una lingua con una sua grammatica, un suo vocabolario, una sua ortografia e una sua sintassi. Il primo libro di Zamenhof sull'esperanto, pubblicato nel 1887, era al tempo stesso un manuale della lingua e un manifesto per un movimento so-ciale. Sul frontespizio si leggeva " Perché una lingua sia universale non basta chiamarla così ".
Se l'esperanto, così come è stato originariamente pubblicato, sia o no la lingua più semplice, più logica, più bella e più perfetta, è naturalmente un motivo di dissenso nel movimento esperantista. Tutti i progetti di lingue artificiali hanno sempre cercato di basarsi su criteri di questo tipo. In una prima fase, fra il 1887 e il 1898, il movimento esperantista era composto esclusivamente dagli abbonati all'organo dell'esperanto La Esperantisto. Durante questo periodo furono molto discusse sulla rivista proposte di riforma, che Za-menhof aveva sollecitato nella sua prima pubblicazione. Le principali caratteristiche contro cui sorsero obiezioni erano: (1) la presenza nell'alfabeto di consonanti con accento circonflesso, che avevano lo scopo di aumentare il numero di lettere disponibili per rendere più fonetica la lingua; (2) l'esistenza dell'accusativo, formato con l'ag-giunta della lettera -n; (3) la concordanza di aggettivo e sostantivo. Sulla base di numerose proposte, Zamenhof avanzò uno schema di riforma e lo mise ai voti fra gli abbonati a La Esperantisto, ma la maggioranza fu contraria alle modifiche. Nel 1905 Zamenhof si era convinto della necessità di non modificare la struttura della lingua, e poco prima del congresso di Boulogne pubblicò un opuscolo Fun-damento de Esperanto, nella cui introduzione stabilì la inammissi-bilità di cambiamenti. Questo opuscolo consiste di una grammatica, di un vocabolario e di esercizi elementari. Si possono coniare nuove parole, ma il significato delle parole contenute nel Fundamento non può essere modificato, come pure la grammatica e l'alfabeto. Questo punto di vista conservatore fu ratificato dal congresso di Boulogne, in occasione del quale venne anche istituito un Comitato linguistico per conservare l'unità dell'esperanto e ratificare le aggiunte al voca-
bolario.
A sostegno di questa posizione conservatrice gli esperantisti affermavano, e tuttora affermano, che non vi è alcun accordo su quali riforme andrebbero operate, e che discuterne non provocherebbe che dissensi; che l'esperanto è una lingua viva destinata a modificarsi attraverso un'evoluzione naturale, e che il fattore determinante per il suo riconoscimento ufficiale è la dimostrazione pratica che l'espe-ranto funziona; quando sarà ufficialmente accettato in linea di prin-cipio, se ne potranno considerare le eventuali modificazioni.
In conseguenza di questo rifiuto degli esperantisti di accettare mutamenti, si verificò una grave scissione. Nel 1900 due scienziati francesi, Couturat e Léau, costituirono la Délégation pour l'adoption d'une langue auxiliaire internazionale, il cui scopo era la creazione di un movimento di opinione in favore di una lingua ausiliaria inter-nazionale, la cui adozione sarebbe stata assicurata da uno studio scientifico dei problemi. La Delegazione propose di sottoporre la que-stione all'Accademia Internazionale delle Scienze, da poco creata; se questa si fosse rifiutata di occuparsene, la Delegazione stessa avrebbe nominato un comitato. La Delegazione raccolse adesioni di privati e istituti, di università, accademie e società scientifiche. L'associazione internazionale si dichiarò incompetente a pronunciarsi in materia, e la Delegazione nominò il suo comitato. Couturat e Léau avevano intanto pubblicato un'ampia opera in due volumi sulla storia dei progetti di lingua universale. (9) L'atteggiamento di Zamenhof e degli esperantisti nei confronti della Delegazione era ambiguo, nel timore che l'esperanto non fosse prescelto o che venissero proposti dei cambiamenti. Essi ammettevano la possibilità di cambiamenti da par-te di un'autorità competente dei maggiori governi mondiali, ma l'au-torità della Delegazione di Couturat e Léau era discutibile, anche se il comitato comprendeva alcuni scienziati di fama internazionale.
Il comitato si riunì nell'autunno del 1907, e le discussioni fu-rono tenute in francese. Varie lingue furono difese di fronte al comi-tato, e Zamenhof mandò come suo rappresentante Louis de Beau-front, il numero due del movimento esperantista malgrado i dissensi. Uno dei progetti presi in considerazione dal comitato fu un progetto anonimo chiamato "Ido" (il termine in esperanto per "discendente, rampollo"), una versione riveduta dell'esperanto. A giudizio del comitato questo progetto rappresentava un miglioramento rispetto all'esperanto, e si giunse così alla seguente conclusione:
Le comité a décidé qu'aucune des langues soumises à son examen ne peut étre adoptée en bloc et sans modifications. Il a décidé d'adopter en principe l'Esperanto, en raison de sa perfection relative et des applications nombreuses et variées auxquelles il a déjà donné lieu, sous la réserve de certaines modifications à exécuter par la commission permanente dans le sens défini par les conclusione du Rapport des sécré-taires et par le projet d'Ido, en cherchant à s'entendre avec le Comité linguistique
esperantiste. (10)
La commissione permanente menzionata doveva essere formata da Couturat, Léau, tre membri del comitato e de Beaufront. I prin-cipali mutamenti proposti dall'Ido consistevano in alcune sempli-ficazioni grammaticali, come l'abolizione della concordanza fra agget-tivo e sostantivo; nell'abolizione dell'accusativo; in un maggior uso di radici romanze anziché teutoniche e slave nel vocabolario; in un sistema più logico per formare i derivati- e nell'abolizione dei segni diacritici nell'ortografia della lingua.
La conclusione sopra citata era datata 24 ottobre 1907. La de-cisione fu comunicata a Zamenhof e al presidente del comitato lin-guistico esperantista il 2 novembre 1907, con la richiesta di una risposta entro il 5 dicembre. Il presidente del comitato linguistico rispose finalmente il 7 gennaio 1902, riferendo che da un'inchiesta per corrispondenza era risultato che quarantadue dei sessantun mem-bri del comitato linguistico erano contrari a ogni mutamento e con-trari anche a ogni ulteriore rapporto con la commissione permanente della Delegazione. Il 18 gennaio 1908 il presidente del comitato linguistico scrisse quanto segue:
Le condizioni per un accordo, che io speravo possibile fra la commissione per-manente del comitato della Delegazione e il comitato linguistico, non esistono... Secondo noi, l'esperanto è una lingua già in essere, vivente, simile in questo alle lingue naturali e nazionali, inglese, francese, tedesco, ecc.; come queste, è perciò un fatto, un fatto sociale, la cui evoluzione, come quella di tutti i fatti sociali, sarà dovuta principalmente all'azione intrapresa dall'umanità di sua propria iniziativa, come già è stato per la sua stessa esistenza 11
Continuava quindi osservando che solo agli esperantisti compe-teva apportare mutamenti all'esperanto, al momento opportuno. Po-co dopo Zamenhof pubblicò una lettera circolare, dove annunciava a tutti gli esperantisti la fine dei negoziati con la Delegazione e raccomandava loro di insistere nella loro opera a sostegno dell'espe-ranto. Couturat chiese a Zamenhof il permesso di chiamare la nuova lingua "Esperanto riformato", ma il permesso non venne concesso e fu adottato il nome di "Ido". I negoziati provocarono molta ama-rezza e molte polemiche personali, e l'atmosfera non migliorò quando de Beaufront rivelò di essere lui l'autore dell'Ido. Il risultato della scissione fu che circa un quinto dei leaders del movimento esperan-tista passarono all'Ido, mentre i seguaci rimasero in gran parte favo-revoli all'esperanto.
Più recentemente gli idisti hanno abbandonato la loro dichiarata ostilità verso l'esperanto, 12 considerato che, poiché l'opinione pub-blica associa generalmente l'idea di una lingua internazionale all'espe-ranto, è conveniente che il movimento esperantista continui ad esi-stere. Gli esperantisti tendono oggi a considerare il movimento idista virtualmente estinto, ed è loro norma ufficiale 13 evitare di citarlo quanto più è possibile. Gli idisti continuano a riferirsi all'autorità della Delegazione, e si dichiarano disposti a riaprire le trattative con gli esperantisti in qualsiasi momento, ma gli esperantisti non hanno mai risposto. Un membro del comitato linguistico dell'esperanto ha pubblicato vari progetti di possibile compromesso fra gli esperantisti e gli idisti, finendo però, per questo motivo, con l'essere espulso dal comitato. Dopo la scissione, gli esperantisti tennero il loro con-sueto congresso annuale nel 1908, a Dresda. Nel suo discorso di aper-tura Zamenhof parlò dell'importanza della stabilità della lingua e della dimostrazione pratica della sua possibilità, insistendo sull'auto-rità del comitato linguistico.
Gli idisti non tennero un proprio congresso universale fino al 1921. Nel corso del dibattito, i partecipanti a questo congresso espressero disapprovazione per l'atteggiamento emotivo degli espe-rantisti; gli scopi del movimento vennero visti come orientati da norme e il fine del convegno come strumentale: lavorare per la più perfetta lingua internazionale. Il movimento idista non ha mai posto l'accento sui legami comunitari ed è sempre rimasto estraneo allo orientamento valoristico. In coerenza con questo atteggiamento, la parola d'ordine del primo congresso idista fu " Siamo venuti qui per lavorare, non per divertirci ".
Al momento della scissione, venne sollevata la questione di chi avesse l'autorità per negoziare con gli idisti, e la scissione fu il fattore determinante perché il movimento esperantista si organizzasse formalmente a livello internazionale, nell'Associazione esperantista universale.
L'interesse del movimento esperantista si è sempre rivolto, più che a discussioni teoriche, all'impiego del movimento come dimo-strazione della possibilità, per l'esperanto, di avere una sua vitale comunità di parlanti, dando così una prova pratica della sua realizzabilità. Il movimento esperantista ha teso ad evitare i centri di potere politico ed economico, concentrandosi sulla creazione di una annuale Gemeinschaft totale ai congressi universali. Come movi-mento orientato da valori, gli esperantisti identificavano il punto chiave della debolezza normativa nella lingua. Tuttavia l'esperanto così com'era aveva dato prova, a Boulogne, della sua validità come mezzo verso i fini valoristici del movimento, e gli esperantisti erano soddisfatti dell'esperanto così com'era. I rapporti sociali del movimento venivano considerati di maggiore importanza che non il con-vincere i governi del valore dell'esperanto. In disaccordo era de Beaufront, che era sempre stato più interessato al riconoscimento ufficiale; è significativo che fosse proprio lui a dichiararsi autore dell'Ido, intorno al quale si formò un movimento orientato da norme.
Mutamento ideologico
Gli esperantisti hanno continuato a sostenere il Fundamento, e nessun mutamento si è verificato nella componente linguistica del-l'ideologia del movimento. Considerevoli mutamenti si sono invece avuti nelle credenze generali del movimento. Nel ventesimo secolo il movimento esperantista si è trasformato, giungendo, da movimento orientato da valori qual era, a identificare nella lingua il più impor-tante mutamento normativo richiesto. L'ideologia ufficiale è diven-tata orientata da norme, pur continuando a richiamarsi a un generale credo internazionalista. Con la fondazione della Società delle Nazioni, e in particolare, più tardi, delle Nazioni Unite, il movi-mento esperantista ha teso sempre più ad associare le sue aspirazioni a tali organizzazioni. Le finalità della Società delle Nazioni, secondo il suo atto costitutivo, comprendevano:
promuovere la cooperazione internazionale e realizzare la pace e la sicurezza interna-zionali, mediante l'accettazione dell'obbligo di non ricorrere alla guerra, mediante la prescrizione di rapporti aperti, giusti e onorevoli fra le nazioni... ecc.
Le aspirazioni della Società delle Nazioni concordavano quindi interamente con l'`idea interiore" dell'esperanto, e il movimento esperantísta si sentì, per così dire, più vicino ai centri di potere internazionali. Gli esperantísti presero a interessarsi alle relazioni esterne, impegnandosi a dimostrare l'utilità pratica della lingua alla Società delle Nazioni, che manifestò il proprio interesse giungendo a pubblicare un rapporto sull'esperanto, senza tuttavia concedergli mai un pieno appoggio ufficiale. L'unico sostegno concreto fu una racco-mandazione della Società delle Nazioni agli Stati membri perché con-siderassero l'esperanto una lingua accettabile per i telegrammi.
Con la fondazione delle Nazioni Unite ci si avvicinò maggior-mente all'accettazione internazionale dei valori in nome dei quali viene promosso l'esperanto. Gli scopi delle Nazioni Unite, espressi nella sua carta, comprendono il mantenimento della pace e della sicu-rezza internazionali, lo sviluppo di relazioni amichevoli fra le na-
zioni, il rispetto per l'uguaglianza dei diritti e l'autodeterminazione
dei popoli, la promozione dei diritti dell'uomo, e altri fini analoghi.
Gli scopi ufficiali dell'UNESCO sono ancora più vicini all'ideologia
generale del movimento esperantista. Come dice la sua carta, l'UNE-
SCO si propone di
contribuire alla pace e alla sicurezza delle nazioni, attraverso l'educazione, la scienza e la cultura, al fine di sviluppare il rispetto universale per la giustizia, per il domi-nio della legge, per i diritti umani e per le libertà fondamentali che sono procla-mati per i popoli di tutto il mondo, senza distinzioni di razza, sesso, lingua, reli-gione, dalla Carta delle Nazioni Unite.
Questa affinità di scopi non è sfuggita al movimento esperan-tista, che ha costantemente esercitato pressioni sugli organismi delle Nazioni Unite affinché ne appoggiassero la lingua. Un risultato è stato, nel 1954, l'accettazione da parte dell'UNESCO dell'Associazione universale esperantista come un organismo con potere consultivo.
L'attuale costituzione (14 )dell'Associazione universale esperantista riafferma lo stretto appoggio fornito all'UNESCO. I fini dell'Asso-ciazione sono chiaramente formulati:
a) Diffondere l'uso della lingua internazionale esperanto.
b) Facilitare relazioni spirituali e materiali di ogni genere fra gli uomini senza differenze di nazionalità, razza, religione, politica, lingua.
Il principale mezzo per raggiungere questi fini, secondo la co-stituzione, consiste nel
Creare fra i membri un forte senso di solidarietà e sviluppare fra di essi la comprensione e il rispetto per gli altri popoli.
L'articolo 4 della costituzione (neutralità) afferma che
L'AUE è neutrale per quanto riguarda nazionalità, razza, religione, politica e problemi sociali,
con il corollario però che
L'AUE dichiara che il rispetto dei diritti umani è una condizione essenziale per la sua attività. Il suo programma è ispirato ai fini idealistici del movimento esperan-tista. Essa collabora simpateticamente con tutti i movimenti che aspirano, su una base non politica, a realizzare idee in tutto o in parte coincidenti con i fini del-l'Associazione.
Promuovere la solidarietà fra i membri è uno degli scopi pro-clamati dei Congressi universali.
La posizione dell'AUE di fronte alle Nazioni Unite è per certi rispetti differente da quella adottata nei confronti della Società delle Nazioni. Il movimento esperantista si è spinto avanti nell'appoggiare le Nazioni Unite più di quanto non abbia fatto con la Società delle Nazioni. Pur occupandosene, l'AUE non si è limitata a preoc-cuparsi delle difficoltà linguistiche incontrate dalle Nazioni Unite e dalle sue organizzazioni specializzate, ma si è spinta sino a invi-tare gli esperantisti a celebrare la Giornata dei Diritti dell'uomo e la Giornata delle Nazioni Unite. Il principio che viene ora messo particolarmente in evidenza è " l'opposizione alle discriminazioni lin-guistiche ". Gli esperantisti sostengono che la prassi vigente negli organismi delle Nazioni Unite di usare lingue ufficiali nei dibattiti è contraria alla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, che si oppone a ogni descriminazione linguistica; questa prassi infatti è discrimi-nante a favore di coloro che possono parlare la loro lingua materna. Oggi il movimento esperantista punta le sue speranze di successo so. prattutto sugli organismi delle Nazioni Unite, dal momento che vi è stata una proliferazione di lingue ufficiali proprio in tali organismi. 1S Gli esperantisti sperano che le Nazioni Unite, per risolvere il problema della proliferazione delle lingue ufficiali senza accrescere il lavoro am-ministrativo, finiranno per rivolgersi all'esperanto.
Questo atteggiamento consistente nel giustificare il cambiamento normativo proposto - la sostituzione dell'esperanto alle lingue na-zionali "ufficiali" - in termini di più ampi valori relativi ad una società internazionale - l'internazionalismo e i diritti umani - è assai differente dall'orientamento valoristico iniziale, in cui questi valori erano il fine del movimento esperantista stesso. L'ufficializza-zione dell'esperanto sarebbe un cambiamento normativo inteso ad agevolare organismi di cooperazione internazionale che esistono al di fuori del movimento. All'inizio del ventesimo secolo, viceversa, una palingenesi dei valori si sarebbe verificata col dilagare del mo-vimento nel mondo: donde lo spirito missionario di gran parte della propaganda esperantista durante questo periodo. Attualmente il mo-vimento esperantista internazionale agisce in maniera diversa, usando la tattica di un gruppo di pressione di tipo promozionale. Con la costituzione di organismi governativi per la cooperazione interna-zionale, il movimento esperantista si è adattato al più ampio com-plesso societario internazionale.
Conflitti tra leader e seguaci
Questa concezione del movimento come gruppo di pressione è molto più diffusa fra i leader internazionali del movimento esperan-tista, che fra i militanti di base. Al congresso universale esperantista di Helsinki del 1969, il presidente faceva notare che " la AUE è come un esercito in cui combattono solo i generali ". Questo è vero per quanto riguarda la tattica da gruppo di pressione. La massa dei membri del movimento esperantista resta tuttora più interessata ai primitivi aspetti utopistici e alle relazioni sociali comunitarie del movimento. Vi sono altri simboli di coesione nella comunità linguistica esperantista oltre alla lingua. L'esperanto ha la sua bandiera e il suo "inno internazionale", chiamato, significativamente, "Speran-za". Per la maggioranza dei membri la perpetuazione dell'esistenza del movimento è di interesse molto maggiore che non il riconosci-mento ufficiale dell'esperanto. L'augurio "che il movimento prospe-
ri" è molto più comune dell'augurio che i suoi scopi siano raggiunti. Gli atteggiamenti dei leader possono spesso dedursi dai docu-menti, quelli dei seguaci possono scoprirsi soltanto mediante ricerche empiriche. Un'informazione di questo tipo si è potuta ottenere, limi-tatamente alla Gran Bretagna, attraverso la mia ricerca di osservatore partecipante nel movimento e un questionario distribuito a un cam-pione casuale. Per quanto riguarda la composizione professionale del movimento, le occupazioni più diffuse sono quelle degli insegnanti (professionisti marginali) (19%) e degli impiegati (dirigenti margi-nali) (15%). Pochi degli insegnanti appartenenti al movimento sono laureati. L'esperanto offre un'alternativa a chi, aspirando a uno status più elevato del suo, non trova sbocco a questa aspirazione nel con-testo sociale. Una reputazione internazionale è relativamente più facile da acquisire nei circoli esperantisti: la si può ottenere a forza di un grande attivismo nel movimento. Così la componente espressi-va, le relazioni sociali del movimento, vengono ad assumere un signi-ficato molto più grande. Ciò è accentuato dalla esplicita neutralità del movimento. Il movimento esperantista, essendo un movimento sociale minoritario, è di per sé suscettibile di attrarre coloro che sono attratti dai movimenti minoritari in generale, e in esso troviamo così-una certa tendenza ad abbracciare orientamenti devianti. Per quanto la composizione del movimento sia essenzialmente di appartenenti al ceto medio, troviamo una percentuale relativamente bassa di simpatizzanti per il partito conservatore (23%); mentre relativamente elevata è quella dei vegetariani (9%). È significativo che alla doman-da su quale sia secondo loro l'aspetto più importante dell'esperanto - l'ideale di fratellanza mondiale e di pace attraverso una lingua universale o i vantaggi pratici - si abbia dai vegetariani e dai simpa-tizzanti laburisti la minor probabilità di una risposta favorevole ai vantaggi pratici. (16)
In Gran Bretagna si presuppone che gli appartenenti al ceto medio non votino per il partito laburista, (17) e si dà per scontata una generale propensione a mangiare la carne. I membri del movimento esperantista, costituzionalmente impegnato alla neutralità, non fanno propri questi presupposti nella stessa misura della società in generale. Di conseguenza i devianti tendono a sentire in modo particolare le relazioni sociali del movimento e la interpretazione valoristica dei suoi fini (che è di per sé più favorevole ai rapporti comunitari). Essi convertono, è vero, gli altri al movimento, ma lo fanno affinché anche questi possano partecipare alla sottocultura.
L'entusiasmo che taluni membri di base dimostrano nell'attrar-re nuovi aderenti, è stato spesso fonte di imbarazzo per i dirigenti che preferiscono l'orientamento normativo. Nel 1956 fu convocata a Frostavallen, in Svezia, una riunione di rappresentanti di sezioni di informazione di vari organismi esperantisti. Questa riunione servì fra l'altro a compilare un elenco dei principali errori commessi nel-l'opera di promozione dell'esperanto. (18) Secondo i "principi di Frosta-vallen", come vengono chiamati, l'errore più grave consiste nel fare qualunque cosa che dia del movimento esperantista un'immagine set-taria: ad esempio l'uso eccessivo di stelle e di bandiere, cantare can-zoni esperantiste e l'"`inno internazionale" in luoghi non adatti, e la ostentazione di abiti eccentrici ai congressi esperantisti e ad altre pubbliche riunioni. L'importanza data a questo principio fa pensare che vi siano conflitti fra la tattica da gruppo di pressione adottata dai dirigenti e la tattica di alcuni dei militanti più entusiasti.
Dal punto di vista sociologico il modo migliore per compren-dere la comunità linguistica esperantista è di considerarla come un movimento sociale. Essa mostra molti dei tipici schemi di sviluppo di un movimento sociale: sviluppo di una burocrazia, chiarificazione ideologica, adattamento al contesto sociale. Nel contempo, l'interpretazione degli obbiettivi nei dirigenti si è modificata molto più rapi-damente che non nei militanti. I dirigenti si sono convertiti alla tattica da gruppo di pressione a seguito della formazione di orga-nizzazioni intergovernative internazionali; i militanti sono invece molto meno interessati all'ufficializzazione dell'esperanto; per essi è molto più importante la soddisfazione derivante dalla pratica della lingua e -galla partecipazione alle attività del movimento. I rapporti sociali comunitari del movimento, che, come pure il carattere internazionale del movimento, non sono sostanzialmente mutati da quan-do i primi membri cominciarono a riunirsi, rafforzano l'interpreta-
zione di tipo "espressivo" dei membri di base.
Peter G. Forster
* Relazione presentata alla sessione "Ricerche macro-sociolinguistiche" del Comi-tato di ricerca di Sociolinguistica, Associazione Internazionale di Sociologia, al 7° Congresso mondiale di Sociologia, Varna, Bulgaria. 1970.
(1) E. Sopir, Language, in Selected writings of Edward Sapir, a cura di D. G. Man-
delbaum, University of California Press, 1949, p. 10. (2) I bid., p. 15.
(3) N. J. Smelser, Theory o/ Collettive Bebavior, Routledge & Kegan Paul, London 1962, p. 24.
(4) Ibid., p. 270, p. 313.
(5) Il materiale sulla storia del movimento esperantista è stato tratto principalmente dalle seguenti fonti: M. Boulton, Zamenhof, Creator of Esperanto, Routledge & Kegan Paul, London 1960; L. Couturat e L. Léau, Histoire de la Langue Universelle, L. Couturat, Paris 1903; L. Couturat e L. Lèau, Les Nouvelles Langues Inte-natio-nales, L. Couturat, Paris 1907; "Kongresinto", Boulogne 1905, Testo kaj Triumfo, Editions Francaises
d'Esperanto, Agen 1965; E. Privat, Vivo de Zamenhof, Esperan-to Publishing Co., Rickmansworth 1937; E. Privat, Historio de la Lingvo Esperanto, Ferdinand Hirt & Sohn, Leipzig 1923 (vol. I), 1927 (vol. II); L. L. Zamenhof, Ori-ginala Verkaro, Ferdinand Hirt & Sohn, Leipzig 1929.
(6) Zamenhof, op. cit., pp. 360-365
(7) Ibid., p. 371.
(8) Smelser, op. Cit., cap. V, passim.
(9) L. Couturat e L. Léau, op. cit.
(10) L. Couturat e L. Léau, Conclusione du Rapport sur l'état présent de la question de la langue internationale, Paul Brodard, Cuulommiers 1910.
(11) Privat, Historio de la Lingvo Esperanto, vol. II, p. 61.
(12) Cfr., per esempio, L. H. Dyer, The Problem of an International Auxiliary Lan-guage and its solution in Ido, Sír I. Pitman & Sons, London 1923. (13) Statuto kaj Regularoj de la Universala Esperanto-Asocio, Rotterdam 1968, p. 60.
(14) Ibid., pp. 3-4, 10
(15) Cfr. I. Lapenna, "La situation juridique des langues sous le regime des Nations Unies", La Monda Lingvo-Prohlemn, vol. I, n. 2, pp. 87-106.
(16) Il 43% dei membri della British Esperanto Association insiste soprattutto sui vantaggi pratici dell'esperanto: questo è vero del 31% soltanto dei laburisti e del 9% dei vegetariani.
(17) Per una trattazione del radicalismo medioborghese cfr. F. Parkin, Middle Class Radicalism, Manchester University Press, 1968.
(18) Statuto kaj Regularoj, p. 60.